La Nuova Sardegna

la docente precaria 

«Insegnante ma anche amica mi mancherà il contatto»

«Insegnante ma anche amica mi mancherà il contatto»

SASSARI. Che cosa è per lei la scuola l’ha scritto in un lungo post su Facebook: “Per me scuola è girare tra i banchi, fare un occhiolino, dare una pacca sulla spalla... per me scuola è anche un...

09 settembre 2020
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SASSARI. Che cosa è per lei la scuola l’ha scritto in un lungo post su Facebook: “Per me scuola è girare tra i banchi, fare un occhiolino, dare una pacca sulla spalla... per me scuola è anche un consiglio su come mettere il mascara, per me scuola è interazione, confronto e competizione, quella sana però». La sua scuola, dice Elisabetta Pinna, non esiste più: «Quest’anno non ci sarà. Perché tra me i ragazzi ci saranno distanze, mascherine, non potrò stare in mezzo a loro come un’insegnante che è anche un po’ amica. Dovrò abituarmi a comportamenti e metodi che non mi piacciono, che mi ricordano il passato. Come stare in cattedra, seduta, nella classica lezione frontale che azzera il contatto e mortifica l’empatia». Elisabetta Pinna, 46 anni, sassarese, nel mondo della scuola è arrivata tardi. «Prima facevo la cantante, giravo tra piazze e piano bar. Era divertente, ma quando sono diventata mamma ho cercato un lavoro che mi desse qualche garanzia in più». Dopo le prime supplenze ha capito che la strada era quella e non l’ha più lasciata. E con i suoi ragazzi della scuola media ha saputo creare un legame speciale. Elisabetta, insegnante precaria di spagnolo e inglese, negli ultimi cinque anni ha fatto 300 chilometri 4-5 volte a settimana per andare a Luogosanto e Aglientu. Quando ha avuto la possibilità di avvicinarsi a casa, ha detto no: «Mi dispiaceva lasciare i miei alunni, volevo portarli sino alla terza media. E poi tra loro c’era un ragazzini più fragile e andando via mi sembrava di abbandonarlo». Elisabetta è un’insegnante che con i suoi ragazzi parla, si confronta, in un rapporto non alla pari ma che sicuramente accorcia le distanze tra studente e prof. E questo rapporto, confida, è quello che le mancherà di più al rientro a scuola. Fa una premessa: «Secondo me si doveva aspettare e cominciare con le lezioni a distanza. La situazione ora è critica, c’è il rischio di aprire e tornare presto a casa. Comunque partiamo, cercando di fare il meglio possibile. Purtroppo dovremo rinunciare ad applicare le nuove metodologie che puntano a favorire l’inclusione e il contatto. Non potremo lavorare gomito a gomito come in una vera squadra. La didattica non mancherà, tutto il resto purtroppo diventerà un ricordo». (si. sa.)

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