La Nuova Sardegna

«È vivo grazie a mio figlio vorrei abbracciarlo»

di Luciano Onnis
«È vivo grazie a mio figlio vorrei abbracciarlo»

Parla la madre di Davide: i polmoni del ragazzo donati a un 18enne a Milano «Era generoso, sono sicura che è felice di avere aiutato altre persone»

30 maggio 2020
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SAMASSI. «Mio figlio non c’è più, ma in futuro spero di poter incontrare le cinque persone che adesso vivranno grazie a lui».

Ignazia Sanna è la madre di Davide Trudu, morto dopo una caduta da un trattore ma che ha ricominciato a vivere nel corpo delle cinque persone a cui sono stati destinati i suoi organi, donati generosamente dai familiari. Fra questi c’è Francesco, un 18enne lombardo a cui il Covid-19 ha letteralmente bruciato entrambi i polmoni in appena venti giorni e che era ricoverato in terapia intensiva dall’inizio di marzo, intubato e collegato alla macchina per la circolazione extracorporea. Un caso rarissimo, il giovane non aveva altre patologie, risolto con il primo intervento di questo tipo completato in Europa, dopo due simili avvenuti in Cina.

Altre quattro persone hanno ricevuto gli organi di Davide: il cuore è andato a una donna sarda residente in continente, il fegato è stato destinato in Emilia Romagna mentre i reni sono rimasti in Sardegna. Ignazia Sanna, 48 anni, d’accordo con gli altri tre figli tutti più piccoli di Davide, e con il sostegno del compagno Rinaldo, ha avuto la forza di anteporre alla tragedia un gesto di immensa generosità, dando l’assenso alla donazione degli organi del figlio morto a cui non aveva potuto dare neppure una carezza d’addio per via delle disposizioni ospedaliere sul contenimento del coronavirus. Comprensibilmente una madre, davanti a un dramma di queste proporzioni, si lasci vincere dal dolore e dalla disperazione. Lei, la mamma di Davide, no. Nonostante avesse il cuore a pezzi, ha avuto la forza di guardare in faccia la realtà. E l’ha affrontata con la generosità di cui è capace, nella certezza che il suo Davide, da lassù, abbia approvato la scelta di regalare la vita con i suoi organi ad altre cinque persone. «Nel sapere e pensare in ogni momento che mio figlio non c’è più e non lo potrò più avere con me, mi dà tanta forza l’avere ridato la vita ad altre persone», confessa Ignazia Sanna gonfia d’amore e di orgoglio materno. la donna è molto provata, ma reagisce. Anche perché ha in casa gli altri tre figli da crescere: Maikol, Giada e Nicolò, avuti come Davide dal marito Pino morto sette anni fa dopo una grave malattia. Ha poi incontrato nella sua strada l’attuale compagno, il primo a ricevere la notizia che Davide se n’era andato per sempre. Era domenica mattina, il giorno dopo l’incidente, quando è arrivata una telefonata dall’ospedale che annunciava la scomparsa di Davide e la necessità della presenza dei familiari, ai quali il primario e i medici del reparto di rianimazione hanno prospettato la possibilità di una donazione degli organi. Da una parte c’era lo strazio per Davide andato via per sempre, dall’altra la necessità di prendere una decisione immediata. «Ne ho parlato immediatamente con Maikol – racconta Ignazia – . La decisione l’abbiamo presa assieme ed è stato un “si” convinto. Con la donazione dei suoi organi, Davide avrebbe dato una speranza di vita ad altre persone sfortunate».

E così è stato. E ora la madre di Davide vorrebbe conoscerli, tutti e cinque: «Mi piacerebbe abbracciarli, Francesco e gli altri, sapendo che una parte del mio ragazzo vive in loro e loro vivono grazie a lui».

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