La Nuova Sardegna

Sardegna a caccia di turisti francesi

di Giandomenico Mele
Sardegna a caccia di turisti francesi

Ejarque al convegno Sardinia Call2Action: «Ma occorre un marketing preciso»

06 aprile 2018
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OLBIA. Vive la France! Davanti al turismo, non esistono riflessi antisciovinisti o questioni geografiche. Parte la caccia ai cugini francesi e la Sardegna è destinazione che si prepara a fare la guerra contro i tanti agguerriti rivali presenti sul mercato dell’offerta turistica. La lectio magistralis è quella di Josep Ejarque, il guru del “destination management”, che la Regione ha ingaggiato per creare le basi per intercettare la domanda direttamente da dove parte.

La seconda giornata di “Sardinia Call2Action”, il ciclo di incontri formativi per la crescita turistica della Sardegna, guarda oltre le Alpi. Il mercato di riferimento, in questo primo incontro tematico che si è svolto all’aeroporto “Costa Smeralda” di Olbia, è stato quello transalpino. E si è parlato dei borghi autentici, un sistema di accoglienza sul quale la Sardegna può e deve puntare.

Il turista francese. Si parte dal profilo del turista francese. Un identikit per provare a modulare un’offerta a immagine e somiglianza della domanda d’Oltralpe.

«Stiamo parlando di un turista adulto, facoltoso, che di solito viaggia col proprio partner e con la famiglia, che prevalentemente sceglie la Francia – spiega Ejarque –. Riuscire a intercettare un mercato così complesso richiede azioni di marketing di precisione, non a cannonate, bisogna sapere bene cosa si vuole e cosa si può proporre». Ecco dunque un piccolo vademecum su come affrontare l’accoglienza di un cliente complicato. «Il francese è un buon cliente per la destagionalizzazione, ma è anche molto impegnativo e molto esigente» conferma Ejarque. Ammesso che si sposti dalla Francia, si aspetta di essere accolto e di leggere brochure in lingua francese, si organizza in autonomia e prevalentemente prenotando on line, viaggia con l'auto.

Borghi e dintorni. Quanto ai borghi, un esempio virtuoso in Sardegna c’è già. Si tratta dei “Borghi più belli d’Italia”, in rappresentanza dei quali ha parlato Franco Cuccureddu, sindaco di Castelsardo. La prima notizia è che nei sei borghi sardi è appena entrata Sadali. La seconda che il Comune di Olbia ha presentato la richiesta di certificazione per la frazione di San Pantaleo.

Il futuro è adesso. «Il titolo di Borghi più belli d’Italia è basato su una rigida certificazione – ha sottolineato Cuccureddu –. La nostra associazione è stata costituita nel 2001 e attualmente sono 280 i borghi in tutta Italia. Sono sei quelli sardi, da pochi giorni anche Sadali ha ottenuto la certificazione dopo Castelsardo, Bosa, Carloforte, Atzara e Posada. Il nostro portale fa registrare un milione e 300 mila visitatori unici mensili. Oltre 6 milioni di pagine visitate al mese. Su Instagram siamo il profilo istituzionale più visitato in Italia, con 127 mila followers».

Il metodo. Nel solco del nuovo approccio metodologico, che sta muovendo molte “acque chete” del marketing territoriale in Sardegna, Ejarque ha ribadito che l’interesse del turista legato all’offerta dei borghi si è spostato su cosa fare, non più su cosa vedere. Il turista non si adegua più all’offerta, è lui che sceglie.

«Il principio di crescita del turismo dei borghi passa per la scomparsa del concetto di prodotto di massa, a differenza dei servizi nelle città d’arte, che vivono su una logica di standardizzazione – spiega Ejarque –. In Italia non si è ancora capito cosa sia il turismo dei borghi sul mercato: è una esperienza che vuole realizzare convivenza e interazione nel territorio. Fare e non guardare, a differenza di quello che riguarda città straordinarie come Roma, Firenze e Venezia. Si deve puntare sullo sviluppo sostenibile, sfruttando una comunità e un territorio che è vivo, non improntato al passato. Il turismo dei borghi permette un incontro con la realtà. Il turista è attivo durante la sua vacanza, fa parte della comunità».

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