La Nuova Sardegna

No del tribunale di Cagliari: negato l’incontro in carcere con il killer del figlio

Il palazzo di giustizia di Cagliari
Il palazzo di giustizia di Cagliari

La legge non lo consente: la madre non potrà chiedere al detenuto dov’è il corpo del ragazzo

28 settembre 2020
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CAGLIARI. Marcella Bellisai non potrà incontrare nel carcere di Uta il presunto assassino del figlio ventiquattrenne Fabio Serventi, avvenuto a Perdaxius lo scorso 21 di marzo: il giudice Giorgio Altieri ha definito l’istanza presentata per la donna dall’avvocato Patrizio Rovelli “più che comprensibile e di un interesse meritevole di tutela” ma ha dovuto respingerla perché non esiste “uno strumento giuridico che ne consente l’accoglimento”. Non si tratterebbe infatti, spiega il magistrato nel suo atto, di un colloquio regolato dall’ordinamento penitenziario e mancano i presupposti per un faccia a faccia a fini investigativi. La decisione è in linea con il parere negativo espresso per le stesse ragioni dalla Procura.

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Fino a quando Andrea Pinna, in cella con l’accusa di aver ucciso Fabio Serventi con una coltellata all’addome, non deciderà di confessare il delitto e di indicare il luogo in cui ha nascosto il cadavere per Marcella Bellisai e per il padre Daniele Serventi non ci sarà neppure la consolazione di un funerale per il figlio e di una tomba dove piangerlo. Quello concordato tra la famiglia del giovane assassinato e l’avvocato Rovelli era un tentativo estremo, un’idea nata dalla disperazione dei genitori che fin dall’inizio si presentava di difficile accoglimento. Resta il segnale lanciato dai genitori, la speranza che il loro dolore sia arrivato ad Andrea Pinna e che sia stato sufficiente a smuovere la sua coscienza. D’altro canto le prove messe insieme a carico del giovane detenuto sembrerebbero lasciare margini difensivi davvero minimi. Le conversazioni intercettate dagli investigatori sono inequivocabili, è lo stesso Pinna che parlando con un amico spiega che solo lui conosce il luogo dove è finito il corpo di Fabio Serventi e che nessuno sarà mai in grado di trovarlo. Nei dialoghi agli atti del procedimento penale in cui Pinna è accusato di omicidio volontario, porto illegale di coltello e occultamento di cadavere risulta anche la descrizione del delitto (“l’ho colpito all’addome, dal basso verso l’alto”) e una lunga serie di elementi d’accusa che hanno indotto il pm Luca Forteleoni a chiedere e ottenere l’arresto del trentaquattrenne, conosciuto dai carabinieri per la sua tossicodipendenza e i suoi rapporti stretti con gli ambienti della droga. La ragione dell’esecuzione sarebbe legata a una questione di soldi. (m.l)


 

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