La Nuova Sardegna

Peste suina quasi sconfitta in Sardegna, abbattuti 4500 maiali

di Giusy Ferreli
Peste suina quasi sconfitta in Sardegna, abbattuti 4500 maiali

I dati dell’unità di progetto spiegano perché si deve completare l’eradicazione

27 novembre 2019
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LANUSEI. Cronaca di un’eradicazione annunciata: dal 2015, anno della dichiarazione di guerra globale alla Peste suina africana in Sardegna, a oggi, sono stati abbattuti quasi 4500 suini allo stato brado. Di questi il 90 per cento popolavano le campagne tra la Barbagia e l’Ogliastra. Oltre 3800 maiali sono stati abbattuti in una campagna senza precedenti, condotta nei comuni della zona rossa - Arzana, Orgosolo, Desulo, Fonni, Urzulei, Baunei, Villagrande Strisaili e Talana- tra il dicembre 2017 e il gennaio 2019.

In circolazione ne rimangono poche centinaia: dopo gli abbattimenti dei giorni scorsi di Orgosolo e Baunei, i clandestini sono stimati intorno ai 500 capi. Sono pochissimi, è vero, ma ci sono e rappresentano l’ultimo ostacolo verso l’eliminazione delle restrizioni che impediscono la commercializzazione di carni e prosciutti. La lotta alla peste suina africana è un “affaire” che dura da decenni, esattamente da 41 anni, da quando nel lontano 1978 si registrò il primo focolaio. Decenni di contrasto al morbo non hanno mai sortito l’effetto sperato ma finalmente si intravede la luce in fondo al tunnel grazie alle azioni intraprese negli ultimi anni dall’Unità di progetto per l’eradicazione della Psa voluta dalla Giunta Pigliaru. L’obiettivo dell’organismo regionale è sconfiggere definitivamente la malattia che blocca lo sviluppo economico di un comparto basato su un patrimonio zootecnico di poco meno di 180mila capi allevati in 14mila aziende in tutta la Sardegna. Allevamenti in regola, o che nel tempo si sono regolarizzati grazie anche alle iniziative dell’Unità di progetto che ha percorso la strada degli abbattimenti solo come extrema ratio in una lotta senza quartiere. Agli allevatori sardi non è mancata la possibilità di emergere dall’illegalità, a partire dalle “finestre” per la regolarizzazione delle aziende. Nei sei mesi dal giugno al novembre 2015, 476 allevatori hanno presentato la domanda per mettersi in regola. Di questi circa 270 provenivano dalle aree del Nuorese e dell’Ogliastra. Un altro strumento messo in campo dall’Unità è stato il “ravvedimento operoso”, servito a dare un’ulteriore spallata al sistema del brado. Dopo la chiusura della finestra del 2015, l’organismo regionale ha trattato a lungo con il Ministero della salute per ottenere la riduzione della multa per gli allevamenti illegali, passata da 10mila a 430euro e applicata a tutti coloro che hanno deciso di abbandonare le vecchie e purtroppo dannose (almeno per l’economia isolana) pratiche di allevamento allo stato brado. Proprio questa pratica favorisce la circolazione del virus. I maiali clandestini sono a contatto con i cinghiali, altri vettori del virus, che vengono stimati intorno ai 90mila capi. Importante si è rivelata la collaborazione con le compagnie di caccia grossa. Dal 2016 ad oggi sono stati formati oltre 7mila cacciatori grazie a 600 incontri organizzati da Laore, in collaborazione con il Corpo forestale e i veterinari. Grazie a questa sinergia ogni anno vengono analizzati fra i 13 e i 14mila cinghiali. Oltre 5mila provengono dalla zona calda. Bradi e cinghiali si trovano per la maggior parte nelle terre civiche, il che ha comportato un’ulteriore problematica: nei demani pubblici il controllo sanitario spetta alle amministrazioni locali. Circostanza spesso fonte di tensione come testimoniano i fatti avvenuti a Baunei lo scorso fine settimana. L’opposizione agli abbattimenti nasce dall’esigenza controversa di tutelare il suino di razza sarda che viene tradizionalmente allevato allo stato brado. Ma questa non è la strada giusta. «Esiste un registro anagrafico del suino sardo al quale risultano iscritti 300 capi presenti in poco meno di 50 allevamenti sparsi in tutta la regione. Il modo migliore per tutelare questa specificità zootecnica della Sardegna è registrare gli animali e emergere dall’irregolarità» fanno sapere dall’Unità. «Non si può, purtroppo, pensare di salvaguardare questi maiali se ufficialmente non esistono. Qualora i soggetti irregolari decidessero di allevare in legalità, i numeri – è la conclusione - potrebbero solo crescere». L’unica alternativa? L’abbattimento.

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