La Nuova Sardegna

L’arca del lievito madre

di Pasquale Porcu
L’arca del lievito madre

Al dipartimento di Agraria di Sassari una delle collezioni più importanti Biodiversità microbica per un pane saporito, digeribile, sano

14 maggio 2021
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Ricordate quei pani buoni che si facevano in Sardegna una volta nel forno a legna? Il profumo di pane si diffondeva per strada e stimolava la secrezione di succhi gastrici. Si preparavano grandi quantità di pane, scorta familiare per tutta la settimana ma anche di più. Le complesse operazioni di preparazione prevedevano una liturgia che somigliava quasi a un rito pagano. Questo faceva del pane un alimento prezioso, buono, nutriente e anche sano. A contribuire a questo risultato provvedevano non solo l'eccellenza delle semole e delle farine impiegate ma soprattutto l'uso del lievito madre. L'uso del lievito di birra ha, nel corso degli anni, sostituito in buona parte l'uso del fremmentalzu perchè più pratico e maneggevole. Ma l'uso del lievito madre, per fortuna, non è stato del tutto abbandonato. La più importante collezione di lievito madre del Mediterraneo è a Sassari nel dipartimento di Agraria. Lunedì 17 maggio, dalle 15.30, una tavola rotonda on line intitolata “La tradizione panaria verso l'innovazione” illustrerà il tema a studiosi, studenti di Agraria e di Medicina, panificatori, coltivatori e a tutti gli interessati. Durante l'incontro verrà proiettato anche un interessante documentario di Fiorenzo Serra (“Il pane dei pastori”). L'evento organizzato da un gruppo di lavoro del dipartimento di Agraria, coordinato da Marilena Budroni, può essere seguito oltre che sulla piattaforma Zoom anche su Facebook https://www.facebook.com/dipartimentoagrariauniss. Baricentro degli studi sui lieviti è dagli anni Sessanta il dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari che non solo arricchisce la letteratura scientifica sull'argomento ma colleziona lieviti, batteri, funghi isolati da diverse matrici alimentari e ambientali locali. Due gli studiosi che, storicamente, hanno legato il loro nome a questo settore di studi: quelli dei professori Augusto Capriotti, pioniere delle ricerche in questa disciplina, e Giovanni Antonio Farris dell’Istituto di Microbiologia generale ed applicata del Dipartimento di agraria. «Recentemente - dice Marilena Budroni – questa collezione storica insieme a quella dell’Istituto di Patologia vegetale dello stesso dipartimento, grazie ad un finanziamento del Mipaaf, si è costituita in collezione Uniss ed è entrata a far parte della rete Microbiodiversar (Mbds- Microbial Biodiversity of Sardinia) e della rete di collezioni Mirri-It (Microbial Resource Research Infrastructure-Italia), dove Mirri Europe è la più grande infrastruttura europea di ricerca dedicata alla salvaguardia della biodiversità microbica e alla conservazione e distribuzione di specie microbiche». Nel corso degli anni però le ricerche del dipartimento di Agraria hanno riguardato anche impasti acidi, olive e olio d’oliva, latte e formaggi, uva, vino (in particolare Vernaccia) e mosto, pesce, molluschi, carne, suolo e sottoprodotti della lavorazione della birra. Ma perché occuparsi di lieviti in particolare nella produzione di pani?

Non solo per motivi culturali (la Sardegna ha il più alto numero al mondo di pani tradizionali e tipici, l'uso di semole di grano duro e pasta acida, una pratica che va avanti dal 3000-4000 avanti Cristo), ma per motivi sensoriali (il pane è notevolmente più buono), nutrizionale (è più digeribile):, salutistico (riduce la glicemia, la insulinemia e l'intolleranza al glutine).

E inoltre ritarda l’ammuffimento, contribuisce ad allungare i tempi di conservabilità chimico-fisica, ritarda la comparsa del raffermamento.

Il lievito di birra, invece, essendo costituito da una sola specie di lievito alto produttore di anidride carbonica e in piccola parte di alcool etilico, garantisce in tempi brevi un’ottima lievitazione, limitando però molto gli effetti nutrizionali e salutistici.

(la foto: lievito madre in uno scatto di Marco Ceraglia)

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