Violenza privata, ex consigliere Cuccu nei guai
di Mauro Lissia
Denunciato, pressioni su un dipendente per le dimissioni: l’inchiesta avocata dalla Procura generale
30 novembre 2019
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CAGLIARI. Dopo un conflitto di valutazioni tra la Procura della Repubblica e la Procura generale l’ex amministratore del Tecnocasic ed ex consigliere regionale del Pd Giuseppe Cuccu potrebbe essere accusato di violenza privata in un’inchiesta che il pm Giangiacomo Pilia aveva chiesto di archiviare per infondatezza della notizia di reato: stando all’atto di querela presentato lo scorso 22 ottobre dall’avvocato Patrizio Rovelli per conto di Antonello Scotto, un ingegnere assunto in prova come dirigente della divisione industriale, Cuccu avrebbe cercato di indurre il dipendente a dimettersi nel corso di alcuni colloqui in parte condotti insieme al direttore Giulio Casula, tra cui uno dai toni piuttosto concitati in cui l’amministratore avrebbe prospettato il rischio di imprecisate conseguenze in caso di rifiuto. Il colloquio, interamente registrato, è stato allegato dal difensore alla querela. Respinto il suggerimento dei vertici aziendali Scotto è stato comunque rimandato a casa per la presunta mancanza di requisiti documentali che avrebbero compromesso l’esito della prova, ma su questo aspetto della vicenda pende il ricorso presentato al tribunale del lavoro dall’avvocato Gianni Benevole, che chiede il reintegro del professionista e il risarcimento dei danni.
Ieri mattina era in programma l’udienza in cui il gip Massimo Poddighe avrebbe dovuto trattare l’istanza di opposizione all’archiviazione avanzata da Rovelli, ma appena poche ore prima la cancelleria della Procura generale gli ha comunicato l’avocazione del fascicolo da parte del massimo ufficio requirente, decisa dalla procuratrice generale Francesca Nanni, sempre su richiesta del legale di Scotto: nel decreto firmato dal magistrato viene revocata l’istanza di archiviazione e si ipotizza che la Procura non abbia svolto le indagini indispensabili a qualificare il fatto, in particolare - come indicato dall’avvocato Rovelli - l’esame del querelante e del suo cellulare di servizio, che conterrebbe dati di interesse penale. Poddighe ha preso atto e nel giro di poche ore il fascicolo ha preso la via del secondo piano: a condurre le indagini sulla vicenda, finora iscritta contro ignoti su ipotesi di violenza privata, sarà la sostituta pg Maria Grazia Genoese. Sempre su disposizione della Procura generale, la copia del decreto di avocazione è stata trasmessa al Procuratore capo Maria Alessandra Pelagatti e al Consiglio superiore della magistratura.
La vicenda dall’inizio. Assunto a settembre del 2018 dopo una selezione di personale, Scotto lavorava ormai da sei mesi negli impianti del termovalorizzatore di Machiareddu. Nessuna contestazione, eppure ad aprile del 2019 è arrivata la chiamata da parte dell’amministratore per comunicargli che il periodo semestrale di prova non era stato superato e che il rapporto di lavoro doveva concludersi. Ma prima di applicare la clausola legata alla prova, indicata nella lettera di licenziamento, Scotto avrebbe subìto pressioni da parte di Cuccu e del direttore Casula, per i quali la soluzione più indolore del rapporto sarebbe stata una nota di dimissioni. L’ingegnere però non ha ceduto e una volta fuori dal Tecnocasic si è rivolto agli avvocati: prima il ricorso al giudice del lavoro, poi la querela che è passata dall’ufficio del pm Marco Cocco e poi da quello del collega Giangiacomo Pilia: è stato quest’ultimo a liquidare la controversia per la sua presunta irrilevanza sul piano penale. Una valutazione contestata dall’avvocato Rovelli e ora implicitamente anche dalla Procura generale, che deciderà nei prossimi giorni quali passi d’indagine compiere e su quali ipotesi di reato. Ad oggi l’inchiesta è iscritta contro ignoti, quindi non ci sono persone formalmente indagate. Se ci saranno o no dovrà deciderlo la pg Genoese, probabilmente dopo aver sentito in via formale il racconto dei fatti da parte di Scotto. Tra i vari elementi che andranno all’esame del magistrato inquirente potrebbe esserci anche l’assunzione di un tecnico successiva all’allontanamento di Scotto: mancherebbero i requisiti di legge per il ruolo che gli è stato affidato e i legali dell’ingegnere sospettano che la sua chiamata sia da mettere in relazione con l’esigenza di ottenere le dimissioni di Scotto.
Ieri mattina era in programma l’udienza in cui il gip Massimo Poddighe avrebbe dovuto trattare l’istanza di opposizione all’archiviazione avanzata da Rovelli, ma appena poche ore prima la cancelleria della Procura generale gli ha comunicato l’avocazione del fascicolo da parte del massimo ufficio requirente, decisa dalla procuratrice generale Francesca Nanni, sempre su richiesta del legale di Scotto: nel decreto firmato dal magistrato viene revocata l’istanza di archiviazione e si ipotizza che la Procura non abbia svolto le indagini indispensabili a qualificare il fatto, in particolare - come indicato dall’avvocato Rovelli - l’esame del querelante e del suo cellulare di servizio, che conterrebbe dati di interesse penale. Poddighe ha preso atto e nel giro di poche ore il fascicolo ha preso la via del secondo piano: a condurre le indagini sulla vicenda, finora iscritta contro ignoti su ipotesi di violenza privata, sarà la sostituta pg Maria Grazia Genoese. Sempre su disposizione della Procura generale, la copia del decreto di avocazione è stata trasmessa al Procuratore capo Maria Alessandra Pelagatti e al Consiglio superiore della magistratura.
La vicenda dall’inizio. Assunto a settembre del 2018 dopo una selezione di personale, Scotto lavorava ormai da sei mesi negli impianti del termovalorizzatore di Machiareddu. Nessuna contestazione, eppure ad aprile del 2019 è arrivata la chiamata da parte dell’amministratore per comunicargli che il periodo semestrale di prova non era stato superato e che il rapporto di lavoro doveva concludersi. Ma prima di applicare la clausola legata alla prova, indicata nella lettera di licenziamento, Scotto avrebbe subìto pressioni da parte di Cuccu e del direttore Casula, per i quali la soluzione più indolore del rapporto sarebbe stata una nota di dimissioni. L’ingegnere però non ha ceduto e una volta fuori dal Tecnocasic si è rivolto agli avvocati: prima il ricorso al giudice del lavoro, poi la querela che è passata dall’ufficio del pm Marco Cocco e poi da quello del collega Giangiacomo Pilia: è stato quest’ultimo a liquidare la controversia per la sua presunta irrilevanza sul piano penale. Una valutazione contestata dall’avvocato Rovelli e ora implicitamente anche dalla Procura generale, che deciderà nei prossimi giorni quali passi d’indagine compiere e su quali ipotesi di reato. Ad oggi l’inchiesta è iscritta contro ignoti, quindi non ci sono persone formalmente indagate. Se ci saranno o no dovrà deciderlo la pg Genoese, probabilmente dopo aver sentito in via formale il racconto dei fatti da parte di Scotto. Tra i vari elementi che andranno all’esame del magistrato inquirente potrebbe esserci anche l’assunzione di un tecnico successiva all’allontanamento di Scotto: mancherebbero i requisiti di legge per il ruolo che gli è stato affidato e i legali dell’ingegnere sospettano che la sua chiamata sia da mettere in relazione con l’esigenza di ottenere le dimissioni di Scotto.