La Nuova Sardegna

«Lo hanno ucciso un’altra volta»

«Lo hanno ucciso un’altra volta»

Morte da uranio, i familiari del soldato Vacca contro il ricorso sul risarcimento

24 luglio 2016
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NUXIS. La notizia le è arrivata per vie traverse. Claudia Vacca era convinta che la brutta vicenda che le era costata un fratello fosse terminata con la condanna del ministero della Difesa, colpevole di non aver protetto adeguatamente il caporal maggiore Salvatore Vacca, morto nel 1999 a causa di una leucemia contratta dopo l'esposizione alle munizioni armate con l'uranio impoverito durante la missione italiana in Bosnia.

Poco tempo dopo la sentenza, Claudia è costretta a rivivere tutte la tappe della vicenda dopo la decisione dell'Avvocatura dello Stato di ricorrere in Cassazione dopo la condanna della Corte d'Appello, che aveva confermato la sentenza di primo grado: «È una doccia fredda», ha detto Claudia Vacca, «eravamo soddisfatti ma non è passato nemmeno un mese dalla sentenza e adesso dobbiamo convivere con un'altra brutta notizia». La sorella di Salvatore Vacca ha messo a fuoco anche a fuoco l'ultimo sviluppo di una vicenda che si trascina da 17 anni: «Sono senza parole, è una vergogna. Lo Stato ha ucciso mio fratello un'altra volta».

Sulla questione è intervenuto anche Domenico Leggiero, dell'Osservatorio militare, un'associazione che ha seguito tutti gli sviluppi delle questioni legate all'uranio impoverito: «È un affronto, niente di più. È un affronto alla magistratura, alla politica, ai militari e soprattutto è un affronto a tutti quelli che si sono ammalati mentre servivano lo Stato».

Domenico Leggiero non ha intenzione di trattenere le parole: «La leggo come una vendetta perché si tratta di questo. Avrei capito se l’avvocatura dello stato avesse citato motivazioni di fondo o di sostanza ma in questo caso c’è solo l’idea di vendicare un verdetto sfavorevole».

Anche la questione legata alla creazione di un precedente pericoloso sembra non convincere il portavoce dell’Osservatorio militare: «C’è una bella differenza tra l’indennizzo e il risarcimento. Non si tratta di questo ma una cosa è certa, noi non abbiamo paura e andremo avanti. L’abbiamo fatto per 16 anni e continueremo fino a quando ce ne sarà bisogno».

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