La Nuova Sardegna

La fuga di Mesina: rintanato per mesi, poi la Tunisia

di Valeria Gianoglio
La fuga di Mesina: rintanato per mesi, poi la Tunisia

Grazianeddu sarebbe rimasto per un lungo periodo nascosto in casa di qualche amico in attesa della fuga in Nord Africa

02 luglio 2021
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ORGOSOLO. Prima la lunga e silenziosa attesa, poi la fuga via mare. Ma come prima tappa, durata almeno diversi mesi dopo la sua sparizione improvvisa, lo scorso 2 luglio, un lungo periodo trascorso da recluso, all’interno di quattro mura, di un casolare sperduto di campagna o magari anche di un piccolo e insospettabile appartamento di paese. Mentre fuori, in tutta l’isola, si moltiplicavano i rastrellamenti, i posti di blocco, i controlli delle campagne. Palmo a palmo. Allenato da 46 anni trascorsi in carcere, e buona parte trascorsi anche in isolamento, secondo alcuni investigatori Graziano Mesina potrebbe aver passato così, i primi tempi dopo il suo allontanamento volontario, e pianificato con cura, da Orgosolo.

Poi, al momento giusto, non appena ha sentito scemare la stretta, è arrivata la fuga vera e propria verso la libertà, compiuta probabilmente via mare. Nascosto nella stiva di qualche imbarcazione, per poi riemergere in altri lidi - e secondo alcuni in Tunisia o comunque nella fascia nordafricana – per gustare la libertà che sognava da tanto.

In questo primo anno di latitanza da 79enne, Graziano Mesina lo hanno dato a più riprese anche per morto. Un po’ come succede per i sequestrati che purtroppo non sono mai tornati a casa: ogni volta che nell’isola spuntano fuori poveri resti umani senza una identità, subito si pensa a qualche imprenditore rapito. Idem per Graziano Mesina. Lo scorso 3 agosto, ad esempio, dopo una segnalazione anonima legata alla presenza di un corpo in un lago del Nuorese, il nucleo sommozzatori dei carabinieri lo aveva cercato a lungo nelle acque di Istichiò, nel territorio comunale di Orgosolo, e in quelle dell’invaso di Olai, a pochi chilometri di distanza. Ma nonostante le verifiche accurate, quel giorno non era emerso nulla. Nemmeno un solo indumento. Secondo i bene informati, Graziano Mesina in quel momento era ancora in Sardegna. Protetto da qualche fidatissimo amico di vecchia data. Uno dei pochi rimasti dai tempi d’oro. Lo stesso al quale potrebbe essersi affidato per varcare i confini della Sardegna e raggiungere il Nord Africa, e la Tunisia, come ipotizza una pista investigativa. Là dove l’estradizione in genere non è contemplata.

Le fonti ufficiali in merito non si sbottonano, come sempre del resto hanno fatto in particolare durante i primi mesi di latitanza. Ma più passa il tempo, più la pista della latitanza nordafricana si fa largo e prende corpo, senza che, tuttavia, vengano meno anche le ricerche legate alle tracce sarde di Mesina. Ci sono, del resto, tantissime domande alle quali bisogna ancora dare una risposta. Chi lo ha accolto, ad esempio, nelle primissime fasi della fuga?

Chi, lo scorso 2 luglio – qualche ora prima che arrivasse la sentenza della Cassazione che rendeva definitiva la condanna a 30 anni per traffico di droga – lo ha condotto verso il luogo scelto per nasconderlo nell’immediato, in attesa che le acque si calmassero? E chi, infine, lo ha aiutato a lasciare l’isola per altri lidi nei quali avrebbe potuto riassaporare la vera libertà? Tutti quesiti ancora rimasti senza risposta.

Eppure, nonostante tanti misteri irrisolti, dai primi di luglio dell’anno scorso a Orgosolo e nel resto del Nuorese il ministero ha mandato una squadra composta da un gruppo super esperto di investigatori. Nel gergo interno c’è chi li chiama il “pool Mesina”.

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