La Nuova Sardegna

Crisi nel Pd, Lai liquida Soru: "Vai via, ora spazio ai giovani"

di Umberto Aime
Renato Soru
Renato Soru

Il senatore risponde al segretario e fa mea culpa: «Candidarti è stato un errore». Anche Marrocu contro l’europarlamentare: «Ormai è un elemento che disgrega»

12 marzo 2016
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CAGLIARI. È proprio finita. Il Pd non vuole più Renato Soru segretario regionale del partito, o meglio ancora le due correnti nemiche hanno deciso di liquidarlo seduta stante. A ventiquattr’ore dalla lettera di chi da settimane resiste ma senza contare più su una maggioranza, è arrivata la sentenza. Dai popolari-riformisti, con Silvio Lai, e dal gruppo renziani-ex Diesse, con Siro Marrocu. Gli hanno scritto e fatto sapere: «Caro Renato, fatti da parte». Ci manca «subito», ma è sottinteso.

La lettera. È stato l’ex segretario Lai, predecessore di Soru, a firmare il licenziamento. In tronco e l’ha precedere da questo passaggio: «Renato, è stata un’idea sbagliata candidarti e poi eleggerti segretario nel 2014»,. Firmato i popolari-riformisti, o corrente Cabras-Fadda che dir si voglia.

Fatta questa premessa e soprattutto così aspra, il resto della missiva (pubblicata su Facebook) è un crescendo. «Ricordi – continua Lai – perché ti dicevo già allora che era un errore la tua candidatura? Perché, alla fine del 2014, c'era una generazione che poteva assumersi quell’impegno soprattutto dopo la tua elezione, voluta da tutti noi nel maggio dello stesso anno, al Parlamento di Bruxelles. Servivano risorse nuove, e il Pd, ieri come oggi, ha bisogno di giovani, ma tu insistevi nel volerti candidare».

Subito dopo: «Ti dicevo anche che, con te segretario, c’era il rischio di riportare il partito indietro al 2003, alle divisioni interne, alla rottura che esisteva sin dalla tua candidatura vincente a presidente della Regione che, nonostante la massima lealtà nel tuo periodo di governo da parte di tutti, non ha evitato, con le elezioni anticipate da te volute nel 2009, la sconfitta più dura finora subita dal centrosinistra in Sardegna».

Il diario. Poi ancora un’altra pagina di un album ora riletto ma che ormai è quello di un “ex famiglia”. «Alla fine abbiamo rivinto – scrive Lai – nel febbraio del 2014 e quanto tu volevi candidarti a segretario, ti dicevo che sarebbe servita un capitolo nuovo, non un libro già letto». Allora quale fu la risposta? Secondo Lai questa: «Per convicermi e ci riuscisti, mi rispondesti che avresti unito il Partito e arrivasti a chiedere il sostegno ai quei dirigenti del Pd che oggi dileggi ma noi ti abbiamo sostenuto». Sbagliando, perché «avresti dovuto ascoltarmi quando ti dicevo che la tua elezione a segretario avrebbe portato a un conflitto con la Giunta. E aggiungevo che non avresti resistito alla tentazione dell'ex presidente che bacchetta il suo ex assessore, o critica i singoli assessori come se fossero suoi. Così è successo». Sì, per Lai è stato un errore – di cui fa mea culpa – credere in Soru-segretario: «Oggi possiamo dirlo: non hai unito il Pd nè prima e neanche dopo».

Il messaggio. La rottura è ufficiale: «Quando in una relazione sparisce la fiducia – scrive Lai – i legami si spezzano e si cambia. Mai la colpa è solo da una parte, come tenti di far credere, è di entrambi e bisogna prenderne atto, per non peggiorare la situazione. Ora sei in difficoltà e lo capisco. Ma t’invito a riflettere». Su cosa? «Che non puoi pensare di tenere in ostaggio il Pd. Non puoi fare il segretario dimezzato: hai perso la fiducia della maggioranza e neanche puoi attendere che qualcosa accada. Non puoi nemmeno farlo accusando la correntocrazia, che non vedevi prima e alla quale però hai chiesto di essere candidato. Nè puoi continuare a dire che solo gli elettori possono eleggere il segretario, ma impedendo ora tu di dar loro la parola».

L’epitaffio. La conclusione di Lai è letale: «Sì, dobbiamo ritornare al voto e questo può essere fatto subito se solo tu lo decidessi, senza passare attraverso una penosa agonia. Oppure decidiamo oggi quando fare il congresso. Caro Renato, semmai scegliamo insieme la strada e apriamo il Pd alla generazione che avrebbe dovuto prenderlo già in mano nel 2014».

La dichiarazione. Anche Marrocu (portavoce dei renziani-ex Ds, che nel 2014 non votarono per Soru) non è stato tenero nella risposta all’appello del segretario. «Lui dice di volere il bene del Pd, invece continua a provocare danni. Ormai è un elemento che disgrega e non unisce». Poi l’affondo: «Soru sa bene per statuto che se si dimettesse, e allora sì farebbe il bene del partito, si potrebbe andare a una gestione unitaria anche con un solo passaggio in assemblea. Se invece sarà dimissionato, toccherà al congresso eleggere il nuovo segretario e penso che avverrà proprio questo».

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