La Nuova Sardegna

Coronavirus, i test sierologici vietati solo in Sardegna

di Mauro Lissia
Coronavirus, i test sierologici vietati solo in Sardegna

Furibondi i titolari dei laboratori: «Forse hanno paura di conoscere la verità»

05 giugno 2020
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CAGLIARI. I test sierologici che si stanno eseguendo in tutta Italia per monitorare e prevenire il contagio da Covid-19, in Sardegna sono vietati da ieri mattina perché la Regione non li ritiene attendibili e c’è il rischio che si generi «un carico indotto non appropriato per il sistema pubblico». Era tutto pronto, una cinquantina di laboratori privati stavano per offrire ai cittadini gli esami basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG specifici per il virus che nell’isola ha provocato 131 morti. Con una spesa fra i 30 e i 40 euro chiunque, prenotandosi a un laboratorio di qualsiasi città sarda, avrebbe potuto sottoporsi a un controllo accreditato di un tasso di attendibilità tra il 99,2 e il 99,5 per cento, un metodo alternativo al tampone per sapere se il proprio sistema immunitario è entrato in contatto, anche senza manifestare sintomi, col temutissimo virus. Ma ieri è arrivata la doccia fredda: una nota della direzione generale della sanità firmata da Marcello Tidore ha informato i vertici delle amministrazioni sanitarie pubbliche e le associazioni delle strutture private che i test anticorpali possono essere utilizzati per indagini epidemiologiche ma non per la diagnostica. In altre parole: si possono fare a Roma o a Milano ma in Sardegna sono vietati.

Per la Regione dunque il solo test attendibile è il tampone. Mentre quelli alternativi - secondo la direzione regionale - provocherebbero un elevato numero di falsi positivi e falsi negativi «con conseguenze particolarmente gravi sulle misure di prevenzione e controllo dell’infezione, come ribadito dal Ministero della salute con la circolare del 9 maggio». Ma è proprio su questo punto che le rappresentanze dei laboratori privati esprimono dissenso: «È un’affermazione inaccettabile - accusa Francesco Cogoni, presidente regionale di Assolab, l’organizzazione che riunisce 45 strutture in Sardegna - perché allora dovremmo pensare che nelle altre regioni italiane siano impazziti». I numeri sembrano confermare il contrasto di valutazioni tra la Regione sarda e il resto d’Italia: «Ovunque sono i medici a chiedere i test - avverte Cogoni - e sappiamo che c’è anche qualche struttura pubblica che li fa. Allora come funziona qui, i sardi sono diversi?». Cogoni contesta con forza il giudizio di inattendibilità degli esami anticorpali contenuto nella nota regionale: «Sono dati conosciuti in tutto il mondo, con il test basato sul prelievo del sangue venoso siamo tra il 90 e il 95 per cento. Allora in base a quali valutazioni scientifiche viene imposto questo divieto? Forse la verità è un’altra, forse c’è il timore di stabilire con certezza qual è il livello reale del contagio in Sardegna. Altrimenti non si spiega, offriamo un servizio utilissimo ai cittadini che non ha alcun costo per la Regione, ma ce lo vietano».

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