La Nuova Sardegna

Ucciso dall’uranio, la Difesa va ko La madre: Mattarella chieda scusa

di Silvia Sanna
Ucciso dall’uranio, la Difesa va ko La madre: Mattarella chieda scusa

Il caporalmaggiore Salvatore Vacca si ammalò in Bosnia: alla famiglia 1,5 milioni di risarcimento La Corte d’appello ha condannato il ministero, colpevole per non avere valutato i rischi

21 maggio 2016
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SASSARI. I compagni gli dicevano che prima o poi sarebbe morto per colpa di tutte quelle armi e munizioni che trasportava ogni giorno sul camion. Loro pensavano a una esplosione, a un incidente sulle strade dissestate della Bosnia. Salvatore Vacca, 23 anni, di Nuxis, caporalmaggiore dell'esercito del 151° reggimento della Brigata Sassari, è morto davvero il 9 settembre del 1999. Ma ucciso da una leucemia linfoblastica acuta, una delle forme più aggressive. Provocata dalla continua esposizione all’uranio impoverito. La corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza emessa in primo grado stabilendo per la famiglia un risarcimento di 1 milione e mezzo di euro. I giudici dicono che il ministero della Difesa è colpevole di omicidio colposo: lo Stato sapeva quali rischi correvano i soldati nel maneggiare le sostanze tossiche e non li proteggeva a sufficienza. Dopo 17 anni Giuseppina Vacca, la madre di Salvatore, ha sentito pronunciare la verità che lei ha sempre saputo. E ora da colui che all’epoca era ministro della Difesa, la donna pretende le scuse: «Voglio che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella chieda perdono a me e alla mia famiglia».

La sentenza. La sentenza parla di «condotta omissiva di natura colposa dell'amministrazione della Difesa», ma anche di «comportamento colposo dell'autorità militare per non avere pianificato e valutato bene gli elementi di rischio». E poi di «compatibilità tra il caso e i riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica» e di «esistenza di collegamento causale tra zona operativa ed insorgenza della malattia». Dalle inchieste nate in seguito ai decessi di soldati impegnati in missioni all’estero, è emersa l’assoluta assenza di protezioni utilizzate dai militari italiani. Che spesso operavano vestiti con magliette o calzoncini corti mentre i militari Usa, che probabilmente erano informati sui gravi pericoli, vestivano tute, maschere e occhiali: neppure un centimetro di pelle era esposto al rischio di contaminazioni.

La vittoria. La famiglia di Salvatore Vacca era assistita dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia che ha già ottenuto altre 46 vittorie, con altrettante condanne del ministero della Difesa. «La sentenza che riguarda il caporalmaggiore Salvatore Vacca – dice Domenico Leggiero, dell'Osservatorio militare– è storica perché dalle motivazioni emergono gravi inadempienze e la certezza assoluta del rapporto diretto di causa effetto tra l'esposizione all'uranio impoverito e le neoplasie che hanno portato alla morte 333 ragazzi ed oltre 3.600 malati». Con questo pronunciamento potrebbe chiudersi definitivamente il caso uranio impoverito, la cosiddetta “Sindrome dei Balcani” che ha seminato morte tra ragazzi fieri di indossare una divisa.

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