La Nuova Sardegna

Giorgio Carta, dal Comune al governo: «Io sono parlamentare a vita»

di Alessandro Pirina
Giorgio Carta, dal Comune al governo: «Io sono parlamentare a vita»

Ex consigliere e assessore a Cagliari, poi in Regione, deputato e sottosegretario. «La politica ti assorbe, se la si prende in dosi crescenti se ne diventa dipendenti»

04 novembre 2019
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CAGLIARI. Pochi vantano un cursus honorum come il suo, dai banchi del consiglio comunale a quelli del governo, passando per Regione, Parlamento e partito. E ancora oggi, a 81 anni compiuti, Giorgio Carta non riesce a staccarsi da quella droga che si chiama politica. «La politica è assorbente, se la si prende in dosi crescenti se ne diventa dipendenti». E, infatti, dopo avere fatto il consigliere e l’assessore comunale a Cagliari negli anni ’70, il consigliere e l’assessore regionale negli anni ’80, il parlamentare negli anni ’90, il sottosegretario nei governi Amato e Ciampi, il segretario nazionale del Psdi con cui ritorna alla Camera nel 2006, oggi Carta è il coordinatore regionale degli ex parlamentari. «Il mandato parlamentare non si esaurisce mica uscendo dalla Camera o dal Senato, dura per tutta la vita».

Politico quasi per caso. Nato a Jerzu nel 1938 Carta a 16 anni si trasferisce con la famiglia a Cagliari. Si laurea in medicina, prende tre specializzazioni, ha l’idoneità da primario, ma a un certo punto nella sua vita irrompe la politica. «Avevo amici socialisti, socialdemocratici e un po’ li frequentavo. Fu uno di questi, un rappresentante di una casa farmaceutica, a propormi di candidarmi alle comunali di Cagliari. Non ero molto convinto, ma venni eletto». Era il 1970 e Carta resterà a Palazzo Bacaredda per nove anni: sarà anche vicesindaco, assessore alla sanità e all’annona. «Era un altro mondo rispetto a oggi. Nei partiti, è vero, c’erano scontri, lotte, ma si selezionava la classe dirigente. Certo, avevano anche molti difetti, ma quei partiti di allora possedevano gli anticorpi. C’era un rapporto diverso tra avversari. La politica era più sentita e, seppure negli scontri, era più rispettosa. E soprattutto c’erano personaggi di rango: Cenzo Caredda nel Pli, Luigi Cogodi, Licio Atzeni ed Emanuele Sanna nel Pci, Lino Lai nella Dc». Nel 1979 il salto in consiglio regionale, dove resterà per 13 anni e ricoprirà più volte la carica di assessore: prima al turismo (con presidente Rais), poi al lavoro (con Rojch), all’ambiente (con Melis) e ancora al lavoro (con Floris). «E anche lì trovai pezzi da 90: penso a Pietrino Soddu e Nino Giagu nella Dc, Andrea Raggio e Gavino Angius nel Pci, Gianfranco Anedda nel Msi. Il consiglio regionale era una palestra. Ai tempi la gavetta in politica era indispensabile. Se io sono diventato sottosegretario alle Finanze con Amato è perché prima ero stato assessore comunale e regionale. Mica come oggi che prendono il primo venditore di lacci per strada e lo fanno ministro. Ma allora ci si scontrava sulle scelte politiche, oggi senti solo slogan».

Il salto a Roma. Nel 1992 arriva alla Camera con il Psdi. Sono gli anni della grande crisi della partitocrazia e dei governi “lacrime e sangue”. E lui sarà chiamato a svolgere ruoli importanti in quegli esecutivi: con Amato sarà sottosegretario alle Finanze (con Goria e Reviglio ministri) e con Ciampi ai Trasporti (con Costa ministro). «I sottosegretari se si mettono d’impegno possono davvero incidere. Le racconto un episodio – dice –. Quando ero ai Trasporti venne Neri Marracini, presidente della Sogaer (società di gestione dell’aeroporto di Cagliari, ndr), e mi disse: “i soldi delle tasse aeroportuali se li tiene lo Stato, a noi non resta nulla”. Feci una riunione, ma al ministero iniziarono a tergiversare. Mi stavano prendendo in giro, insomma. Io allora alzai la voce: “non me ne frega nulla, domani riunite la commissione”. Morale della favola: dopo due mesi i soldi delle tasse andarono direttamente alla Sogaer che poté fare il nuovo aeroporto».

Da Craxi ad Hammamet. In tanti anni a Roma - vi tornò nel 2006 quando «grazie a un accordo con Fassino riportai il Psdi nel centrosinistra dopo che con Vizzini si era spostato a destra» - Carta ha avuto a che fare con i potenti di allora. Cossiga. «Era presidente della Repubblica e aveva rapporti molto cordiali con tutti i parlamentari sardi». Amato e Ciampi. «Personalità di grossa levatura che mi hanno lasciato la massima libertà nello svolgere il mio incarico». Craxi. «Io ero socialdemocratico, mai stato craxiano. Ma, una volta, mi trovai in Tunisia e decisi di andare a trovarlo ad Hammamet. Più che una villa la sua era una casa campidanese. Dovevo starci 10 minuti e rimasi per 5 ore. Craxi aveva una memoria di ferro, mi parlò di politici nazionali e regionali e addirittura mi chiese della Cartiera di Arbatax. Sono felice di aver parlato con un pezzo di storia, quell’incontro lo ricordo con grande piacere».

Politica come droga. Con la caduta di Prodi nel 2008 l’addio al Parlamento. Ma un addio solo fisico, perché lui continua a fare attività parlamentare da ex. «La politica è l’unico mediatore che permette alle persone di percorrere la scala sociale, laddove ha fallito il mercato. Ma quando parlo di politica mica mi riferisco a quella di adesso. Oggi la gente passa da una parte all’altra perché manca la politica. Il divieto del vincolo di mandato non vuole di certo dire passare da sinistra a destra, e viceversa. La politica è anche lotta dura, ma a viso aperto, senza sotterfugi tipo “stai sereno”. Penso a quello che sta accadendo oggi con il taglio dei parlamentari, pura demagogia. Ma la gente è meno stupida di quel che si pensi, basta vedere il risultato dei 5 stelle in Umbria. Se dovessi votare oggi – conclude – sarei in forte imbarazzo. Io ho sempre scelto il centrosinistra, perché resto un socialdemocratico, un progressista. Io vorrei una sinistra riformista, ma quella che fa riforme vere, quelle che incidono veramente sulla vita della gente».

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