La Nuova Sardegna

Lotta contro la peste suina il commissario Ue nell’isola

di Antonello Palmas
Lotta contro la peste suina il commissario Ue nell’isola

Andriukaitis sarà a Cagliari e Urzulei. Il ministro Speranza: fermare l’embargo Laddomada, Izs: bilancio positivo, allevatori e cacciatori hanno collaborato

12 novembre 2019
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SASSARI. La lotta alla Peste suina africana in Sardegna è a un bivio, ora che si è a un passo dallo storico successo grazie al lavoro condotto dall’Unità di progetto per l’eradicazione: chiudere la partita con la malattia che da 41 anni stringe la zootecnia isolana in una morsa, oppure cedere alle richieste dei pochi non sensibilizzati sulla necessità di dire basta al pascolo brado, che significherebbe ridare fiato a un flagello alle corde. Il dubbio è fondato, perché da febbraio non arrivano più notizie di abbattimenti di suini al pascolo brado, misura dura ma necessaria che ha portato l’isola all’ultimo miglio prima del traguardo. La Regione non dà più gli input alla task force per dare l’ultima spallata.

Il commissario. Questo “calo di tensione” da parte della Regione non è certo un bel biglietto da visita da presentare a Vytenis Andriukaitis, il medico lituano commissario europeo alla salute e sicurezza alimentare, oggi e domani in Sardegna per fare il punto sulla situazione, accompagnato dal dg del ministero della salute, Silvio Borrello. Il rischio di ritornare a essere quella realtà inattendibile, quale sino a pochi anni fa era considerata l’isola dall’Europa nella lotta alla Psa, è dietro l’angolo. Stamattina Andriukaitis vedrà l’unità di progetto e le organizzazioni agricole, nel pomeriggio sarà a Villa Devoto, con il governatore Christian Solinas; domani sarà a Urzulei, in Ogliastra, dove la peste suina non fa più paura.

Il ministro. Già ieri durante un incontro a Roma il ministro della salute Roberto Speranza gli ha chiesto di eliminare le restrizioni commerciali a cui è sottoposto il settore suinicolo sardo: «Sono mature le condizioni per voltare pagina – ha spiegato – : da 14 mesi non si registrano nuovi casi negli allevamenti (l’ultimo caso a Mamoiada nel settembre 2018, e c’è un forte ridimensionamento della malattia nei cinghiali, l’ultimo infetto a Bultei ad aprile, ndc), la Sardegna in questi anni, d'intesa col ministero, ha lavorato seriamente sulla prevenzione e svolto controlli rigorosi ottenendo importanti risultati, come si evince dal monitoraggio». E ha parlato di «comparto strategico, di elevata qualità, che vogliamo rilanciare in una Regione ad altissimo tasso di disoccupazione».

L’esperto. «Un bilancio altamente positivo», così nel sito dell’Istituto zooprofilattico il dg Alberto Laddomada, responsabile scientifico del programma di eradicazione, definisce i risultati, affermando che «si deve tanto alla collaborazione di allevatori e cacciatori, ai controlli lungo tutta la filiera suinicola da parte dei servizi veterinari (13mila campioni analizzati, ndc) e ancora di più alle azioni di contrasto del pascolo brado illegale». A oggi «sono stimati 500 maiali ancora al pascolo brado (nel 2016 erano 5000) ed è su di loro che bisogna intervenire, per completare la eradicazione del principale serbatoio della malattia».

I numeri. Sul piano epidemiologico la Sardegna, dove sono allevati circa 180mila suini in poco più di 14mila aziende, è divisa in due zone: la bianca (indenne da Psa) e quella rossa dove ancora persiste il virus anche nel selvatico. Se nel triennio 2012-2014 i focolai registrati nelle aziende erano stati 223, con un picco di 109 nel 2013, nel 2015-2017 (dopo il via dell’unità di eradicazione voluta dalla giunta Pigliaru) si è scesi a 56, mentre nel 2018 ci si è fermati a 5. Nel 2019 non si è verificato alcun focolaio. Oltre 3800 maiali bradi sono stati abbattuti da dicembre 2017: il 90% tra Barbagia e Ogliastra. Ed è evidente l’attenuarsi della presenza del virus in proporzione inversa agli abbattimenti. Inizialmente osteggiati da parte di chi si trincera dietro la presunta tradizione del brado, ma il lavoro di sensibilizzazione nei confronti degli allevatori ha operato un decisivo cambio culturale.

Il mondo ci guarda. Risultati che hanno fatto diventare la Sardegna simbolo di programmazione e serietà nella battaglia contro un nemico, la Psa, che da malattia endemica dell’isola e del sub Sahara, da qualche anno è diventato lo spauracchio di mezzo mondo, in primis della Cina, primo allevatore e produttore suinicolo che ha visto ridurre del 50 per cento il business. Gli esperti dicono che ci vorranno una decina di anni per riprendersi, nel frattempo l’isola è avanti e deve solo dare la spallata finale, dopo di che potrebbe vedersi spalancate le porte di un business formidabile. Ma sembra non avere il coraggio di andare sino in fondo. Il rischio è che qualcuno riprenda le vecchie pratiche del brado, in pochi mesi si ritornerebbe al dramma. Il commissario europeo dovrà capire come stanno le cose.

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