La Nuova Sardegna

Focus Energia. Le piccole e medie imprese del settore gas spiegano come secondo loro dovrà essere regolato il mercato

Giuseppe Centore
Focus Energia. Le piccole e medie imprese del settore gas spiegano come secondo loro dovrà essere regolato il mercato

Il report del Rse, commissionato da Arera, disegna uno scenario che non soddisfa tutti gli attori in scena

28 novembre 2020
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CAGLIARI. Il sistema energetico sardo, per la parte che riguarda l’uso del metano, nelle forme regolate e in quelle lasciate al libero mercato, interessa le imprese nazionali, e le loro associazioni, per un motivo semplice. L’Italia è, tranne piccole e risibili aree montane, totalmente metanizzata. I margini di profitto sono bassi, i colossi che occupano la scena nella distribuzione e commercializzazione giocano solo sui volumi per incrementare i loro utili, non potendo giocare sui prezzi. Una realtà come l’isola, forte di centinaia di migliaia di nuovi e potenziali utenti è un boccone grosso per farselo scappare. E non a caso i maggiori player nazionali e internazionali sono presenti in forze perchè il mercato sardo oggi è l’unico grande “terreno di caccia” per nuovi clienti. Ecco spiegata la presenza delle associazioni di imprese distributrici della fileira, interessate a capire che “paletti” verranno posti da Arera in un mercato a oggi regolato ma con numeri molto piccoli.

Assogasmetano. L’Associazione nazionale delle imprese distributrici di Metano per Autotrazione, critica in tre punti lo studio: sulla logistica per i carri criogenici, il traffico stradale e l’occupazione del suolo per i depositi in totale sicurezza; sul rischio interruzione delle forniture, sia interno, problemi legati alla rete stradale sarda e al maltempo, che esterni, per le condizioni del mare; e sul mercato. «Immaginare il futuro energetico sardo basato sulla distribuzione di gas naturale in forma liquida attraverso carri cisterna non sembra la soluzione appropriata per incentivare anche futuri investimenti industriali nella Regione.

Consorzio Biogas. Esprime soddisfazione per lo studio, soprattutto in relazione all’impatto che il biometano può avere nelle imprese sarde, in teoria accreditato di una potenzialità di 200 milioni di metri cubi.

Adoc. L’associazioe per la difesa e orientamento dei consumatori, in cinque punti sposa la tesi della dorsale: è importante per il mercato i consumatori e la sicurezza dei trasporti realizzare quell’investimento; i camion non sono sicuri e hanno essi stessi effetti inquinanti; la situazione attuale è negativa sia per costi che per ambiente; la capillare distribuzione del metano è capillare per consentire lo sviluppo industriale dell’isola e superare le due centrali a carbone; infine la costruzione di una infrastruttura adeguata nel futuro consente e garantisce il trasporto dell’idrogeno.

Federmetano. La federazione dei distributori e dei trasportatori di metano vede invece con favore i carri bombolai, anche perchè ritiene che nelle prime fasi della metanizzazione ci sarà un «modesto incremento dei quantitativi di gas naturale distribuiti su gomma». Servono comunque moduli di riserva in caso di difficoltà invernali negli approvvigionamenti via mare, ma in ogni caso «molte zone dovranno essere alimentate a gnl su gomma, per il ridotto numero di abitanti e la loro collocazione orografica». Pari passo dovranno essere sviluppate le stazioni di rifornimento del metano.

Assocostieri. L’associazione nazionale logistica energetica, vede chiaramente positivamente lo sviluppo della rete del metano nell’isola, attraverso il Gnl e con il supporto dei depositi costieri, uno in fase di realizzazione a Oristano e due in cantiere sempre nella stessa area. Tre sono però i punti messi in evidenza da Assocostieri: evitare che si formino oligopoli per la vendita del Gnl distribuito su gomma pesante; sostenere il tessuto industriale e favorire le rinnovabili come biometano e idrogeno verde.

Sono invece tra le associazioni di Confindustria che sono intervenute direttamente sullo studio. Anigas (l’associazione nazionale industriali gas), Igas (l’associazione delle imprese del gas) e Elettricità Futura (l’associazione delle imprese elettriche).

Anigas. Al primo posto per Anigas ci sono i problemi regolatori: non penalizzate chi ha fatto e farà gli investimenti, dicono in sostanza. «È urgente che sia completato il quadro regolatorio di riferimento, individuando il modello regolatorio e le regole per l’allocazione dei costi e la definizione delle condizioni economiche, del servizio di vendita del gas naturale ai clienti finali sardi connessi alle reti di distribuzione. È necessaria una chiara identificazione e delimitazione dei costi che saranno oggetto di forme di socializzazione o di sussidiazione, nel rispetto della normativa comunitaria ed evitando effetti distorsivi sui mercati liberalizzati. Sarà necessario  stabilire una definizione delle strutture tariffarie, di mercato e di regolazione che consentano una corretta integrazione del nuovo sistema con quello “continentale” già esistente, senza penalizzazioni per gli operatori, individuando  il perimetro delle infrastrutture necessarie, fornendo una precisa perimetrazione della socializzazione dei costi e valutando come si modificherebbero le tariffe di fornitura ai clienti finali e le tariffe di trasporto nazionali del gas per gli utilizzatori della rete (shipper) rispetto all’attuale configurazione».

Igas. L’associazione delle imprese del gas tocca un punto centrale nello studio di Rse, e cioè come conciliare lo studio, completato in estate, con la legge che a settembre ha disegnato un nuovo scenario per il sistema sardo, con i due poli industriali alimentati da rigassificatori  e un prezzo allineato a quello nazionale solo per il trasporto e lo stoccaggio del gas a Portovesme e a Porto Torres. «Dovrebbero essere verificate la coerenza e la validità delle risultanze dello studio rispetto al nuovo scenario prefigurato, le cui caratteristiche potrebbero condurre ad una differente quantificazione dei costi di sistema e dei benefici. In quest’ottica sarebbe a nostro avviso necessaria – scrive Igas –  una rivalutazione dello studio e delle sue risultanze allo scopo di renderlo compatibile con le nuove disposizioni ministeriali, inclusivo anche dei meccanismi di distribuzione sul territorio sardo». È quanto la stessa Rse, vista l’evoluzione della situazione, si accinge a fare, con la seconda versione dello studio, come da input di Arera.
Ma Igas interviene anche sulla legge e si chiede se «l’utilizzo da parte del TSO (l’operatore di trasmissione energetica nazionale, cioè Snam, ndr)di bettoline ad hoc approvvigionate costituisca la soluzione più efficiente, o se piuttosto possa convenire consentire l’utilizzo di vettori già in esercizio e disponibili presso operatori terzi, con copertura dei costi attraverso il meccanismo tariffario che sarà approntato per la pipeline virtuale; se risulti  vantaggioso che l’insieme delle infrastrutture di trasporto e rigassificazione di gas naturale liquefatto necessarie per  garantire la fornitura di gas all’isola, citato nella legge  comprenda anche le fasi di stoccaggio, caricamento su autobotti e trasporto su strada, in quanto sostitutive del trasporto tramite dorsale, come suggerito anche dallo studio Rse. Se sia «la scelta più efficiente quella di realizzare ulteriori infrastrutture di rigassificazione, eventualmente a largo delle coste sarde, o se piuttosto sia più conveniente sfruttare le sezioni di rigassificazione che con un contenuto aumento dei costi di investimento. Se  l’utilizzo dei terminali di rigassificazione italiani regolati, i cui adeguamenti per consentire le operazioni di reloading del GNL su bettolina devono essere ancora realizzati, rappresenti la soluzione più vantaggiosa e affidabile rispetto alla possibilità di impiegare anche terminali esteri».
Secondo Igas il rischio di lasciare  l’isola senza gas con questo sistema è reale. «Qualora vi fosse una conversione a gas naturale dei consumatori sardi, sarà necessario garantire la continuità della fornitura. La limitazione a terminali italiani potrebbe invece lasciare “a secco” la Sardegna; infatti, ad oggi solo Panigaglia (La Spezia) e OLT (rigassificatore e serbatoio a 22 chilometri dalla costa tra Livorno e Pisa) consentiranno il reloading di bettoline, e non vi è garanzia che su questi terminali sia presente GNL con continuità».
Igas chiede che «sempre in ottica di garanzia della fornitura crediamo sia opportuno garantire l’accesso a terzi alle infrastrutture sarde rientranti nel perimetro tariffario della virtual pipeline, garantendo a questi ultimi il riconoscimento dello stesso livello di costo (reloading e bettolina) riconosciuti al TSO per il trasporto del GNL sull’Isola.
Igas però vuole vederci chiaro su come saranno i prezzi, quali di questi saranno a carico «del  sistema sardo e quali invece si presume possano essere trasferiti sul sistema nazionale». Di conseguenza, i volumi approvvigionati per il tramite della suddetta “interconnessione virtuale” non dovrebbero comprendere i quantitativi destinati al mercato dei bunkeraggi e del trasporto stradale, né i volumi trasportati attraverso le reti di trasporto e/o distribuzione che venissero eventualmente riliquefatti. Inoltre, si dovrebbe evitare che si creino regimi differenti tra gli utenti sardi e quelli sul continente che non sono connessi alla rete e che si approvvigionano di GNL via autobotte». Per Igas infine le ipotesi fatte sulla metanizzazione dei trasporti appaiono eccessivamente «cautelative. Ci sembrano sottostimate le percentuali relative alla conversione a metano dei mezzi di trasporto pubblico (10% dei bus oggi circolanti a benzina e a gasolio e 10% dei nuovi mezzi acquistati) e nel settore dei trasporti terrestri pesanti (solo il 2% dei veicoli pesanti convertito a metano). Perchè queste stime così prudenti?».

Elettricità futura. Naturalmente l’associazione che raggruppa le imprese elettriche vuole più elettricità e meno gas, e spiega la sua posizione nel suo documento. «In linea generale riteniamo che, seppure sia molto approfondito nell’esame degli scenari di sviluppo delle infrastrutture gas in Sardegna, il perimetro d’analisi dello studio non abbia tenuto sufficientemente in considerazione dell’apporto dato dal vettore elettrico. Nonostante il Tyrrhenian Link sia comunque tenuto in considerazione nell’elaborazione delle “doppie possibilità”, nello studio i benefici derivanti vettore elettrico nelle sue diverse sfaccettature e tecnologie avrebbero dovuto avere maggiore rilievo. La strada più coerente da percorrere sul medio-lungo periodo per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione è quella della maggiore elettrificazione e dello sviluppo delle rinnovabili.  Sebbene faccia riferimento agli obiettivi fissati dal Pniec, lo studio ha come target temporale l’anno 2040. Su questo fronte, si segnala la necessità rivedere lo studio ampliando l’orizzonte di analisi al 2050. Occorre inoltre investigare a pieno il potenziale di configurazioni basate sul ricorso al vettore elettrico che rappresenta, specialmente nel contesto oggetto dello studio, la soluzione più coerente di medio-lungo termine» Gli elettrici mettono in risalto l’uso dell’elettricità in alcuni parchi circolanti di mezzi pubblici, e ritengono l’elettrico potenzialmente decisivo anche epr lo sviluppo industriale.
«Per quanto concerne il potenziale di elettrificazione dell’industria, esso andrebbe ulteriormente indagato esplorando in alternativa al metano il ruolo dell’idrogeno verde che potrà essere sempre più disponibile nell’isola grazie allo sviluppo atteso delle fonti rinnovabili e all’ottimizzazione della filiera logistica (alcune delle aree con la più alta presenza impianti di generazione di rinnovabili  come il sud-ovest sono prossime agli insediamenti industriali che potrebbero utilizzare l’idrogeno come input di processo o come fonte di copertura del fabbisogno termico». Naturalmente si fa un cenno al parco di produzione elettrica, di cui lo studio ipotizza quattro gruppi a gas da 500 megawatt ciascuno, anche sostitutivi delle due centrali a carbone. «Lo studio  non approfondisce il ruolo degli accumuli come soluzione potenzialmente alternativa ai fabbisogni di adeguatezza e sicurezza di sistema (elettrochimici e idroelettrici), ecco perchè ha un senso portare il suo limite temporale al 2050».

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