La Nuova Sardegna

«Accuse di omertà ingiuste ma se c’è chi ha visto, parli»

Giusy Ferreli
«Accuse di omertà ingiuste ma se c’è chi ha visto, parli»

La zia del gioielliere di Sorgono ucciso nel febbraio 2017 risponde al procuratore di Oristano: frainteso il nostro appello

11 febbraio 2021
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SORGONO. Quell’accusa di mancata collaborazione nelle indagini sull’omicidio del gioielliere di Sorgono è arrivata dritta al cuore dei famigliari di Giuseppe Manca. E di un’intera comunità ritenuta omertosa per non aver dato alcun contributo concreto alla soluzione di un tragico episodio che, a distanza di tempo, turba ancora le coscienze. La lunga reprimenda del procuratore di Oristano, Ezio Domenico Basso, che ha dichiarato di non avere nessuna intenzione di archiviare l’inchiesta e ha condannato l’omertà “del paese e dei familiari” del 63enne ucciso il 6 febbraio del 2017 nella palazzina di corso IV Novembre, è stata accolta con un misto di dispiacere e indignazione da Maria Murgia, l’anziana donna che nel quarto anniversario del barbaro delitto ha chiesto giustizia per il nipote. «Non ci fa piacere passare per persone omertose» controbatte la donna che spiega le sue ragioni. «Se avessimo saputo qualcosa non avremmo avuto remore a dirlo alla magistratura. Se solo avessimo avuto un sospetto – incalza Maria Murgia – avremmo fatto in modo che gli investigatori seguissero la pista perché la nostra speranza era, ed è, che i responsabili del barbaro omicidio di Giuseppe vengano assicurati alla giustizia e paghino per quello che hanno fatto. E se qualcuno in forma anonima avesse voluto segnalare circostanze particolari noi non avremmo avuto problemi a fornire riscontri alla magistratura».

All’obiezione del procuratore Basso che, nel difendere a spada tratta l’operato dei carabinieri del reparto operativo del Comando provinciale di Nuoro, ha sottolineato come le difficoltà nell’indagine sulla rapina siano in parte da imputare all’omertà, Maria Murgia risponde seguendo il filo delle emozioni. «Noi non abbiamo mai voluto mettere in dubbio l’operato della Procura. Ciò che ci ha spinto a reclamare giustizia è il perdurante silenzio che da quattro anni accompagna questa vicenda. Il nostro è stato un grido di dolore, grido che è stato frainteso». La vicenda, che da un lato ha visto i famigliari della vittima invocare giustizia e dall'altro la Procura stigmatizzare atteggiamenti poco collaborativi, si è consumata nel comune del Mandrolisai quattro anni fa. Era una notte di febbraio: dopo una giornata uguale a tante altre il gioielliere sorprese dentro casa i banditi che lo legarono e imbavagliarono con dei bavagli talmente stretti da provocarne la morte per soffocamento. I carabinieri della Compagnia di Tonara e i loro colleghi di Nuoro erano certi che i malviventi, entrati in azione la sera del 6 febbraio, fossero almeno due. Entrati da un portoncino nel retro dell’edificio che ospitava sia l'appartamento che la gioielleria, da dove trafugarono gioielli, pietre preziose ed orologi di marca, vennero colti di sorpresa dal commerciante. A quel punto decisero di legarlo ad una sedia con le fascette da elettricista e di stringere un bavaglio intorno alla bocca e al naso. L'allarme venne dato la mattina seguente dalla donna delle pulizie preoccupata perché il gioielliere non rispondeva.

I carabinieri passarono al setaccio la gioielleria e l'abitazione di Manca alla ricerca di elementi utili all'indagine. Nel teatro dell'omicidio operarono anche i Ris arrivati da Cagliari. A poche ore dal fatto ci fu un appello degli investigatori. «Se qualcuno ha notato qualcosa, parli» fu la pressante richiesta dei carabinieri del reparto operativo di Nuoro. Richiesta che non è stata presa in considerazione e che ha portato il procuratore capo di Oristano a parlare di omertà.

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