La Nuova Sardegna

«Città metropolitane, due sono troppe ma ci sarà equilibrio»

di Giovanni Bua
«Città metropolitane, due sono troppe ma ci sarà equilibrio»

Roberto Deriu (Pd), relatore di maggioranza del ddl Erriu: «Moltiplicare gli enti li indebolisce e li fa spazzare via»

21 novembre 2015
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SASSARI. Consigliere regionale nuorese, ex presidente della provincia barbaricina e dell’Unione delle province sarde, alla cui guida ha portato avanti una fiera battaglia contro il referendum che ha abolito gli enti intermedi. E soprattutto relatore di maggioranza del disegno di legge di riordino degli enti locali, che sta infiammando il dibattito nell’isola. Si tratta di Roberto Deriu, che con passione spiega il ddl Erriu, rivendicando la sua storia «al di sopra di ogni sospetto».

Ma lei non voleva tenere in piedi le Province?

«Certo. E sono convinto che il referendum per abolirle sia stato uno dei tanti inganni fatti ai danni della gente».

Inganni?

«Hanno convinto tutti che le spese fuori controllo fossero colpa della classe politica locale, dei dipendenti degli enti locali pelandroni, delle società di sottogoverno ladre».

E invece?

«Abbiamo segato il ramo su cui eravamo seduti. E scoperto che lo Stato, da oltre un decennio, fa cassa tagliando in maniera selvaggia sugli enti locali. E non toccando le spese centrali. Ci hanno tolto rappresentatività democratica, funzionamento della macchina amministrativa e servizi al cittadino. E noi, abolendo le Province, invece che bloccarli li abbiamo agevolati».

Sembra una storia che si ripete. Potevamo avere due città metropolitane e ci accontentiamo di una?

«Il Governo non ci ha mai chiesto di fare poche o tante città metropolitane. Ci ha chiesto di creare una articolazione degli enti locali che permetta alla Sardegna di partecipare alla distribuzione dei fondi destinati alle città metropoliane. Stiamo provando a farlo».

Facendo partecipare solo Cagliari?

«Fare due città metropolitane in una regione di 1 milione e mezzo di abitanti sarebbe stato impresentabile a livello nazionale ed europeo. In Sardegna non ci sono due città metropolitane, come non c’erano otto province. Moltiplicare gli enti li indebolisce e li rende più facili da spazzare via. E non è storcendo fino al ridicolo il concetto di metropoli che le cose si aggiustano».

Come si garantisce l’equilibrio del sistema, che spesso è assolutamente mancato?

«Bisogna creare dei correttivi interni. Quello trovato da Salvatore Demontis nel suo emendamento è intelligente: le aree di Sassari e Olbia diventano Unioni metropolitane».

Istituto non previsto dalla legge nazionale, e quindi assolutamente non garantito.

«Istituto che risponde alle esigenze della specialità della Sardegna. Ci accusano, a ragione, di essere timidi nell’esercitarla. Questa volta siamo stati coraggiosi».

A Roma sono d’accordo?

«Esiste la commissione paritetica, organo istituito per creare una via preferenziale di rapporto tra il Governo e la Regione. Quello è il luogo della discussione. E lì verrà predisposto il decreto che darà valore di legge a questo schema».

Parliamo di soldi. A Cagliari sono arrivati 40 milioni. Con questa legge sarebbero arrivati anche a Sassari e Olbia?

«Questione mal posta. Questa non è una legge di spesa. Definisce delle macchine pubbliche. Noi abbiamo trovato il modo di avere i soldi quando servono. Se ci sarà un bando per infrastrutturare le aree metropolitane l’Unione metropolitana di Sassari potrà fare un progetto per rinforzare le ferrovie tra Sassari e Porto Torres e partecipare. Allo stesso modo di Cagliari, Olbia e di tutte le altre città metropolitane».

Perché allora non chiamarle città metropolitane?

«Semplicemente perché non lo sono. Volendo anche l’idea di Unione metropolitana potrebbe essere vista come un assurdo privilegio di Sassari e Olbia dal resto della Sardegna. Sbagliando, perché la ferrovia tra Sassari e Porto Torres serve a tutti».

Come spiega questa imponente sollevazione popolare nel Nord dell’Isola?

«Veniamo da 5 anni di bugie di Cappellacci. Di colpo ci siamo trovati a dover digerire la necessità di una profonda riforma degli enti locali, già in avanzato stato di deterioramento. Come mettere di colpo gli occhiali a uno a cui mancano 8 decimi. Ci sono venute le vertigini. E ci siamo arroccati ognuno nel suo fortino. Erriu in Regione ha portato la conoscenza sugli enti locali, i dati e le esigenze reali. Di quelle per oltre un anno e mezzo abbiamo parlato. I meccanismi scelti sono accurati, le scelte ponderate e volute».

Quindi economisti, politici, costituzionalisti che vi attaccano, sbagliano tutti?

«Avere idee diverse è legittimo. C’è una certa malizia politica da parte di alcuni, una certa approssimazione da parte di altri. Storiche paure e un po’ di disinformazione. Ma in generale il livello di dibattito che si è attivato nel nord è sincero, approfondito e per certi versi esaltante. Si discute al bar di enti locali, mai visto. Questo è un passo avanti nella consapevolezza. E un canale da tenere attivo per quando si parlerà di ciò che davvero conta».

Cosa intende?

«Quando si cambierà la Costituzione e si aboliranno le Province bisognerà ridefinire del tutto gli ambiti strategici. Bisognerà decidere in che scala occuparsi di strade, scuole, protezione civile, acqua, sanità».

Si marcia spediti verso le agenzie uniche, più o meno decentrate, approva?.

«Io le cose uniche le guardo con sospetto. Sarà che ho visto che mostro è diventato Abbanoa. La scommessa è che la Regione decentri se stessa. E quella è la battaglia da combattere».

Come finirà questa Riforma?

«Pigliaru ed Erriu sono molto rispettosi delle prerogative del Consiglio, che farà la legge. La discussione sul testo inizia adesso, che il testo c’è. Bisogna affrontarla con serietà, competenza, e un po’ di fiducia reciproca. Dobbiamo rispondere uniti all’offensiva finanziaria dello Stato, che ci porta via i soldi. E farlo con la migliore formazione in campo possibile».

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