No dei sindaci alla riforma schiaffo del Cal alla giunta
Parere negativo alla legge di riordino delle Province: poco chiare le Unioni Sgambetto anche dalla minoranza, il testo arriverà in aula solo il 9 dicembre
CAGLIARI. Al Consiglio delle autonomie, il Cal, l’assessore agli Enti locali aveva messo fretta: «In 24 ore, dovete esprimere il parere sulla riforma di Comuni e Province». Detto fatto, solo che il parere obbligatorio e non vincolante è stato negativo. Sì, è arrivato un no secco e tagliente al testo licenziato pochi giorni fa dalla commissione Autonomia del Consiglio regionale, è di fatto la terza o quarta bozza del disegno di legge, e ora questa bocciatura (inaspettata?) rischia di pesare come un macigno su una riforma già contestata a muso duro da un bel po’ di Comuni del Nord Sardegna e ora anche del Nuorese.
Salta anche il Consiglio regionale. Come se non bastasse questa cattiva notizia per la maggioranza di centrosinistra, Giunta compresa, un altro schiaffo è arrivato dalla minoranza. Ormai è certo che salterà l’ingresso in aula della legge entro la fine di novembre, come avrebbe voluto il centrosinistra per rispettare l’ultimatum nazionale – peraltro abbastanza blando – sulla scadenza per riordinare le ex Province. Niente da fare: il confronto pubblico – sarà di fuoco, e questo è certo – potrà cominciare non prima del 9 dicembre. Perché, com’era prevedibile quando c’è da mettere in atto la strategia del frenatore, o meglio ancora quella dell’ostruzionismo, l’opposizione utilizzerà tutti i dieci giorni che le sono concessi dal regolamento per preparare e depositare la prevista e obbligatoria controrelazione, mentre quella della maggioranza è pronta da una settimana e rischia d’impolverarsi. I dieci giorni scatteranno da oggi, quando – almeno stando alle previsioni – le commissioni Autonomie e Bilancio del Consiglio regionale dovrebbero votare, stavolta in maniera definitiva, la bozza da consegnare all’Aula. Dunque, calendario alla mano: solo dal 9 dicembre potrà cominciare il dibattito e anche questo è un altro smacco (il secondo dopo quello del Cal) per l’alleanza di centrosisinistra che governa.
Il no del Cal. Tirato per la giacchetta, il Consiglio delle autonomie si è pronunciato nei tempi che gli erano stati pretesi. L’ha fatto per senso del dovere e con questa motivazione puntualizzata, non è certo a caso, nel documento approvato all’unanimità ieri nella riunione di Cagliari. «Ecco il nostro parere – si legge – e ci siamo pronunciati subito per non ostacolare l’iter della legge ed evitare così che proprio al Cal potessero addebitati ritardi e resistenze». Ma come detto il parere è stato negativo (scoppola non da poco per la Giunta) anche se il Cal ha aggiunto per evitare equivoci politici: «Insieme all’Associazione dei Comuni, l’Anci, martedì ci riuniremo ad Abbasanta, per continuare la nostra ancora necessaria e sempre democratica discussione interna e da lì partiranno le proposte su come, secondo noi, potrebbe essere migliorata la legge. Tranquilli, faremo le proposte entro il termini utile per l’approvazione del testo finale da parte del Consiglio regionale».
I perché del no. Ad anticipare quello che ad Abbasanta Cal e Anci proveranno a correggere, è stato il presidente del Consiglio delle autonomie: Giuseppe Casti. Primo punto: «Era meglio il testo proposto un anno fa dall’assessore Erriu rispetto a quello votato dalla commissione del Consiglio regionale e su cui abbiamo espresso il parere». Secondo punto: «Sono da rivedere i poteri assegnati alle Unioni di Comuni e il destino delle Province. Sulle Unioni, chiediamo maggior chiarezza sulle competenze e anche sulla rappresentatività di piccoli e grandi Comuni nei Consigli intercomunali. Sulle ex Province, invece, sono ancora poco chiari i tempi di transizione e poi non abbiamo capito perché ad alcuni commissari l’incarico sarà revocato e ad altri no. Occorre omogeneità, altrimenti sarà il caos». Terzo punto e questa volta è autoreferenziale: «Con la riforma, il Cal sarà svuotato di competenze e non sarà più neanche rappresentato nella conferenza permanente Regione-Enti locali. È evidente: questo non ci potrà mai stare bene».