La Nuova Sardegna

L’attore che riempie i teatri con i classici tradotti in sardo

di Giusy Ferreli
L’attore che riempie i teatri con i classici tradotti in sardo

Giovanni Carroni e il suo “Macbettu” hanno collezionato premi in tutta Italia. «La lingua nuorese, così dura e tagliente, è molto più efficace dell’italiano»

27 gennaio 2020
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NUORO. Il lavoro di una vita condensato in uno spettacolo straordinario, del quale ha curato la traduzione in sardo nuorese ed è in scena nelle vesti di Banquo. E non inganni la “u” finale di "Macbettu": il crudele re scozzese immortalato da William Shakespeare, che rivive nei palcoscenici di mezzo mondo parlando in nuorese con una forza inaspettata e dirompente, non ha nulla di folcloristico. Il testo in limba che prende vita è il frutto di anni di ricerca e sperimentazioni linguistiche che Giovanni Carroni, artista nuorese precursore dell'utilizzo del sardo, porta avanti dal 1989.

I tempi allora non erano maturi: una produzione di 20 anni fa, sempre di Sardegna Teatro, simile al "Macbettu", "Paska Devaddis" di Michelangelo Pira, per la regia del celebre Theodoro Terzopoulos , non ebbe molta fortuna. Carroni che aveva perso le speranze di poter realizzare il sogno di vedere la lingua sarda protagonista dei palcoscenici internazionali non ha desistito. E anni dopo, grazie al fortunato incontro con il regista Alessandro Serra e all’ispirazione presa dai carnevali barbaricini, immaginò il Macbeth il lingua sarda, la nascita e il successo del "Macbettu".

«Inizialmente Serra – racconta l'attore barbaricino – , ha curato una riduzione in lingua italiana del Macbeth di Shakespeare, sulla quale io potevo lavorare per la mia traduzione. Una volta che io ho tradotto in sardo nuorese dal testo iniziale italiano, chiaramente tradendo tantissimo e adattando molto a quelle che sono le peculiarità linguistiche e semantiche barbaricine, lo stesso Serra si è reso conto che ritraducendo dal sardo nuorese in italiano veniva fuori una versione molto più asciutta ed efficace del testo. Tant’è che nel display dei tanti teatri della penisola dove siamo stati abbiamo utilizzato questa versione».

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Questo a dimostrazione che l’utilizzo del nuorese non solo non aveva tolto efficacia e forza al testo originale ma gli aveva dato maggiore verità. Solo il titolo è stato “nuoresizzato” in Macbettu, tutti gli altri nomi del testo, di luoghi e di persone, sono rimaste nell'originale inglese mentre nello spettacolo, in particolare per le parti relative all'incontro di Macbettu – interpretato da Leonardo Capuano – con le streghe, hanno fatto la loro comparsa "sos berbos" e "sos irroccos" della tradizione barbaricina totalmente assenti nel testo originale. «La traduzione che ho curato – prosegue Carroni – non parte dalla scrittura ma dall'oralità, perché la nostra lingua è prima di tutto materia orale. Perciò la prima cosa che ho voluto rispettare è stata quella della musicalità, della sonorità delle parole, un'attenzione particolare affinché le parole, le battute rotolassero, cantassero. D'altronde, nella tradizione della narrazione e della poesia orale sarde c'è un ritmo preciso da rispettare, quello stesso che mi ha ispirato e guidato nel lavoro».

Una piccola, grande rivoluzione culturale sostenuta da motivazioni profonde. «Pur conservando il più possibile la sua forma originaria – sottolinea l'attore – la lingua sarda deve essere praticata nella contemporaneità, altrimenti diventa mera materia museale, cristallizata e inservibile. Una lingua per essere vera deve vivere nel presente non nel passato. Anche col sardo c'era lo stesso rischio che potevamo correre con la lingua italiana: renderla letteraria, accademica e peggio ancora folclorica, nell’accezione negativa del termine». Tutto questo non è accaduto, anzi.

La produzione di Sardegna Teatro ha vinto, per la prima volta nella storia del teatro sardo, il premio Ubu come miglior spettacolo dell'anno 2017 e nello stesso anno il premio Anct (Associazione nazionale dei critici di teatro). Poi è arrivato anche il premio Le Maschere del Teatro Italiano 2019 come miglior spettacolo di prosa e ad Alessandro Serra è stato attribuito il premio di miglior scenografo. A dicembre del 2019 alla Triennale di Milano la 200esima replica. Lo spettacolo ha toccato 20 nazioni e a marzo sarà ad Hong Kong. A maggio appuntamento al Barbican di Londra, la culla del teatro shakespeariano.

«In Sardegna mi chiedono spesso come facciamo a farci capire all'estero o nel resto d’Italia. E questo denota una scarsa stima della propria lingua. Dietro c’è sempre quella resistenza legata al complesso di inferiorità duro a morire. O anche perché la maggior parte ignari che la storia del teatro italiano è costellata di lingue altre, come la lingua del lituano Eimuntas Nekrosius che per 25 anni ha proposto i suoi spettacoli su Shakespeare e Cechov. E non c’era nessuno che batteva ciglio o abbandonava il teatro. Per me quel che era certo fin da subito è che la lingua nuorese, così dura e tagliente, aspra, sia molto più efficace dell'italiano».

L'operazione culturale compiuta da Carroni si somma ad un'esperienza di lavoro unica e totalizzante. «È rarissimo che un attore, io sono in scena nella veste di Banquo, sia anche traduttore del testo e possa lavorare a contatto stretto con gli altri attori e il regista». E va avanti efficacemente. Così efficacemente che di recente la casa editrice Ilisso ha curato una pubblicazione del testo in lingua sarda, con la versione italiana a lato e con le foto di scena di Alessandro Serra.
 

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