La Nuova Sardegna

L’INCUBO CHE HA CAMBIATO LE NOSTRE VITE

di SILVIA SANNA

Impossibile dimenticare quei giorni terribili di fine marzo, quando i contagi e le vittime aumentavano velocemente e c’era il terrore che la situazione potesse degenerare sino a diventare ingestibile...

19 giugno 2020
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Impossibile dimenticare quei giorni terribili di fine marzo, quando i contagi e le vittime aumentavano velocemente e c’era il terrore che la situazione potesse degenerare sino a diventare ingestibile per la nostra sanità già così fragile. Poi la bolla invece di esplodere si è sgonfiata e il virus ha iniziato la lenta ma costante ritirata. L’apnea è finita, il respiro collettivo è ritornato normale. Tre mesi dopo il Covid c’è ancora ma fa meno paura. Il suo passaggio è stato devastante, soprattutto per alcuni che hanno pagato un prezzo altissimo: il coronavirus si è portato via in un amen persone care senza neppure la consolazione dell’ultimo saluto. Moltissimi anziani tra le 132 vittime, quasi tutti affetti da gravi patologie ma che in assenza del virus probabilmente avrebbero vissuto qualche anno in più e soprattutto immaginavano un commiato molto diverso, denso di affetto e sguardi amorevoli. Ora che la vita è ricominciata – pur se segnata da distanze, amuchina e mascherine – la Sardegna tira le somme. Se per numero di vittime e contagiati – 1367 – siamo stati fortunati rispetto ad altre realtà, le ferite, emotive e non solo, ancora sanguinano. L’economia, di partenza debolissima, è azzoppata. I posti di lavoro persi sono migliaia, le attività che hanno abbassato la serranda per non sollevarla mai più aumentano giorno dopo giorno. Gli striscioni colorati “andrà tutto bene” sono stati sostituiti dai cartelli “affittasi” o “vendesi”. Per settori cruciali come il turismo sarà una stagione da dimenticare, con perdite tra il 50 e il 70% e una marea di precari – almeno cinquantamila – rimasti a spasso. Risollevarsi sarà durissima, ma siamo qui e ce la possiamo fare. Dobbiamo farlo innanzitutto per chi non c’è più e per chi in questi mesi la malattia l’ha sconfitta. Nessuno può dire che sia finita, perché questo virus era e resta sconosciuto. Potrebbe ripresentarsi e per questo dobbiamo essere bravi ad arginarne la diffusione. Come? Rispettando le regole di sicurezza, riprendendoci la vita anche nei suoi aspetti più leggeri ma senza sottovalutare il pericolo. Le immagini dei tifosi napoletani che festeggiano la vittoria abbracciandosi e baciando la Coppa Italia sono uno schiaffo dopo tre mesi di dolore e privazioni. Non seguiamo quel cattivo esempio.



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