La Nuova Sardegna

Bancarotta, tutti liberi tranne Alberto Scanu

Bancarotta, tutti liberi tranne Alberto Scanu

Revocati i domiciliari alla sorella Laura e al collaboratore Giovanni Pinna, ma le indagini vanno avanti

01 novembre 2019
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CAGLIARI. Dopo il passaggio di Alberto Scanu dal carcere alla custodia domiciliare, il tribunale del riesame ha restituito la piena libertà alla sorella Laura Scanu e all’amico e collaboratore Giovanni Pinna, finiti insieme all’ex presidente della Sogaer nel calderone dell’inchiesta per bancarotta condotta dal pm Giangiacomo Pilia e dalla Guardia di Finanza. Il collegio presieduto da Tiziana Marogna ha imposto alla Scanu un anno di interdizione da attività amministrative e gestione di aziende «una misura - ha commentato l’avvocata Maria Simona Chelo - ininfluente, considerato che la signora Scanu non svolge più alcun ruolo all’interno di società da almeno tre anni e si limita a fare la mamma». Nessuna misura alternativa invece per Pinna, difeso da Mario Canessa e Francesco Iovino: grazie alla decisione del riesame, l’imprenditore accusato di bancarotta è libero senza alcuna limitazione o obbligo da rispettare. Ancora in bilico invece la posizione di Valdemaro Giuseppe Peviani, l’anziano manager milanese sott’accusa per gli stessi reati, agli arresti domiciliari dallo scorso 12 ottobre: il difensore, l’avvocato Giuseppe Ledda, aveva chiesto al gip Casula la revoca della misura ottenendo un diniego. La decisione del giudice è stata appellata ma non potrà essere valutata prima del 15 novembre. In altre parole, Peviani è il solo indagato - insieme ad Alberto Scanu - costretto ai domiciliari dopo alcuni giorni trascorsi nel carcere di Uta.

Era attesa per queste ore un’altra decisione del tribunale del riesame, legata al sequestro di alcuni documenti eseguito dalla Guardia di Finanza lo scorso 22 ottobre negli uffici di via Roma dove operano alcune delle società di Scanu dichiarate fallite: il difensore Rodolfo Meloni ha ricorso ai giudici della libertà contro il provvedimento di sequestro perché sarebbe stato disposto ed eseguito fuori termine rispetto alla data dell’ultimo fallimento societario deciso dal tribunale per Scanu, quello della Sofarmed. All’udienza del riesame però il pm Giangiacomo Pilia ha restituito al legale i documenti acquisiti nel corso della perquisizione e la questione si è esaurita ancora prima che i giudici si esprimessero.

L’inchiesta intanto va avanti. Gli investigatori sono impegnati ad esaminare le apparecchiature informatiche e i telefoni sequestrati a Scanu, mentre si lavora anche sulle tre società sotto procedura fallimentare per verificare se siano state oggetto di operazioni illegali e di trasferimenti sospetti di denaro e beni, come le altre finite al centro del procedimento penale. Un lavoro d’indagine tutt’altro che concluso, destinato forse ad allargare il campo delle contestazioni all’ex presidente di Confindustria e ai suoi collaboratori. Altro fronte d’indagine potrebbe essere quello delle banche, che secondo la relazione degli ispettori di Bankitalia trasmessa all’ufficio requirente avrebbero alimentato le società di Scanu con scelte estremamente favorevoli.

Secondo il gip Casula «sin dal 1997 - scrive il magistrato - è stata posta in essere una sistematica e dolosa spoliazione delle componenti attive delle varie società, in favore del dominus Alberto Scanu e della sorella Laura, oltreché degli altri soggetti coinvolti nella multiforme vicenda». Spoliazione, a leggere le pagine del provvedimento, realizzata facendo "girare" i rami d'azienda produttivi delle varie società per poi indirizzare il ricavato a favore di Scanu e della sorella. Fallimenti pilotati insomma, con l'obbiettivo di portare a casa i soldi, lasciando ai creditori i debiti. Fatti che per il gip «evidenziano la capacità e la tendenza dello Scanu a inquinare il quadro probatorio, utilizzando falsi documenti secondo una condotta utile a delineare la tendenza a delinquere dell'indagato». (m.l)

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