La Nuova Sardegna

Il paese sconvolto sceglie di chiudersi ancora nel silenzio

di Paolo Merlini
Il paese sconvolto sceglie di chiudersi ancora nel silenzio

Non parlano neanche il sindaco e il parroco del paese Angelo Maria venne freddato il giorno del suo compleanno

03 novembre 2015
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INVIATO A LULA. «Ho saputo della notizia poche ore fa, mi dispiace, non ho nulla da commentare», dice don Salvatore Goddi al cronista che lo attende all’ingresso del cimitero, dove il parroco sta per celebrare la messa del Giorno dei morti. Poi si infila nella chiesetta nella quale lo attendono numerose fedeli (sono presenti solo donne) che il piccolo edificio non riesce neppure a contenere.

Don Goddi è tra gli organizzatori della fiaccolata che si è svolta a Lula il 30 gennaio scorso, pochi giorni dopo l’omicidio di Angelo Maria Piras. Una marcia silenziosa, partita a tarda sera dalla chiesa della Madonna assunta, che aveva attraversato le vie centrali del paese. Un lungo corteo composto da lulesi di tutte le età, alla testa del quale, accanto al sacerdote e al sindaco Mario Calia, c’erano la figlia sedicenne della vittima e sua nonna materna. Mancava il fratello minore dell’ucciso, Nico Piras, che da ieri si trova in carcere insieme con la moglie Alice Flore accusato di omicidio. La sua assenza era stata notata dai compaesani, ma l’astio tra i due fratelli era risaputo, così da far ritenere che neppure la morte avesse portato Nico Piras a mettere da parte il rancore verso Angelo Maria.

Oggi gli organizzatori della marcia, alla quale avevano aderito le associazioni di volontariato che a Lula sono numerose, preferiscono non commentare. Fermo restando una colpevolezza al momento solo presunta, non parla il parroco, che al fatto non farà alcun riferimento, neppure velato o metaforico, nel corso della sua omelia; così anche il sindaco, che non accoglie l’invito dei giornalisti a commentare la svolta nelle indagini.

Quel giorno di gennaio la gente di Lula si era stretta attorno alla famiglia Piras, guardandosi in faccia con la paura che una piccola comunità ha nello scoprire al suo interno un assassino (Lula ha poco più di 1400 abitanti). Ora scopre che l’orrore è tutto interno a una famiglia, se le accuse dei carabinieri e della magistratura si riveleranno fondate. Ed è un orrore che lascia sgomenti: un uomo che uccide il proprio fratello, come nel primo omicidio della storia dell’umanità. E lo fa con l’odio che si riserva al peggior nemico: spara prima alle gambe, lasciandolo in vita ma negandogli ogni possibilità di fuga, poi a un braccio, e infine gli esplode in volto la fucilata mortale. Forse guardandolo negli occhi e rovesciandogli addosso parole d’odio, come parrebbe dalla ricostruzione della dinamica del delitto. Un omicidio con queste modalità è raccapricciante di per sé, il fatto che accada fra fratelli lo rende ancora più mostruoso.

Angelo Maria Piras era stato ucciso il giorno del suo quarantesimo compleanno, il 25 gennaio scorso. La tragica fine di quest’uomo, sposato e padre di due figli, aveva portato la gente di Lula a reagire, unita dal timore che una nuova stagione di violenza potesse abbattersi su un paese che aveva faticato a liberarsi da più di una spirale di odio e di vendetta. «Ci è parso che convocare una riunione straordinaria del consiglio comunale sul tema della violenza, come avvenuto in precedenza, non avrebbe portato da nessuna parte», aveva detto il sindaco Mario Calia. «Abbiamo ritenuto invece che una fiaccolata silenziosa, che portasse la gente a riflettere, fosse il modo migliore per coinvolgere la comunità. Ci piacerebbe dire che il paese ha voltato pagina, ma episodi come questo cancellano in un attimo ogni ottimismo».

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