La Nuova Sardegna

Pochi docenti di sostegno la metà non sono abilitati

Pochi docenti di sostegno la metà non sono abilitati

Niente corsi: moltissimi ragazzi saranno seguiti da prof non specializzati

29 luglio 2020
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SASSARI. Un mese e mezzo appena: il rientro a scuola sarà una corsa contro il tempo. Si riparte il 14 settembre, assicura la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, ma ancora c’è tanto da fare. Nell’isola mancano docenti e mancano aule. Al momento non ci sono le condizioni per ripartire tutti in sicurezza. Oggi la vice ministra Anna Ascani parteciperà a Maracalagonis al tavolo tecnico regionale della scuola, guidato dal direttore dell’ufficio scolastico regionale Francesco Feliziani. Dovrà dire come il governo intende intervenire per aiutare la scuola sarda a rimettersi in marcia. Quante risorse ci saranno, quanti docenti – sulla base delle valutazioni fatte in queste settimane – saranno necessari. Già, perché i numeri risicati degli anni scorsi sono destinati a saltare: più sicurezza vuol dire spazi più ampi, vuol dire gruppi classe più ristretti e dunque più insegnanti. In alcune situazioni potrebbe voler dire doppi turni, in altre un’alternanza tra lezioni frontali e a distanza. E in questo caso saranno necessari i mezzi per evitare – come successo durante il lockdwn – che ci siano studenti meno o più digitalizzati. I nodi da sciogliere sono tanti e uno dei principali è quello degli studenti con deficit che necessitano dell’insegnante di sostegno: a loro deve essere garantito il rientro a scuola ma purtroppo il numero di docenti che potranno prendersi cura di loro è insufficiente.

Allarme sostegno. Se la popolazione scolastica complessiva è in calo costante e a settembre gli studenti – dai più piccoli della Materna ai più grandi della Secondaria di secondo grado (ex Superiori) saranno poco più di 199mila euro, ad aumentare in maniera sistematica è la quota di scolari portatori di una disabilità fisica o affetti da ritardi dell’apprendimento più o meno gravi. Secondo gli ultimi calcoli quest’anno saranno circa 7700. Il rapporto corretto prevede che ci siano almeno 6100 insegnanti abilitati al sostegno, perché in alcuni casi non è necessario il docente in via esclusiva. I numeri reali sono invece molto diversi, Nel dettaglio, i docenti abilitati al sostegno sono complessivamente 2795, così distribuiti: 275 alla scuola dell’infanzia, 907 alla primaria, 778 alle Medie e infine 835 alle Superiori. I conti non tornano e questo significa che serviranno almeno 3300 posti in deroga da ssegnare a docenti non specializzati nel sostegno. Come sempre accade da diversi anni, l’organico di diritto sarà adeguato alla situazione reale. E una altissima percentuale di studenti non riceverà il sostegno adeguato perché avrà accanto una persona non preparata. Un precario, magari anche alla prima esperienza. È possibile che accada, considerata l’assoluta necessità di reperire supplenti e la corsa a presentare la domanda da parte di non insegnanti, liberi professionisti piegati dalla crisi economica, molti dei quali over 50. L’allarme, già lanciato tempo fa, viene ribadito con forza dalla Uil Scuola: «Servono insegnanti specializzati, per questo è necessario organizzare i Tfa (tirocini formativi attivi ndr) ma perché devono essere sempre le università a gestirli? La scuola, comunità educante, ha al proprio interno, non solo le risorse professionali, strumentali e logistiche, ma anche le energie e risorse per rispondere alle domande sempre più pressanti di formazione specifica non accademica – dicono i rappresentanti sindacali Uil scuola – Alla fine ci guadagnano solo le università e ci rimettono i precari e gli studenti che hanno bisogno del sostegno nel percorso scolastico».

Piano B. Se il piano A per la ripartenza presenta ancora incognite, il piano B è ancora più fumoso. Se il virus dovesse ripresentarsi e fosse necessario richiudere le scuole, si tornerebbe alla didattica a distanza con tutti gli inevitabili disagi. Perché le dotazioni sono rimaste le stesse, non c’è stata l’integrazione indispensabile per colmare i divari tra territori e garantire a tutti gli studenti lo stesso livello di digitalizzazione. (silvia sanna)

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