l’intervista a una mamma no vax
«Sbagliato imporre l’obbligo mio figlio resterà a casa con me»
di Silvia Sanna
SASSARI. Ha scelto di tenere a casa il suo bambino di 5 anni, l’unico dei tre figli a non essere mai stato vaccinato. Quest’anno non frequenterà la scuola materna perché sua madre non ha intenzione...
26 settembre 2017
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SASSARI. Ha scelto di tenere a casa il suo bambino di 5 anni, l’unico dei tre figli a non essere mai stato vaccinato. Quest’anno non frequenterà la scuola materna perché sua madre non ha intenzione di sottostare all’obbligo stabilito dalla legge 119. Chiara Cattò, 47 anni, milanese residente a Valledoria, madre e nonna, dice che la scelta sulle vaccinazioni dovrebbe spettare ai genitori con il supporto prezioso del pediatra. «Insieme – dice – dovrebbero valutare caso e caso e stabilire se procedere alla vaccinazione oppure no. Con gli obblighi – aggiunge – non si ottiene il risultato sperato. Al contrario, si generano dubbi e resistenze. I genitori dovrebbero essere convinti e rassicurati in altro modo, non con le imposizioni».
Perché ha deciso di non vaccinare il suo bambino?
«Ho maturato la decisione dopo avere riscontrato problemi negli altri due figli, che ora sono adulti»
Erano stati vaccinati?
«Si, entrambi. Appartengo a una famiglia di medici e della medicina mi sono sempre fidata. Ma quando si sono presentati i problemi ho iniziato a farmi domande. Non ho avuto risposte ma riscontrato un nesso temporale con il periodo di somministrazione dei vaccini. Ho iniziato a informarmi, sono venuta a conoscenza di casi simili al mio».
Poi è arrivato il terzo figlio.
«Con lui l’approccio è stato differente. Ho fatto ricerche, sentito diversi medici, messo sulla bilancia rischi e benefici della vaccinazione. E ho deciso di non vaccinarlo».
Il suo bambino non ha ricevuto neanche i primi vaccini, quelli fortemente raccomandati già prima della legge?
«No, nessuno. Stavo valutando la possibilità con il pediatra, ma poi ho deciso di non farli per non essere obbligata a integrare anche con gli altri vaccini».
La sua scelta implica che suo figlio non possa frequentare la scuola materna.
«Il suo percorso alla scuola dell’infanzia è finito a giugno. Quando è stata approvata la legge ho deciso che quest’anno non l’avrei iscritto. Resterà a casa con me».
Lui come ha reagito?
«È tranquillo, gli ho spiegato la situazione e ha capito. Per due anni ha frequentato un’ottima scuola nella quale il fatto che non fosse vaccinato non ha mai creato problemi. Volevo evitare stratagemmi di alcun genere per non creare imbarazzi soprattutto a lui».
Quali stratagemmi?
«Per esempio prenotare i vaccini presso le Assl e ottenere così l’ammissione a scuola. Per poi rinviare gli appuntamenti. Ma ho anche scelto – per ragioni familiari legate a un prossimo trasferimento – di non fargli frequentare le strutture di tipo associativo che sono nate in seguito all’approvazione della legge, nelle quali sono ammessi tutti i bambini»
In Sardegna ci sono scuole dell’infanzia aperte anche ai bimbi non vaccinati?
«Non si tratta di scuole, ma di associazioni, di tipo culturale e sportivo. Si chiamano “Scuole nel bosco” sul modello di quelle aperte nel Nord Italia».
Dove si trovano?
«Ce ne sono diverse, in tutte le province»
Come funzionano?
«Si ispirano alla didattica montessoriana, a tenere le lezioni sono insegnanti o educatori preparati che non condividono l’imposizione dei vaccini per legge. Accolgono tutti i bambini. Non solo scuole riconosciute ma hanno la stessa funzione educativa».
Perché ha deciso di non vaccinare il suo bambino?
«Ho maturato la decisione dopo avere riscontrato problemi negli altri due figli, che ora sono adulti»
Erano stati vaccinati?
«Si, entrambi. Appartengo a una famiglia di medici e della medicina mi sono sempre fidata. Ma quando si sono presentati i problemi ho iniziato a farmi domande. Non ho avuto risposte ma riscontrato un nesso temporale con il periodo di somministrazione dei vaccini. Ho iniziato a informarmi, sono venuta a conoscenza di casi simili al mio».
Poi è arrivato il terzo figlio.
«Con lui l’approccio è stato differente. Ho fatto ricerche, sentito diversi medici, messo sulla bilancia rischi e benefici della vaccinazione. E ho deciso di non vaccinarlo».
Il suo bambino non ha ricevuto neanche i primi vaccini, quelli fortemente raccomandati già prima della legge?
«No, nessuno. Stavo valutando la possibilità con il pediatra, ma poi ho deciso di non farli per non essere obbligata a integrare anche con gli altri vaccini».
La sua scelta implica che suo figlio non possa frequentare la scuola materna.
«Il suo percorso alla scuola dell’infanzia è finito a giugno. Quando è stata approvata la legge ho deciso che quest’anno non l’avrei iscritto. Resterà a casa con me».
Lui come ha reagito?
«È tranquillo, gli ho spiegato la situazione e ha capito. Per due anni ha frequentato un’ottima scuola nella quale il fatto che non fosse vaccinato non ha mai creato problemi. Volevo evitare stratagemmi di alcun genere per non creare imbarazzi soprattutto a lui».
Quali stratagemmi?
«Per esempio prenotare i vaccini presso le Assl e ottenere così l’ammissione a scuola. Per poi rinviare gli appuntamenti. Ma ho anche scelto – per ragioni familiari legate a un prossimo trasferimento – di non fargli frequentare le strutture di tipo associativo che sono nate in seguito all’approvazione della legge, nelle quali sono ammessi tutti i bambini»
In Sardegna ci sono scuole dell’infanzia aperte anche ai bimbi non vaccinati?
«Non si tratta di scuole, ma di associazioni, di tipo culturale e sportivo. Si chiamano “Scuole nel bosco” sul modello di quelle aperte nel Nord Italia».
Dove si trovano?
«Ce ne sono diverse, in tutte le province»
Come funzionano?
«Si ispirano alla didattica montessoriana, a tenere le lezioni sono insegnanti o educatori preparati che non condividono l’imposizione dei vaccini per legge. Accolgono tutti i bambini. Non solo scuole riconosciute ma hanno la stessa funzione educativa».