La Nuova Sardegna

Gli angeli arrivati dall’isola per salvare le vite umane

di Pier Luigi Piredda
Gli angeli arrivati dall’isola per salvare le vite umane

Le storie dei vigili del fuoco sardi che scavano tra le macerie di paesi fantasma

27 agosto 2016
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NUORO. «Impressionante. Amatrice non esiste più. Stiamo scavando con le mani con la speranza di trovare ancora qualcuno in vita sotto le macerie ma finora abbiamo estratto soltanto cadaveri. Tanti. Troppi. E le scosse di terremoto continuano. Alcune fortissime. Spaventose». Luca Usai, 50 anni, un vigile del fuoco nuorese che lavora a Roma, è stato il primo degli operatori sardi ad arrivare sui luoghi della tragedia. Le sue parole racchiudono i pensieri di altri vigili del fuoco sardi che da giorni stanno scavando tra le macerie della cittadina laziale: Gavino Fiori, 44 anni, di Sassari, Andrea Cuboni, 49 anni, di Lanusei, Franco Muzzolu, 50 anni, di Sassari e Claudio Riola, 50 anni, di Iglesias. Sono tutti componenti del Nucleo cinofilo Sardegna dei vigili del fuoco. Con loro ci sono Artù, Yuma, Asia e Kinki, i loro cani esperti nella ricerca di persone in condizioni estreme. Ma finora hanno trovato soltanto cadaveri.

«Ieri pomeriggio per un attimo abbiamo sperato in un miracolo – ha raccontato Luca Usai, caposquadra dei vigili aggregato al Comando generale di Roma da qualche tempo e in procinto di rientrare a Nuoro, esperto e stimato dai colleghi, molto conosciuto in città –. Stavamo camminando lentamente lungo le stradine distrutte di Amatrice quando abbiamo sentito un rumore. Abbiamo fatto spegnere immediatamente il motore delle ruspe e ci siamo inoltrati tra i ruderi. C’era uno spiraglio e più volte abbiamo chiesto a gran voce se dentro c’era qualcuno. Silenzio. Accompagnato dall’odore acre della morte. Per un po’ abbiamo scavato con le mani e poi è intervenuta la ruspa. Altri morti. Altri tre. Ho perso il conto di quante vittime abbiamo estratto dalle macerie – ha continuato Luca Usai, indugiando un attimo e lasciando intuire quanto sia forte il coinvolgimento emotivo nella tragedia –. Il primo intervento è stato nel convento all’ingresso di Amatrice. L’unica suora scampata aveva detto che all’interno c’erano altre quattro suore e tre ospiti e sette cadaveri abbiano estratto. È un’esperienza terribile – ha sottolineato il vigile del fuoco nuorese – . Come terribile è il terremoto. Per due volte siamo stati costretti a fermarci per le scosse fortissime. Non sapevo che cosa fosse un terremoto, provarlo è davvero spaventoso: un boato sordo, fortissimo e la terra che si muove sotto i tuoi piedi senza che tu possa fare niente».

Il lavoro di Luca Usai e della sua squadra sta andando avanti da giorni con piccole pause durante la giornata e la sosta notturna di poche ore. A turno, perché qualcuno deve restare sempre a presidiare l’area sotto controllo. I vigili del fuoco avanzano tra le macerie insieme ai cinofili con i cani e quando è stato accertato che non ci sono segni di vita arrivano le ruspe che spostano i detriti più pesanti. «Poi noi entriamo nelle case e recuperiamo le vittime – ha continuato il caposquadra –. Abbiamo ancora molte zone da perlustrare, è una corsa contro il tempo, ma le condizioni sono difficili. Nel centro di Amatrice non è rimasto in piedi niente. Non credo che possa essere ricostruito nulla su queste macerie – ha concluso amaramente Luca Usai, che nel fine settimana riceverà il cambio dai colleghi e tornerà a Roma –. Per ora il lavoro da fare è tanto e i morti da estrarre da sotto le macerie sono ancora molti, troppi».

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