La Nuova Sardegna

Becciu sulla crisi nell’isola: occorre agire, basta aspettare aiuti

di Mario Girau
Monsignor Angelo Becciu
Monsignor Angelo Becciu

L’alto prelato: mi piange il cuore non poter fare nulla per i tanti disoccupati

20 aprile 2018
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CAGLIARI. Anche negli uffici più vicini al Papa, in Vaticano, si guarda con angoscia alla situazione della Sardegna. Monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, spazia sulla Chiesa mondiale, ma dal suo radar personale non scompare mai l’isola.

«Sono preoccupato per la disoccupazione terribile che affligge la nostra terra. Troppi giovani costretti a emigrare. Tanti – dice l’alto prelato, tra i principali collaboratori del Sommo Pontefice – vengono da me e mi chiedono lavoro. Ma in Vaticano che cosa posso offrire? Mi piange il cuore non poter fare nulla per loro».

«Vedo che il Papa ha un grande amore per la nostra isola. Lui è così con tutte le aree del mondo dove è maggiore la sofferenza, a causa dei problemi sociali ed economici – aggiunge monsignor Becciu –. La disoccupazione è troppa. Allora che si cerchi in Sardegna di essere più creativi, di non aspettarsi nulla dall’alto. Oramai il tempo degli interventi dall’esterno è finito. Però chi ha la responsabilità della cosa pubblica deve sentire questo impegno a cercare di cambiare una situazione difficile per il popolo sardo».

Un cambiamento che monsignor Angelo Becciu ha chiesto anche al clero sardo riunito, ieri, per celebrare il novantesimo di fondazione del Seminario regionale, per 44 anni nella sede di Cuglieri, e poi nel capoluogo dell’isola. Il seminarista Becciu, di Pattada, c’era anche nel settembre del 1971 quando un centinaio di chierici si sistemarono, «sembravamo accampati», in un’ala del seminario diocesano di Cagliari a seguito di un trasloco improvviso e improvvisato. «Una sistemazione accolta con gioia – ricorda il sostituto della Segreteria di Stato – perché vedevamo utile e necessario il trasferimento da un paesino bellissimo, Cuglieri, in una città dove le opportunità di crescita spirituale e culturale erano sicuramente maggiori».

Monsignor Becciu, davanti ai vescovi sardi, guidati da monsignor Arrigo Miglio, e oltre 150 sacerdoti con il rettore del seminario Antonio Mura e il preside della facoltà teologica, Francesco Maceri, parla del ruolo del prete nella missione della Chiesa d’oggi. La stella polare, il riferimento è papa Francesco, che predica contro la solitudine dei preti. «Escono dai seminari – dice Becciu – sacerdoti preparati, ma isolati. Invece devono essere preti tra i preti in una situazione di famiglia col proprio vescovo e i confratelli». Preti di comunità, per evitare «il clericalismo che sta prendendo piede nel giovane clero».

Il papa propone un chiesa in uscita e, «come detto in una delle prime omelie in san Pietro, preti con l’odore delle pecore, cioè che stanno con le gente, si preoccupano dei problemi concreti delle persone e della loro fedeltà alla Chiesa e al Vangelo». Ma la Chiesa esce non per allargare il più possibile i propri confini, ma per incontrare il Cristo nell’umanità sofferente. Il prete è «l’uomo dell’inclusione, che abbonda in misericordia per ricevere misericordia», spiega il vescovo pattadese.

Monsignor Becciu lascia in consegna al prete un interrogativo. «È realmente senza Dio la realtà non in sintonia con la Chiesa?». E anche con un suggerimento di Papa Francesco: «Davanti a tutto ciò che è negativo non pensare in termini di condanna, ma di comprensione».

Anche in Vaticano monsignor Angelo Becciu non dimentica la sua sardità: la lingua logudorese, i valori della Sardegna ricevuti in famiglia, in parrocchia, in paese: la franchezza, l’onestà. «Anche la testardaggine nel portare avanti le cose belle».


 

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