La Nuova Sardegna

Perseguitato dopo l’outing a processo madre e fratello

di Enrico Carta
Perseguitato dopo l’outing a processo madre e fratello

La famiglia di un 46enne gay dell’Oristanese non ha accettato la rivelazione L’uomo, sposato e padre di due figli, sarebbe stato discriminato e minacciato

12 dicembre 2019
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ORISTANO. Poche parole e il figlio viene cancellato dalla vita della madre. La confessione avviene in giardino e la donna, ferita dall’aver appreso che il suo ragazzo, che qualche anno prima aveva accompagnato all’altare e che le aveva dato la gioia di due nipotini, ora abbia un compagno, da quel momento vive un dramma che si trasforma in discriminazione. Quel dramma resta dapprima confinato nell’ambito familiare, poi arriva in tribunale. La donna non è la sola imputata: con lei c’è anche il figlio maggiore ed entrambi devono rispondere di atti persecutori, reato più conosciuto come stalking.

Secondo il pubblico ministero Daniela Caddeo c’era una vita da rendere impossibile, da far annegare nel mare dell’incomprensione, da annientare come in quella cena del film Mine vaganti in cui il padre dice al figlio che si è appena dichiarato omosessuale: «Fai la valigia e te ne vai da questa casa, anzi te ne vai da questa città perché io qui non ti voglio vedere più». La scena si ripete, stavolta vera, con parole simili anche in un importante centro dell’Oristanese, dove però l’ostracismo nei confronti del figlio gay non sarebbe stato l’ultimo atto. È la stessa parte offesa, primo testimone dell’accusa al processo in cui è parte civile assistito dall’avvocato Romina Marongiu, a raccontare quel giorno e i due anni successivi, tra il 2016 e il 2018, in cui tutto cambia. L’antefatto è un incontro con un esponenti della comunità Lgbt per un evento pubblico. È in quell’occasione che conosce quello che diventerà il suo compagno di vita. «È stato uno sconvolgimento per me, poi ho accettato il fatto di essere omosessuale. Ne ho parlato per prima con mia moglie, dalla quale avevo avuto i due figli, e insieme abbiamo fatto un percorso psicoterapeutico». È stato al termine di quegli incontri con lo specialista che decide di compiere l’ulteriore passo con la madre, ma la reazione è opposta. Il nuovo compagno non viene mai accettato e inizia il calvario: «Mi diceva: non voglio un figlio gay (la parola usata è stata un’altra, ndr), tu per me sei morto, ti tengo lontano dai parenti, non sei adatto a crescere due figli. È stato allora che ha buttato fuori di casa i miei indumenti e ha minacciato di rivelare tutto ai genitori di mia moglie. Io mi sono piegato a quest’odio che cresceva sempre più. Le dissi che le davo la possibilità di amarmi per ciò che ero, invece non ho avuto un segno di comprensione».

È allora che, sempre secondo il racconto della vittima, sono iniziate le offese quotidiane accompagnate dall’invito al suicidio «che avrebbe lavato il disonore» e spalleggiate dalle parole spesso minacciose del fratello maggiore. Nel frattempo la madre racconta tutto ad altre persone: «Le contattava affinché intervenissero per correggermi, cercava di farmi isolare dalla comunità che però ha risposto in maniera ben diversa, a differenza di mio fratello minore col quale non ho più contatti». Per sfuggire a offese, minacce e in un’occasione a delle bastonate succede che anche la quotidianità cambia. «Io e mia moglie – dice il 46enne – abitiamo al piano superiore della casa di famiglia e per non farci vedere uscivamo o rientravamo solamente quando era buio». Poi ci sono i due figli che conoscono la situazione e ne restano vittime, come la volta in cui «il grande chiese alla nonna: se io fossi stato come papà, cosa mi avresti fatto? E mia madre gli rispose che in altri tempi gli omosessuali sarebbero diventati saponette. Saresti dovuto andare via anche tu e morire».

Dura più di due ore la deposizione di fronte alla giudice Federica Fulgheri, la quale ha ascoltato anche le dichiarazioni spontanee della madre e del fratello, assistiti dagli avvocati Gesuino Loi e Romina Pinna. È stata soprattutto la donna a parlare: «Ho saputo della sua omosessualità solo a 40 anni, me l’ha detto in cortile e mi è piombata questa cosa addosso. Era il primo figlio che si era sposato e non mi ha dato il tempo di capire. Adoro i miei nipoti e sono stata privata di loro. Sono una donna d’altri tempi, non potevo capire cosa stava succedendo. Ero io che evitavo di uscire di casa per non scontrarmi con lui». Ora devono incontrarsi per forza. Il 3 febbraio c’è la prossima udienza per andare alla ricerca della verità.

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