La Nuova Sardegna

Metano ed elettrodotto, incontro chiave al Mise

di Giuseppe Centore
Metano ed elettrodotto, incontro chiave al Mise

Oggi il confronto sull’addio al carbone anche in Sardegna previsto nel 2025 Regione, imprese e parti sociali attendono le indicazioni del governo

31 gennaio 2020
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Primo incontro questa mattina alle 11 al Ministero dello sviluppo economico per mettere ordine nella complessa partita dell’energia. Convocata e presieduta dalla sottosegretaria Alessandra Todde la riunione dedicata alla Sardegna, alla quale parteciperanno Regione, enti locali, imprese e associazioni ambientaliste, oltre a Legambiente anche Greenpeace, è solo il primo passo di un articolato cammino che dovrà indicare come e se sarà possibile anche per l’isola dire addio al carbone nel 2025.

A oggi questa soluzione non c’è ancora per ragioni strutturali e tecniche più che politiche. Ma se anche non si potrà dire addio al peggior combustibile fossile per quella data sarebbe altrettanto importante tracciare un percorso, definire una data. Più o meno come hanno deciso due giorni fa i tedeschi che si sono impegnati a chiudere entro il 2030 cento centrali a carbone, mettendo sul piatto ben 2.2 miliardi di euro, destinati a imprese e territori. In Italia questo processo non potrà essere riprodotto, se non altro per le risorse, ma avviato sì. E per farlo già in queste settimane, se non oggi, dovranno essere assunte alcune decisioni strategiche.

Il cavo. La prima riguarda il cavo triterminale che dalla Sardegna dovrebbe giungere alla Sicilia e poi risalire in Campania. Un’opera necessaria per dire addio al carbone e mettere in sicurezza la rete nazionale che nell’immediato futuro vedrebbe sempre più concentrarsi le produzioni di energia a sud, soprattutto rinnovabili, e il consumo a nord. Per questo chiudere il “cerchio” tra le due aree dello Stivale con un secondo collegamento con la penisola diventa strategico non per la Sardegna ma per tutto il paese. E non a caso questa opera è definita appunto strategica da Terna che conta di investire in questa infrastruttura oltre due miliardi di euro. Ambienti vicini a Terna però confermano che le interlocuzioni con le Regioni interessate sono sì avviate ma che il progetto è ad un stadio «molto embrionale». A voler essere ottimisti tra dieci anni il nuovo cavo andrà in esercizio, eppure la sua realizzazione è definita essenziale per dire addio al carbone, perchè le due centrali sarde che bruciano il minerale, Fiumesanto e Portovesme avranno bisogno di tempo per completare il passaggio da carbone al ciclo combinato a gas. Nel frattempo la rete dovrà essere comunque resa stabile ed efficiente.

A questo punto entrano le manovre politiche. Nelle scorse settimane il nuovo cavo, per ragioni non sempre trasparenti, è stato messo in contrapposizione, se non in antitesi alla metanizzazione. Legambiente, ad esempio ha detto sì al cavo e no alla dorsale, e su questo contrasto sta giocando le sue carte; Eph e pezzi di sindacato del nord Sardegna dicono no al cavo e sì alla dorsale. La Cgil regionale nno vede i due progetti contrapponibili. In realtà i due sistemi non sono antitetici ma complementari, ma ora scontano lo stesso handicap: i tempi.

La dorsale. Per dire addio al carbone i produttori delle due centrali, Enel a sud e Eph a nord, chiedendo certezze sui tempi, sul prezzo del nuovo combustibile che sostituirà il carbone (considerando non dato per acquisito il progetto delle biomasse per Eph), sulle sue quantità e sulle caratteristiche dei progetti. Entrambe le imprese hanno diversi scenari aperti. Enel, ad esempio, ha un contratto che prevede il conferimento dei gessi prodotto dalla combustione del carbone sino al 2027 alla Carbosulcis per il riempimento dei vuoti, e, notizia di questi giorni, sarebbe pronta a fornire di energia la Sider Alloys per i prossimi dieci anni (ex Alcoa) ma a un prezzo ora raggiungibile solo dal carbone. Dire addio al minerale metterebbe in dubbio la sostenibilità dell’intesa (qui il vero motivo della fidejussione). Ecco perchè servono subito centrali a gas, ma per averle servono capaci rigassificatori, non certo i quattro certi depositi costieri. Il nord Sardegna è l’anello più debole della catena. Non si sa ancora dove realizzare né il deposito né il rigassificatore. Certo L’area industriale di Porto Torres è grande e adattissima, ma ci vuole qualcosa di più che una idea per le prime autorizzazioni.

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative