La Nuova Sardegna

La professoressa boccia le “regole impossibili”

La professoressa boccia le “regole impossibili”

Olbia, l’esperienza di una ex insegnante: «Non bastano 48 ore per ottenere i risultati dell’esame»

15 settembre 2020
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OLBIA. «Non sono contraria ai test per chi entra o rientra in Sardegna. Ma rispettare l’ordinanza della Regione è impossibile o quasi». Francesca Trivellin, ex insegnante delle scuole superiori di Olbia, racconta con precisione la sua odissea, che vale per qualunque cittadino sardo che deve spostarsi in continente per più delle 48 ore previste dall’ordinanza n. 43 del presidente Christian Solinas. I genitori dell’ex insegnante vivono in Friuli. Sono molto anziani. Il padre, Ennio Trivellin ha 93 anni ed è un ex deportato nei campi di concentramento nazisti, uno degli ultimi testimoni viventi di quell’orrore. Fu catturato dai fascisti a 16 anni a Verona, consegnato ai tedeschi e imprigionato a Mauthausen e Gusen. «Vivo da tanti anni a Olbia – spiega Francesca Trivellin – per andare a trovare i miei genitori nel Friuli a fine mese e poi rientrare dopo una settimana in Sardegna mi sono interessata per fare i test obbligatori imposti dall’ordinanza prima della partenza». E ha scoperto che tornare a casa, nonostante l’impegno per rispettare le regole, non è per niente semplice. Primo problema: dove fare il test quando sei fuori dall’isola? «Nessun laboratorio dei tre a cui ho telefonato nel Friuli – chiarisce l’insegnante – garantisce di dare il referto in meno di 48 ore e l’ordinanza parla di “48 ore precedenti l’arrivo in Sardegna” che ovviamente in termini pratici si riducono a 24/36 ore considerato i tempi di trasferta in aereo porto o porto e ore di viaggio. Inoltre il tampone che ha tempi di analisi più rapidi alle volte è necessario ripeterlo se non ha raccolto sufficiente materiale quindi i laboratori interpellati consigliavano l’esame sierologico». Più realistiche, prosegue Trivellin, le 72 ore previste dal ministro Speranza per i test a chi proviene da Spagna, Croazia ecc., anche perché accompagnata «dall’allestimento di aree attrezzate di medicina pubblica negli aeroporti di arrivo per fare in modo organizzato e rapido gli accertamenti clinici richiesti». Ci sarebbe la possibilità – in via transitoria, spiega l’ordinanza regionale – di fare il test entro 48 ore dal ritorno a Olbia. Ma non sembra facilmente praticabile, anche si è aggiunta la possibilità di rivolgersi ai laboratori privati. «Farlo all’Asl – prosegue Francesca Trivellin – è pura fantascienza dal momento che si legge sui giornali che nemmeno ai positivi chiusi in casa vanno a fare i controlli (vedi calciatore della Maddalena e le due turiste in Costa Smeralda). Non è difficile immaginare che tutti i viaggiatori sarebbero costretti a stare chiusi in casa per settimane in attesa di una fantomatica visita o chiamata dalle autorità sanitarie per un test ultimi in una lista di centinaia di persone in attesa». Ancora: «Per fare i test, sia sierologico che tampone, è richiesta una prescrizione in originale del proprio medico curante che ovviamente diventa difficile avere se si è lontani dalla Sardegna e comunque anche in partenza in vista del rientro un ulteriore onere da adempiere». Non resta che attrezzarsi, facendosi prescrivere l’esame dal medico e facendo la prenotazione per il prelievo nei laboratori privati prima di partire. Pagando 40 euro per il test sierologico, tra 70 e 80 euro per il tampone, e sperando che non ci siano intoppi per la data di rientro. Cosa, conclude amaramente Francesca Trivellin – che andrà comunque dal padre e dalla madre – di cui non devono preoccuparsi coloro che sono investiti ruoli costituzionali (esclusi dall’ordinanza) «che evidentemente sono politicamente immuni dal virus». (a.se.)

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