La Nuova Sardegna

Il Pds: «Addio Italia la Costituzione è pronta»

Il Pds: «Addio Italia la Costituzione è pronta»

Il partito di Maninchedda e Sedda ha illustrato i 53 articoli della “sua” Carta «Non chiamateci più sovranisti: siamo indipendentisti, pacifici ed europeisti»

10 agosto 2017
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CAGLIARI. L’idea è suggestiva e chi l’ha pensata aggiunge: «Ci renderà anche tutti più felici». L’elisir promesso ha un nome importante, Repubblica di Sardegna, e sin dall’inizio, com’è doveroso che sia per qualunque Stato, ha la sua Carta costituzionale. È stata scritta a più mani dal Partito dei sardi, che nel giorno della presentazione ufficiale dei 53 articoli fa subito sapere: «Non chiamateci più sovranisti, perché oggi il sovranismo è sinonimo di chi non vuole l’Europa. Invece noi siamo indipendentisti pacifici ed europeisti. E siamo sempre più convinti che sia possibile staccarsi dall’Italia e lo siamo anche dopo esserci resi conto che questo stesso sentimento è sempre più diffuso fra i sardi». Ma per immaginare il futuro bisogna prima di tutto dare uno scossone al presente, con una Carta – la prima nella storia dopo quella dei giudicati d’Arborea – in cui «disegnata la meta, proponiamo un percorso». Descritto nel dettaglio da Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda, presidente e segretario del Pds, in una cornice festosa, con familiari al seguito, capace di mettere allegria nei corridoi spesso cupi del Consiglio regionale. Il 24 giugno il testo è stato approvato dall’assemblea nazionale del partito, da oggi è pubblicato sul sito www.sacartaprosarepubblica.eu dove chi vorrà potrà intervenire fino a dicembre con commenti, correzioni ed emendamenti. Poi, all’inizio dell’anno prossimo, quella che sarà diventata la Carta costituzionale definitiva dovrà essere approvata in un’occasione solenne. Ovviamente anche questa aperta, a tutti i sardi che «sappiano tenere a freno superbia, prepotenza, corruzione ed egoismo, ed esaltare invece bontà, pace, onestà e cooperazione», è scritto nel prologo.

Il testo. Comunque la si pensi, i 53 articoli meritano di essere letti. Dentro c’è tutto quello che «fa sentire e diventare un popolo Nazione». Dai principi generali, «la Repubblica ha come scopo supremo migliorare le condizioni culturali e materiali dei suoi cittadini, che hanno diritto di essere trattati senza arbitrio e secondo il principio della buona fede». Per poi elencare l’elezione del presidente, di un primo ministro che forma il governo e del Parlamento, composto da 80 seggi in cui «gli eletti non avranno l’obbligo di abbandonare mestieri e professioni, ma dovranno optare fra una retribuzione o l’altra» Subito dopo la Carta entra nel merito della proprietà privata, della libertà d’iniziativa economica, delle unioni civili, del dovere di pagare le tasse, della composizione e del potere della magistratura, perché – è stato detto – «abbiamo pensato uno Stato che sia strumento dei cittadini e non come accade ora, con l’Italia, in cui siamo noi a essere lo strumento dello Stato». Nel saltare da un articolo all’altro le curiosità sono molte: non è ammessa la condanna all’ergastolo, o è «vietata qualsiasi confessione religiosa che preveda attività contrarie ai diritti fondamentali della persona». O ancora «la Repubblica non può aggredire militarmente altri popoli», e «aderisce alle alleanze utili alla costruzione della pace». Poco dopo, «è una funzione dello Stato battere moneta». Un’altra è la giustizia, e «a priori saranno stabilite durata massima dell’inchiesta e del processo».E infine altri passaggi istituzionali: «i sardi decideranno, con più referendum, bandiera, inno e lingue ufficiali».

L’annuncio. «Oggi proponiamo una grande idea per riprendere a credere in un futuro migliore», ha detto Maninchedda. Con quale traguardo? Di sicuro l’indipendentismo seppure non si sa ancora in quali forme. Sarà necessario un referendum? È possibile. Dovrà esserci un periodo transitorio affidato a un’Assemblea costituente? È possibile anche questo. Con poi un passaggio ancora più politico sempre del presidente: «La Carta è presentata dallo stesso partito che in questi anni ha condiviso responsabilità di governo, confermando di essere competente, aspetto che oggi ci libera dall'obbligo di dimostrare che non siamo utopisti». Per Sedda, «la Carta è un'occasione storica di mobilitazione dove tutti siamo chiamati a dare un contributo per fondare la nostra Repubblica di Sardegna». (ua)

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