La Nuova Sardegna

Nuove povertà, il campione dell’autodifesa messo al tappeto dal Covid

Luigi Soriga
Un palazzetto dello sport affollato prima della pandemia
Un palazzetto dello sport affollato prima della pandemia

«Io vivo dalla palestra, ma ormai da un anno è difficile andare avanti»

11 febbraio 2021
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SASSARI. Una vita ad imparare a schivare le botte, e ora si ritrova schiena a terra, stringendo i denti per provare a rialzarsi e non arrendersi. Lui istruttore di taekwondo e aikido, maestro di difesa personale, messo al tappeto da un nemico inafferrabile come il Covid. Non esattamente dal virus, ma dalla sua onda lunga di povertà, quella che ha sommerso migliaia di vite, portandole alla deriva e lasciandole ad annaspare.

«Ho lavorato per trent’anni – dice – e ho avuto la fortuna di fare sempre la cosa che mi piaceva di più: insegnare le arti marziali. Ho avuto anche 100 allievi. Un mestiere che non ti rende ricco, ma una esistenza più che dignitosa, quella sì, te la garantisce. Mai avrei pensato a 56 anni di perdere tutto, di ritrovarmi senza un lavoro, e di aver bisogno dell’aiuto degli altri».

Il brusco cambio di pendenza è arrivato in primavera. «Ogni anno avevo in concessione dal Comune una palestra per svolgere il taekwondo. E anche questa volta era tutto in regola. C’erano gli iscritti e i corsi erano pronti a partire. Ma ad aprile il primo lockdown è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Niente palestra, niente possibilità di fare sport di contatto. La mia vita, da quel momento, ha preso una piega completamente diversa».

Non ci sono abbastanza soldi da parte per attutire la caduta. Il calendario continua a macinare scadenze, con l’impietosa routine di bollette e spese fisse da affrontare. In famiglia c’è un solo stipendio, 700 euro della moglie che lavora part time come commessa, ma senza l’altra entrata è difficile arrivare a fine mese. Quindi non resta che rimboccarsi le maniche e accettare qualunque opportunità.

Da giugno a settembre sveglia alle 4, per essere alle 6,30 alla spiaggia della Pelosa a Stintino. «Prima pulizia dell’arenile, e poi servizio ticket per far rispettare il numero chiuso. Alle 13,30, ormai privo di forze, si rientra a casa». Ma la fatica più grande non è quando lavori, è quando la presa del covid si rifà più stretta. Estate folle in Costa, seconda ondata di pandemia, nuovo picco di contagi e ancora restrizioni. Le palestre non possono riaprire, gli istruttori si ritrovano ancora una volta sopra il tapis roulant della propria esistenza, camminando a vuoto. «Speravo che la vita riprendesse. Invece di nuovo punto e accapo, senza prospettive e per la prima volta in gravi difficoltà economiche. Mi dispiaceva soprattutto per i miei due figli di 15 e 19 anni. Con mia moglie abbiamo fatto di tutti per proteggerli, per fare in modo che il nostro disagio non diventasse anche il loro. Per non sottrarli alla loro normalità. Ma è davvero dura. A un certo punto mi sono dovuto rivolgere alla protezione civile per avere le provviste di generi alimentari: anche fare la spesa tutti i giorni, avere i soldi per mangiare, non era più così scontato».

Chi conosce quest’uomo, lo descrive come una statua di dignità e fierezza. Una persona buona che si spende per gli altri. E infatti questa generosità gli è rimbalzata addosso sotto forma di solidarietà e affetto. Si resta disarmati, e con gli occhi lucidi. «Non mi aspettavo un simile sostegno dagli amici. Quando ci penso mi commuovo. Ora va un po’ meglio, ho ricevuto i primi “ristori”, ed è una grande boccata di ossigeno. Mi è stato promesso un altro lavoro. Questo mi dà speranza».

Però ha perso dieci chili, è molto provato fisicamente e anche qualcosa dentro si è incrinato. «Io, la persona più serena del mondo, ora so cosa vuol dire provare ansia. Avere angoscia per il futuro, non starci più con la testa. Spero che tutto finisca al più presto». L’avversario non molla ancora la presa. Ma lui punta forte i piedi, ricarica la sua vita sulle spalle, e pian piano si tira su.

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