La Nuova Sardegna

Beffa ai parenti dei morti: pagate il recupero delle auto

di Tiziana Simula
Beffa ai parenti dei morti: pagate il recupero delle auto

La richiesta della Finanza ai familiari delle vittime e all’unica sopravvissuta

24 novembre 2019
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OLBIA. «Se non fosse una tragedia, ci sarebbe da ridere...». Ha ancora l’amaro in bocca Alessandro Fiore, figlio di Bruno Fiore, e di Sebastiana Brundu, morti insieme a sua suocera Maria Loriga nel crollo della strada per Monte Pino nell’alluvione del 18 novembre 2013. Alessandro così come Veronica Gelsomino, unica sopravvissuta di quel drammatico volo, dovranno portare via al più presto le carcasse dell’Alfa 147 e del fuoristrada precipitate nella voragine.

Lo dovranno fare in fretta – entro giovedì prossimo – e soprattutto a proprie spese. «Inquinano», così gli è stato detto dai finanzieri della sezione navale di Olbia, impegnati in un’attività di polizia ambientale a tutela del territorio. «Oltre al danno, la beffa», lamenta Veronica Gelsomino. «Siamo indignati per questa richiesta e di come la burocrazia e la legge viaggino a due velocità, senza alcun rispetto per il nostro dolore – incalza Alessandro Fiore –: da una parte c’è un processo che va a rilento, che dopo sei anni è appena cominciato e chissà quando finirà, dall’altra, ci siamo noi, vittime di quella tragedia, a cui si chiede ciò che dovrebbero fare le istituzioni, e ci si chiede di farlo con rapidità perché le macchine inquinano».

«I finanzieri fanno il loro lavoro, per carità. Ma devo dire che ci sono rimasta veramente male», prosegue Veronica, la miracolata di Monte Pino, che di quel giorno di lutto porta ancora i segni nel corpo oltre che nello spirito: cinque interventi e un anno e mezzo di infortunio non sono stati sufficienti per far riprendere la normale funzionalità al braccio e alla mano.

«Mi sembra proprio una beffa che noi, a nostre spese, dobbiamo occuparci di far portare via e smaltire le macchine quando ancora non solo non abbiamo visto un euro di risarcimento, ma, a distanza di sei anni, non sono state neppure accertare le responsabilità del crollo della strada». L’Alfa 147 sulla quale viaggiava la sera dell’alluvione e la Land Rover a bordo della quale c’erano i genitori e la suocera di Alessandro Fiore erano state tirate su dalla voragine un anno fa, durante una cerimonia, in concomitanza con l’apertura del cantiere per il rifacimento della strada (lavori bloccati). Le carcasse ridotte a un ammasso di rottami sono state adagiate in un terreno lì vicino, di proprietà di un privato che, tra l’altro, risulta essere una delle persone che quella sera si calò nella voragine e insieme ad altri salvò Veronica Gelsomino. Un’area provvisoriamente nella disponibilità dell’Anas che ha sistemato un cancello a protezione del cantiere. «Sono stata contattata da due finanzieri che mi hanno detto che dovevo portare via la macchina per motivi di inquinamento. Ho tempo fino a giovedì prossimo per fare lo smaltimento.

Per fortuna avevo fatto recuperare da alcuni parenti targhe e documenti. Ora mi dovrò pagare il carroattrezzi e tutto il resto. Un’assurdità». Alessandro Fiore che in una sola sera ha perso tre cari, dice di essersi scaldato non poco quando il 19 novembre, il giorno dopo il sesto anniversario delle morti dell’alluvione, ha ricevuto la chiamata dei finanzieri. «Non volevo credere alle mie orecchie quando mi hanno detto che creavano impatto ambientale e che l’onere per smaltirle era a carico nostro. Quella telefonata nel momento dell’anniversario, strideva da fare paura. Sono davvero arrabbiato. Porteremo via le macchine, ma lo faremo grazie al volontariato dell’officina Musselli Group di Tempio intervenuta anche durante l’alluvione che mi ha già detto che lo farà gratuitamente. A conferma che il volontariato colma il vuoto delle istituzioni».

Il maresciallo Davide Giacalone, comandante della sezione navale di Olbia della guardia di finanza (che dipende direttamente dal reparto aeronavale di Cagliari), spiega che l’intervento rientra in un’indagine di polizia ambientale contro l’abbandono di rifiuti speciali e pericolosi. «Durante un monitoraggio sono state individuate le due auto e siamo risaliti ai proprietari e in un’ottica di salvaguardia ambientale gli abbiamo dato l’opportunità, in accordo con l’Anas che dovrà aprire il cantiere, di portare via le macchine. Non c’è stato un obbligo da parte nostra e ci dispiace che l’abbiano interpretato in senso negativo, come se non avessimo rispetto per il loro dolore».
 

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