La Nuova Sardegna

La Maddalena, il Club Med cade a pezzi cancellato dalla burocrazia

Serena Lullia
La Maddalena, il Club Med cade a pezzi cancellato dalla burocrazia

Dopo l’addio dei francesi il rilancio della struttura non è mai arrivato

01 dicembre 2019
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LA MADDALENA. Il mare e la pineta assistono in malinconico silenzio alla sua progressiva decadenza. Il vento accarezza leggero ringhiere arrugginite ormai collassate, tetti crollati, soffitti scrostati. Solo i bungalow con la testa di paglia rimangono su superbi, mimetizzati tra la vegetazione cresciuta senza regole. Questo è ciò che resta del glorioso villaggio delle vacanze in stile francese. Il Club Méditerranée. Per chi ha lavorato nella struttura di Caprera aperta nel 1954 come “Village magique” e per chi lì ha trascorso le estati in costume e pareo, il complesso abbandonato di Cala Garibaldi genera nostalgia mista a rabbia. Nei 13 anni dalla sua chiusura la classe politica e i privati non sono stati capaci di dare un futuro all’ex albergo diffuso se non proponendo progetti di cemento destinati a non trovare la benedizione né delle leggi, né della comunità. Gli annunci di un imminente bando per l’affidamento ai privati sono diventati stucchevoli. Nessuno ci crede più. Sullo sfondo uno snervante ping pong tra la Regione, proprietaria dell’area e il Comune, che nelle mani ha gli strumenti urbanistici per dettare le regole di sviluppo. Cagliari dice di avere nel cassetto la gara per affidare la parte a terra ai privati, ma le linee guida sono ancora un mistero. Dice di essere solo in attesa del Comune. L’amministrazione del sindaco Luca Montella ha chiarito che a Caprera può sorgere solo una struttura alberghiera ecofriendly, senza nuove cubature, che faccia turismo ma preservi un angolo di paradiso sacro per la comunità locale. Intanto prosegue il nostalgico pellegrinaggio verso il tempio decaduto. Con sentimenti contrastanti nel cuore. La paura che anche il Club Med finisca nella lunga lista di opere mai riqualificate nell’isola, piene solo di promesse elettorali. E il terrore che risorga come un mostro di cemento, violando per sempre il paradiso amato da Garibaldi.

Vietato l’accesso. Regione autonoma della Sardegna. Vietato l’accesso. Pericolo. I cartelli piantati sui tronchi dei pini impongono l’alt ai curiosi. Un nastro bianco e rosso ormai ridotto a un filo sottile è la barriera sistemata dalla Regione per difendere dagli intrusi il gioiello di cui è proprietaria. Di notte le guardie giurate vigilano sull’eden turistico che dava lavoro a 150 persone e ospitava oltre 1200 turisti francesi, belgi, svizzeri. Ma da Cala Garibaldi è sufficiente sollevare il nastro arricciato dal vento per mettere piede nel sacro tempio delle estati hippy. Dove oggi c è solo silenzio, fino al 2004 c'erano feste di ogni tipo, cene a tema, l'anfiteatro ospitava spettacoli e musical, si ballava e si cantava tutta la notte. Sotto i pini che fanno il solletico al cielo si ascolta la pace. Il vento di maestrale che schiaffeggia con violenza la banchina di cemento, in parte crollata, non ha diritto di ingresso. Tra gli alberi sono mimetizzati quelli che erano un tempo bar, ristoranti, anfiteatro, punti di accoglienza. Le parti in muratura sono le più devastate. Pioggia, tempo, salsedine hanno lavorato in squadra per scartare pareti e tetti. Sulle gradinate dell’anfiteatro una coperta di terra e aghi di pino. L’angolo bar con vista panoramica su Cala Garibaldi ha il tetto collassato. La grande terrazza sul blu ha il pavimento in parte sventrato. Impossibile non sbirciare tra i tucul, un po’ il simbolo della vacanza al Club Med che aveva nella semplicità il tratto distintivo. Eccole le capanne cilindriche foderate di paglia, ognuna con un nome. L’arredamento è ancora dentro i bungalow dimenticati. Interni intatti, senza una sola traccia di umidità. Solo polvere. Sul pavimento, sui letti arrampicati uno sull'altro, sugli armadi e i comodini incolonnati. Sistemati alla fine dell’estate 2005, in attesa della stagione successiva, mai partita.

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Dai tucul alle suite. Alla fine del 2013 il colosso francese della vacanza in stile hawaiano fa le valigie. Nel 1954 aveva ottenuto le chiavi dell’area demaniale fronte mare dalla Regione, proprietaria degli spazi tra sabbia e pinete. La concessione viene rinnovata nel 2004 con un canone 210 mila euro. Il gruppo francese vincola la sua capacità di assolvere l’impegno economico con la riqualificazione della struttura. Via i tradizionali ed ecosostenibili tucul. Al loro posto suite di cemento. Un altro modo di vivere l’accoglienza estiva, nulla a che vedere con lo stile club Med che lo aveva reso famoso nel mondo. Sul piatto 40 milioni di euro. Una esigenza irrinunciabile per la società francese per fare fronte, a suo dire, alle nuove esigenze dei clienti, sempre più lontani da modello di vacanza da Robinson Crusoe e più vicina a quella dei nababbi. Ma il progetto da 600 posti letto, presentato in quattro versioni, non supera l'esame dell'amministrazione regionale guidata da Renato Soru. Nulla cambia nei cinque anni successivi con il governatore Ugo Cappellacci. Il disinteresse bipartisan spinge il Club Méditerranée a salutare Caprera. Chiuso dal 2006 in attesa del via libera al cemento nella pineta, nel 2013 l’amministrazione comunale di centrosinistra con voto unanime del Consigli chiede alla Regione di cedere l’area occupata dal Club Med, così da gestire la riqualificazione in prima persona. La Regione fa un aeroplanino di carta con quel documento.

Promesse, misteri e verità. La Regione da almeno un anno dice di essere pronta a pubblicare il bando internazionale di cessione dell'area di Caprera ai privati. L’annuncio della giunta Pigliaru viene replicato dalla giunta Solinas seppur di colore diverso. Nessuno, come previsto dalla legge, ha visto il bando di gara, ma la comunità isolana troppo spesso depredata dei suoi gioielli chiede di conoscere le linee guida. I paletti che impediranno al cemento di farsi strada con sfrontatezza tra pini e sabbia. Le regole che non metteranno alla porta i maddalenini. La Regione chiede al Comune di approvare la variante che configuri la nuova destinazione urbanistica dalla zona. Serve una modifica al Puc che indichi se si può costruire ex novo e come o solo riqualificare l'esistente. Quali edifici abusivi debbano essere abbattuti. C’è poi l’area a mare che è del Demanio. Ma la cui gestione, in caso di concessione per un numero di anni elevato diventerebbe diretta competenza del ministero. Ed è ovvio che nessuna struttura ricettiva possa vivere senza moli e banchine. «Ho chiesto alla Regione un tavolo in cui stabilire insieme le regole in vista di una struttura ecosostenibile di ultima generazione – dichiara il sindaco Montella –. Che guardi al futuro dei prossimi venti anni. E he non metta alla porta ancora una volta la comunità maddalenina che ha il diritto di chiedere sviluppo ma nel rispetto del suo territorio».
 

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