La Nuova Sardegna

Agricoltura, allarme cimice asiatica in campo la vespa samurai

di Antonello Palmas
Agricoltura, allarme cimice asiatica in campo la vespa samurai

L’insetto è già presente in Sardegna ma non ha ancora danneggiato le colture. Gli entomologi dell’università di Sassari: l’antagonista è in grado di fermarla

08 dicembre 2019
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SASSARI. Sta devastando le colture di mezzo mondo e nel nord Italia è già padrona dei campi, dove sta mettendo in ginocchio interi settori dell’agricoltura. La cimice asiatica per la Sardegna è ancora uno spauracchio che non ha creato veri danni e muovendosi per tempo forse si è ancora in tempo per evitarli. A dirlo gli entomologi del dipartimento di agraria dell’università di Sassari, che per combattere l’Halyomorpha halys (questo il nome scientifico) vedono una sola strada efficace, quella della lotta biologica. Ovvero introdurre dei nemici naturali come la vespa samurari, che contrastino sul campo (è il caso di dire) l’avanzare della cimice altrimenti detta “marmorata” senza dover ricorrere alla chimica, il cui utilizzo non è mai consigliabile. Anche se la mancata autorizzazione all'utilizzo del chlorpyrifos-methyl da parte della Ue, ha fatto dire alla ministra Bellanova che «è un grave errore, al momento è l'unico rimedio», prospettando la richiesta di una deroga.

Nemico temibile. «È un insetto polifago, cioè in grado di attaccare qualunque pianta, anche la vite e l’olivo che sono estremamente importanti per agricoltura sarda – e gli effetti possibili sarebbero pesanti» dice Arturo Cocco. La cimice asiatica, di una certa dimensione rispetto ad altri, ha un apparato boccale pungente e succhiante forte, in grado di provocare al frutto danni tali da renderlo non commerciabile, anche perché col suo attacco favorisce lo sviluppo di patogeni». Nella pianura padana sta devastando meli, peri, kiwi, ma anche peschi, ciliegi, albicocchi e piante da vivai con danni che possono arrivare fino al 70% delle produzioni. «In Sardegna l’abbiamo riscontrata molto in ambiente urbano, non ancora su coltura», dice Andrea Lentini.

Monitoraggi. Il deposito delle uova avviene almeno due volte all'anno con 300-400 esemplari per volta. La prima segnalazione fu in Liguria nel 2010, in Sardegna è arrivata nel 2016 (a Cagliari). «La situazione attuale è di espansione iniziale, ma non si registrano ancora gravi danni – dice Ignazio Floris – nel 2018 è nato un gruppo di lavoro (Università di Sassari-Cnr-Agris) ed è stata predisposta una rete di trappole in tutto il territorio regionale per il monitoraggio sino al 2020». La prospettiva è pianificare tempestivamente il controllo biologico «attraverso il monitoraggio dei parassitoidi autoctoni e rilascio di quelli da introdurre – dice Floris – così da creare condizioni permanenti di contenimento evitando gravi danni in agricoltura, e non solo». Purtroppo – afferma l’entomologo – le istituzioni spesso si muovono quando scatta l’allarme per i danni subiti, ma la lotta biologica è una strategia efficace se attuata nella fase iniziale, in modo da bloccare tempestivamente la diffusione. Per questo occorrerebbe investire ora. Si spenderebbe molto meno e si otterrebbero maggiori risultati».

La soluzione. Roberto Pantaleoni sta monitorando l’isola e dal suo lavoro emerge che la cimice è ormai presente un po’ dappertutto: con l’arrivo del freddo sta cercando di entrare nelle nostre abitazioni per ripararsi. Insomma è già di casa, ha solo bisogno di qualche anno per emergere. Ci sono alcuni tipi di imenotteri antagonisti, delle piccole vespe, che parassitizzano le uova della cimice asiatica inoculando il proprio uovo da cui nasce una larva che si nutre del contenuto impedendone lo sviluppo. Una di queste si chiama Ooencyrtus telenomicida; un’altra è l’Anastatus, erroneamente detta formica alata. Ma per Pantaleoni «la più efficace è certamente la Trissolcus japonicus (la cosiddetta vespa samurai, ndc), come la Trissolcus mitsukurii arrivata in Italia con gli stessi metodi che utilizza la cimice, cioè con i mezzi di trasporto, ormai diffuso ovunque anche se con numeri bassi. Per quanto riguarda la Sardegna non abbiamo ancora dati».

Il vantaggio dell’isola. «Ci sono una serie di problemi operativi da superare per il loro utilizzo, c’è bisogno di lavorarci su con metodi scientifici. Se ci sono poche cimici e quindi poco cibo non sembra efficace, se ce ne sono troppe non bastano. Insomma occorre capire qual è il momento giusto per introdurla». dice Pantaleoni. La cimice si sposta tanto, «ma i suoi nemici sono in grado di inseguirla. Per capire come si muove abbiamo fatto ricorso con ottimi risultati alla citizen science (il coinvolgimento dei cittadini nelle segnalazioni, ndc) ovviando alla ridotta efficacia delle trappole, considerati i numeri della presenza dell’insetto, essendo in un’isola. Proviamo a sfruttare il vantaggio».

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