“Abba S’Abba” di Gavino Murgia Suoni jazz per un canto popolare
CAGLIARI. Gavino Murgia afferma che “Abba S’ Abba”, l’opera multimediale presentata l’altra sera in un teatro Massimo gremito , è da leggersi come un “work in progress”. Fedele in questo, alla sua...
CAGLIARI. Gavino Murgia afferma che “Abba S’ Abba”, l’opera multimediale presentata l’altra sera in un teatro Massimo gremito , è da leggersi come un “work in progress”. Fedele in questo, alla sua anima divisa di ricercatore etnomusicologo e di jazzista. Ed è vero che dalla sua prima stesura il progetto è cresciuto fino a diventare un’opera complessa e matura che meriterebbe di essere conosciuta ben oltre i nostri confini. “Abba S’Abba” intreccia infatti con finezza ricerca etnografica, musica e poesia. Dedicando all’acqua un’ode potente Murgia si è immerso nel flusso di tradizioni dimenticate e magiche (come quella di Benetutti con i bimbi che vanno per le case a riempire le brocche d’acqua per restituirla alla fontana) per dipingere un affresco di viva umanità. E limpida come l’acqua che scorre leggera e cristallina nei ruscon i suoi cento nomi.
“Abba mama, Abba crasta, abba mele, abbardente...” sgrana il rosario con il tempo spezzato di una ritmica rap Gianni Cossu, oratore dalla voce rotonda che cuce i versi e i “contos” scritti amorevolmente da Michele Pio Ledda.
Sugli schermi al centro della scena prendono vita le immagini disegnate in diretta nella lavagna da Licio Esposito. Sono pintadere, fiumi che scorrono e maschere che nello schermo accanto sono reinventati dalla sensibile ed evocativa video arte di Giacomo Verde: un forte richiamo alla contemporaneitàin grado di sollevare la cifra teatrale di questo lavoro che gioca con il profondo di una cultura millenaria.
Ed è al cuore che parla “Abba”, rimuovendo scorie accumulate nel tempo, pulisce una memoria intorpidita fino a mettere a fuoco i contorni di storiedimenticate.
Murgia lascia fluire parole, immagini e canti: Francesca Corrias qui mostra inedite potenzialità vocali, cantando in lingua sarda, così i formidabili Francesco Pintori in un “Passu torrau” e “Antonello Mura nei “gosos”. E naturalmente e soprattutto fluiscono i suoni di una musica liquida eseguita con rigore da Alessandro Garau, batteria, Salvatore Maltana, contrabbasso e Marcello Peghin, chitarre.
Murgia è capace di toccare tutte le corde dell’anima con i suoi fiati, il soprano soprattutto nel quale è diventato uno dei più apprezzati e fini suonatori jazz in Europa, ma anche la sua voce da tenore con il quale manda in estasi l’uditorio. Voce che usa come uno strumento a parte, improvvisando suoni onomatopei e bassi profondi. Uno “scat primigenio” che commuove per la sua misteriosa e ancestrale umanità. Da non perdere il 18 dicembre al festival “Rocce Rosse” (chiesa di S.Anna a Cagliari) la sua personale rilettura da “Officium”. C’è da scommettere che riuscirà ancora a stupire.