La Nuova Sardegna

Sardegna hub energetico possibili altre centrali

di Giuseppe Centore
Sardegna hub energetico possibili altre centrali

La scelta dei depositi costieri apre la strada a un nuovo impianto a Fiumesanto ma l’addio al carbone non sarà a breve: qui il suo uso è ancora strategico 

11 gennaio 2018
3 MINUTI DI LETTURA





ORISTANO. Sono passati poco meno di dieci anni, ma è come se fosse passato un secolo. Dal 2008 il sistema energetico sardo è profondamente cambiato, fondamentalmente per tre aspetti: la chiusura dell’Alcoa (e quando riaprirà i giochi cambieranno nuovamente); la messa in esercizio del Sapei, il cavo che collega l’isola al continente non solo infrastruttura necessaria a mettere in sicurezza la rete sarda ma veicolo per l’esportazione; l’esplosione del fotovoltaico e in misura minore dell’eolico a danno del carbone e dell’olio combustibile, oggi a metà (2223 megawatt) della capacità totale installata.

L’attuale parco produttivo sardo, deve comunque fare i conti con scelte nazionali, che non dipendono dall’isola. È il caso del carbone. Oggi in Italia ci sono in funzione sette centrali alimentate a carbone(Fiumesanto, Portovesme, Civitavecchia, Brindisi, Fusina, Brescia, la più piccola, e Monfalcone). Nell’ottica del progressivo abbandono del carbone l’Italia deve rinunciare ad almeno tre di queste centrali e difficilmente le sarde saranno entrambe nella black-list, anzi gli esperti sono convinti che le due centrali rimarranno in vita e potranno fornire, alla massima potenza non solo gli utenti sardi ma anche, col Sapei, l’intero sistema nazionale.

Ecco perchè la programmazione a medio termine per la Sardegna ancor più che nel passato si incrocia con scelte esterne e forse anche estranee all’isola. Il carbone, si continua a bruciare o si abbandona? E come lo si sostituisce, tenendo presente che qualsiasi ammodernamento radicale delle attuali centrali troverebbe contrari i loro proprietari (Ep ed Enel)? Con l’olio combustibile (ben più caro)? Con il metano? È probabile. Ipotizzare la nascita nel breve-medio periodo di centrali a ciclo combinato (che vanno a metano e gasolio) è difficile se non altro per i costi di esercizio; nel passato chi ha puntato su questa tecnologia, sicura e in parte anche pulita, per gli alti costi ci ha rimesso le penne (vedi il caso di Sorgenia). Ecco così che prende corpo un progetto, nascosto, più che occulto, obliquo più che diretto, che prevede un mix di azioni solo in apparenza scollegate. La centrale (taglia prevista 400 megawatt, collocazione Fiumesanto, con un nave di stoccaggio di gnl permanentemente ormeggiata) si può fare, più avanti quando il metano arriverà via nave. Questa centrali che per rendere deve rimanere in esercizio almeno 8 mesi l’anno, deve diventare anche strategiche, devono cioè sostituire quelle continentali a carbone, e abbassare così la quota fossile inquinante del paese.

Gas, carbone e nuova centrale: nessun progetto esclude l’altro, anzi i tre si supportano. Al fondo l’idea di fare dell’isola una “produttrice” con un saldo sempre più positivo tra energia prodotta e quella consumata e capace di creare un sistema economico-industriale che dalle infrastrutture primarie scenda più a valle e crei piccole nicchie di capaci di creare valore aggiunto. Cinquant’anni fa con la chimica andò male. Adesso si cambia. Le scelte sono recenti, tra la metà del 2016 e la fine dello scorso anno, e superano anche le incertezze della Regione sulla scelta delle tipologia migliore.

Il Patto per lo sviluppo infatti sottoscritto da Regione e governo a luglio 2016 definisce strategico l’obiettivo della metanizzazione prevede risorse pari a 1,5 miliardi; successivamente a novembre 2017 è stata definita dal governo la Strategia Energetica Nazionale dove si fa riferimento ai depositi costieri come alla migliore soluzione per l’isola perchè «è di elevata flessibilità (data la modularità dei depositi adattabile alla crescita dei consumi) permette il graduale sviluppo delle reti e tempi rapidi di realizzazione. Essa inoltre permette l’utilizzo del Gnl anche come combustibile dei mezzi portuali, per i trasporti navali e stradali e per il soddisfacimento dei fabbisogni industriali, nonchè l’attivazione direttamente da parte dei privati degli investimenti necessari per la loro realizzazione». Ma non basta la scelta dei depositi costieri è inoltre «compatibile con la possibilità di phase out del carbone nella generazione elettrica dell’isola che comporterebbe la realizzazione di centrali a gas per 400 megawatt».

Così tutto si tiene: depositi costieri, economie di scala sui trasporti, possibilità, per ora, di nuove centrali a gas in sostituzione di quelle continentali da rottamare. Ma non c’è solo questo aspetto.

@gcentore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Il nuovo decreto

«La mannaia sul Superbonus devasterà tantissime vite»

di Luigi Soriga
Le nostre iniziative