La Nuova Sardegna

Mesina, l’isola al setaccio perquisiti ovili e villette

di Valeria Gianoglio
Mesina, l’isola al setaccio perquisiti ovili e villette

Caccia all’ex bandito lungo la costa orientale: posti di blocco fino a Olbia

06 luglio 2020
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ORGOSOLO. Completato, senza riscontri, il primo giro di controlli e alcune decine di perquisizioni tra appartamenti e casolari di campagna all’interno della provincia di Nuoro, da ieri mattina il cerchio delle indagini e delle ricerche da parte di tre squadriglie dei carabinieri del comando provinciale si sposta oltre i confini della Barbagia e dei monti più aspri del centro Sardegna e arriva fino alla costa e alle località di mare. Là dove Graziano Mesina, secondo un’accreditata pista investigativa, potrebbe aver trovato un rifugio sicuro e insospettabile nell’attesa di decidere se e come avviare una possibile trattativa per la resa con una posta in palio a lui molto cara: evitare il carcere e scontare la pena ai domiciliari.

Sono tante, del resto, in queste settimane post quarantena e di una stagione turistica mai veramente decollata, le seconde case al mare sfitte nelle quali Mesina potrebbe aver trovato ospitalità da parte di qualche amico fidato e di vecchia data. Ed è lì, non a caso, che i carabinieri ieri lo stavano cercando: ne sanno qualcosa i vacanzieri della domenica che ieri si sono diretti verso le località del golfo di Orosei e ancora più a nord, tra San Teodoro, Budoni – dove vivono alcuni familiari di Mesina – Posada, Capo Comino e più giù, sino all’Ogliastra: l’intero territorio era costellato di posti di blocco e decine di auto, che procedevano anche verso Olbia, sono state fermate e controllate. Fucili spianati, controlli nelle statali, ma anche nelle polverose stradine di penetrazione agraria. Un grande spiegamento di forze che ha attirato le attenzioni di tanti automobilisti in vacanza, dunque, ma di Mesina e dei suoi fiancheggiatori nessun segnale evidente.

Ma le vere ricerche, in realtà, sono quelle che in queste ore si stanno giocando sottotraccia e in modo molto discreto, insieme all’ipotesi sempre più accreditata di una trattativa che potrebbe essere aperta tra Mesina e le forze dell’ordine. Sia in questa possibile resa tutta da concordare ed eventualmente definire, sia nella fase della fuga e del rifugio sicuro, gli investigatori più esperti escludono che Mesina abbia coinvolto qualche familiare o conoscente stretto del paese ma piuttosto qualche amico dei tempi passati che non vive a Orgosolo.

Ed è anche per questa ragione che la caccia all’uomo, in queste ore, si è spostata fuori dai confini della Barbagia e ha raggiunto altri lidi e scorci di Sardegna. Graziano Mesina, però, si è letteralmente volatilizzato, con le stesse leggerezza e discrezione con le quali ha trascorso questo primo annetto da uomo di nuovo (quasi) libero. Sempre nel centro abitato di Orgosolo, sempre con una tranquillità serafica e un’attesa fiduciosa nel processo in Cassazione per il traffico di droga che lo vedeva coinvolto insieme a diversi altri imputati e che poi si è concluso con la conferma della condanna a 30 anni. A volte anche con un tono dimesso, e in ogni caso di basso profilo: così, almeno, lo descrivono i compaesani che per un annetto lo hanno visto percorrere ogni sera corso Repubblica fino alla caserma dei carabinieri per rispettare la misura dell’obbligo di firma alle 19. E sempre, prima di giovedì scorso, si era fatto trovare anche ai controlli notturni. Visto che le prescrizioni gli imponevano di restare nel suo appartamento ogni sera, dalle 22 alle 7 del mattino, spesso, la sua stanza al numero 279 di corso Repubblica – dove viveva con il nipote, seppur in spazi separati e indipendenti – era oggetto dei controlli dei carabinieri. La sua camera da letto, protetta dalle inferriate, si affacciava sulla strada, e per questa ragione ai militari bastava semplicemente bussare dall’esterno perché lui sollevasse le tapparelle e rispondesse “Presente, tutto a posto sono a casa”.

Tutto liscio, dunque, almeno fino a giovedì scorso. Quando Mesina per la prima volta dopo 388 giorni dalla riconquistata libertà ha marcato visita e non si è presentato come sempre a rispettare l’obbligo di firma alla stazione carabinieri di via Sicilia. Qualche ora prima che arrivasse la sentenza definitiva della Cassazione e con essa l’ordine di accompagnarlo in carcere. È da allora che i carabinieri lo cercano, è da allora che è diventato “irreperibile”, ma presto il suo status potrebbe cambiare e diventare “latitante”. Come nel passato. Come se 50 anni dopo fosse cambiato tutto ma in fondo in fondo non fosse cambiato niente.

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