La Nuova Sardegna

L’ultimo avviso dei pastori «Pronti a tornare in piazza»

di Claudio Zoccheddu
L’ultimo avviso dei pastori «Pronti a tornare in piazza»

La politica sotto accusa: «Il decreto emergenza è ancora in alto mare» Nel mirino anche gli industriali: «Prezzo unico e inferiore ai costi di produzione» 

14 dicembre 2019
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SASSARI. È l’ultimo appello, l’ultima possibilità per evitare che i pastori di tutta la Sardegna ritornino sulle strade con una scia di proteste che si annunciano “più esasperate rispetto a quelle dell’anno scorso”. Nel mirino dei pastori senza bandiere c’è la classe politica, regionale e nazionale, colpevole di non aver risolto i problemi denunciati dagli allevatori a febbraio. «Siamo all’inizio della nuova campagna casearia e le pratiche degli industriali sono identiche a quelle degli anni precedenti – affermano Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi, due portavoce della protesta –. Agli allevatori viene offerto un unico prezzo concordato, facendo di fatto cartello, in barba alle raccomandazioni dell’Agcom. E il prezzo è al di sotto dei costi di produzione ed è inferiore anche a quello che si potrebbe dare sulle basi delle condizioni di mercato». Negli ultimi mesi, dicono i pastori, il prezzo del pecorino romano avrebbe superato i 7 euro al chilo senza di eccedenze, tanto che la cooperazione potrebbe chiudere la campagna 2019 con saldi superiori ai 90 centesimi. Nella sostanza, però, nulla sarebbe cambiato: «Ci troviamo nelle stesse condizioni dell’anno scorso, quelle che hanno determinato la rivolta dei pastori». Anche sulle responsabilità ci sono pochi dubbi: «Sono da ricercare nella lentezza delle risposte della politica e della burocrazia anche quando le soluzioni vengono individuate, concordate e siglate».

Decreto emergenza. La sua peculiarità era chiara e riportata nel nome. Invece, pare che qualcosa ne abbia bloccato il carattere prettamente straordinario: «Sta ultimando le fasi istruttorie e non ha portato alcun vantaggio alla remunerazione del latte nella campagna precedente – spigano Sanna e Falchi –. Il tavolo che dovrebbe esaminare gli andamenti dei prezzi del pecorino romano nel 2019 e determinare il conguaglio che gli industriali devono versare in base agli accordi siglati in Prefettura non viene convocato».

La filiera. La riforma che avrebbe dovuto rivoluzionarla non è ancora partita ma anche l’organismo interprofessionale sembra congelato: «Oilos non parte perché chi la dirige non intende fare il lavoro che è stato affidato dal Ministero – dicono i due portavoce dei pastori –. Il piano del consorzio è fermo alla versione che è stata bocciata dagli allevatori e da molte cooperative, senza che i Cda abbia avviato le interlocuzioni necessarie a apportare le modifiche che dovrebbero spostare il potere contrattuale dalla parte della trasformazione a quella della produzione».

Politica e associazioni. Sono entrambe nel mirino. Agli amministratori si contesta l’estrema lentezza, ai rappresentanti delle categorie la poca chiarezza: «È evidente per noi che senza una politica forte e presente che costringa ciascuno a prendersi le proprie responsabilità si andrà incontro a nuove proteste, probabilmente ancora più esasperate rispetto a quelle dell’anno scorso – annunciano i rappresentanti dei pastori –. Anche perché le associazioni di categoria dormono e non si capisce da che parte stiano, visto che non si conoscono né le iniziative che intendono prendere né la loro posizione rispetto al piano di regolazione. Neanche le denunce potranno avere effetti sulla rabbia dei pastori. Come rappresentanti non ci sentiamo responsabili dell’eventuale ripresa delle proteste in forme forse più forti. Abbiamo davvero fatto tutto il possibile per trovare soluzioni anche sopportando critiche di colleghi che erano scettici sulla presenza costante della politica e sull’effettiva volontà degli industriali di raggiungere un accordo».

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