La Nuova Sardegna

Bimbo segregato ad Arzachena: chiesto il giudizio immediato per genitori e zia

di Marco Bittau
Bimbo segregato ad Arzachena: chiesto il giudizio immediato per genitori e zia

I tre sono accusati di maltrattamenti verso l’undicenne e sequestro di persona

24 dicembre 2019
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ARZACHENA. Il gip del tribunale di Tempio ha deciso: giudizio immediato per i genitori e la zia del bambino di 11 anni segregato nella casa del terrore ad Arzachena. L’inchiesta della Procura è chiusa e tutti e tre sono accusati di maltrattamenti e sequestro di persona. La svolta dopo la confessione choc della zia, arrestata dai carabinieri lo scorso 10 dicembre. «...Ammetto di aver fatto tutto ciò di cui sono accusata», aveva detto la donna davanti al gip Caterina Interlandi. Assistita dal suo difensore, l’avvocato Angelo Merlini, dopo tre ore di interrogatorio serrato, aveva spalancato la porta d’ingresso all’inferno domestico in cui aveva contribuito a costringere il malcapitato nipotino.

La “casa degli orrori” era stata scoperta dai carabinieri del reparto territoriale di Olbia il 29 giugno scorso. Era stato lo stesso bambino a chiamare il 112 con un telefono cellulare senza sim e i carabinieri si erano precipitati nell’abitazione della famiglia. Davanti agli occhi dei militari una scena da non credere. Il padre e la madre del bambino – 47 anni lui e 45 lei, entrambi assistiti dagli avvocati Marzio Altana e Alberto Sechi – erano stati immediatamente arrestati e da agosto si trovano ai domiciliari. Il colpo di scena però è arrivato due settimane fa quando i carabinieri hanno arrestato a Olbia anche la zia del piccolo, cognata del padre. Una donna di 41 anni da subito indicata come la regista di quanto accadeva nella “casa degli orrori” di Arzachena. L’istigatrice dei maltrattamenti e delle violenze fisiche e psicologiche inflitte a un bambino di 11 anni.

A incastrare la zia sono state le telefonate trovate nel cellulare della madre del bambino registrate attraverso una app forse scaricata inconsapevolmente, da cui è emerso come fosse lei a indicare a sua cognata come comportarsi col figlio e a istigarla a mettere in atto le più umilianti e terribili punizioni per “correggere” il comportamento del bambino.

Per intimorirlo e soggiogarlo gli facevano ascoltare delle registrazioni con voci alterate, così da sembrare sataniche, con cui veniva minacciato di essere portato all’inferno, di morire di fame, di essere torturato e ucciso dai demoni. Insieme ai cellulari, erano stati sequestrati anche tre diari choc nei quali il bambino raccontava dei maltrattamenti e delle vessazioni subite da anni soprattutto da parte della madre, senza che il padre si opponesse, e parlava anche della zia come complice nelle angherie inflitte. Raccontava delle docce fredde, anche dodici al giorno, dei colpi col tubo in gomma dietro le ginocchia, di quando i genitori uscivano e lo chiudevano per punizione nella sua stanza al buio. Scriveva che voleva andare in seminario, che si sentiva triste. E nei diari inventava un amico immaginario con cui parlare. Insomma, una storia di violenza incredibile che la Procura di Tempio (il procuratore Gregorio Capasso e i sostituti Luciano Tarditi e Laura Bassani) e i carabinieri di Olbia e Arzachena hanno ricostruito grazie a una minuziosa attività investigativa condotta secondo il Codice rosso e il protocollo attivato dalla stessa Procura di Tempio a tutela delle vittime di violenza.

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