La Nuova Sardegna

L’olio sardo non ha segreti grazie al Cnr di Sassari

di Antonello Palmas
L’olio sardo non ha segreti grazie al Cnr di Sassari

Gli studiosi creano la carta d’identità delle varietà con la risonanza magnetica. I ricercatori sono in grado di accertare la provenienza esatta di campioni di extravergine anche in aree vicine

15 gennaio 2018
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SASSARI. Utilizzano tecniche da investigatori alla Csi, ma qui non ci sono delitti su cui fare luce. Al massimo tentativi di far passare come garantiti come sardi prodotti che invece non lo sono, come l’olio extravergine d’oliva.

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Ma i ricercatori del Cnr di Sassari hanno messo a punto un sistema basato sulla risonanza magnetica che rende la vita difficile a chi non fa le cose per bene ma soprattutto può fornire una certificazione a prova di bomba a chi invece produce olio di gran qualità: sono ormai in grado di creare una carta d’identità digitale di qualsiasi campione. Non solo: sono in grado di dire se quel campione proviene dall’isola, addirittura distinguere se è di un oliveto dei dintorni di Sassari o di Ittiri. La squadra. Il gruppo che sta conducendo lo studio è composto da Nicola Culeddu e Matilde Chessa (dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Sassari); Giovanni Bandino, Piergiorgio Sedda e Roberto Zurru (dell’agenzia regionale Agris, dipartimento di ricerca nell’arboricoltura); Roberto Anedda (Porto Conte ricerche); Andrea Motroni (Arpas, dipartimento di meteoclimatologia); Maria Giovanna Molinu (Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Cnr), Sandro Dettori e Mario Santona (Università di Sassari, dipartimento di Agraria).

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Tecniche all’avanguardia. La prima parte dello studio è stata pubblicata su European Journal of Lipid Science and Technology, importante e rigorosa rivista specializzata in cibi grassi. Ma la ricerca continua. A raccontarne la filosofia è Nicola Culeddu, ricercatore dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche e anima della ricerca. «Tutto nasce quando abbiamo pensato di applicare all’olio d’oliva le modernissime tecniche statistiche utilizzate per un precedente studio sullo zafferano di cui si occupò anche il New York Times come esempio di sviluppo delle procedure sulla sicurezza – spiega –. Ho contattato il professor Sandro Dettori del dipartimento di agraria, e con l’aiuto di Agris, Laore, Porto Conte ricerche, dipartimento di agraria, che ci hanno messo in contatto con i produttori resisi disponibili, di solito piccoli, e hanno raccolto cento campioni di olio extravergine. Sono tutti della varietà Bosana (utilizzata nell’80% degli oliveti sardi, 90% con i derivati genetici) in giro per la Sardegna dalle quattro zone più votate a questa produzione: Sassarese, Planargia-Montiferru, Nuorese-Baronia, Campidano.

Lo spettro dell’olio. «Abbiamo analizzato i campioni con la risonanza magnetica ottenendo per ciascuno uno spettro che evidenzia le varie molecole, in pratica abbiamo costruito una mappa digitale dell’olio sardo, zona per zona – dice Culeddu –. Quindi abbiamo prodotto dei modelli matematici, per cui siamo in grado di riconoscere un olio prodotto a Cagliari invece che a Oristano, a Ittiri invece che ad Alghero. Restava da capire cosa influenzasse le differenze degli oli tra zona e zona». I ricercatori hanno cominciato a considerare l’aspetto meteo-climatologico: «Siccome credo molto nell’integrazione tra branche di studio, mi sono rivolto ad Andrea Motroni, agrometeorologo dell'Arpas. Abbiamo considerato che il territorio sotto questo profilo può essere di quattro tipi ( arido, secco umido, subumido e umido) e abbiamo capito che ognuna di queste aree caratterizza un tipo di olio».

L’influenza del clima. A Sassari il clima risulta prevalentemente secco-subumido (per il 75,4%), così come nel Nuorese-Baronia (62,3%); nel Campidano prevale l’arido (60,9%), nella Planargia-Montiferru, ad altezza maggiore, il sub-umido (56,5%). «Da considerare– dice il ricercatore sassarese – che i polifenoli si sviluppano più facilmente nelle zone meno umide. Ad esempio, ora sappiamo con certezza che dopo un’annata molto piovosa ti puoi attendere un olio fondamentalmente dolce, mentre dopo una siccitosa sarà molto più piccante e con più grassi. Ma le variabili sono tante. Dipende da tante variabili, dal meteo, dalle cultivar utilizzate, dal terreno. Tramite questa analisi condotta con una tecnica cosiddetta metabolomica (in cui si considerano i dati in maniera complessiva) ottieni una vera l’impronta digitale dell’olio».

Genetica e terreni. E dopo aver svelato gli influssi del meteo, nel prossimo lavoro che il pool pubblicherà, si punterà ad analizzare i campioni sotto un’altra ottica: devono essere della stessa varietà, ma anche della stessa genetica: per fare ciò si utilizzeranno solo oli di uliveti con piante prodotte dal dipartimento di Agraria. «Ci stiamo soffermando ora sull’influsso dei terreni e siamo già molto avanti. Ormai siamo quasi in grado di dire, ad esempio, che se vuoi ottenere un olio dolce non lo puoi produrre su un terreno calcareo come quello di Sassari, non verrà mai con quelle caratteristiche perché inevitabilmente presenterà una certa piccantezza».

Il progetto. Contemporaneamente il pool sta conducendo un lavoro sulle cultivar, in collaborazione col dipartimento di agraria «che ha un campo a Oristano con tante varietà di olivo: in pratica – spiega Culeddu – puoi studiare le varietà in una situazione unica, stesso terreno e stesse condizioni meteo. In più c’è un microfrantoio per rendere omogeneo anche il procedimento produttivo». Il Cnr ha nel frattempo presentato un progetto sull’ottenimento della certificazione tramite Qr code dell’olio extravergine d’oliva che la Regione, ha deciso di finanziare: sarà realizzato entro il 2019.

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