La Nuova Sardegna

Terapie domiciliari per il covid, in Sardegna è polemica sul protocollo

Terapie domiciliari per il covid, in Sardegna è polemica sul protocollo

I medici di base: «Linee guida in contrasto con l’Aifa». L’assessore Nieddu: «No, solo un’arma in più»

20 agosto 2021
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SASSARI. «Non sono linee guida per i medici di famiglia, abbiamo solo voluto fornire loro un’arma in più per la terapia domiciliare anti-Covid»: così l’assessore regionale della sanità Mario Nieddu risponde alla polemica innescata dal Fimmg (la federazione medici di base) di Oristano e ripresa dai Progressisti. La Fimmg provinciale afferma di essere venuta a conoscenza di un protocollo inviato sulla mail aziendale dei medici di famiglia sardi dal Cor.Sa, “su indicazione della direzione regionale dell’assessorato alla sanità”, con oggetto “attivazione protocolli per terapia domiciliare Covid”. Nel documento inviato ai medici di famiglia e basato sull’esperienza del Comitato cura domiciliare Covid si specifica che l’obiettivo è «evitare, per quanto possibile, l’ospedalizzazione e la letalità, trattando a domicilio la malattia» nelle fasi meno gravi. «Contrariamente a quanto finora consigliato – si legge – la fase 1 non andrebbe trattata con paracetamolo e non andrebbe tenuto un atteggiamento di vigile attesa»: l’atteggiamento suggerito è invece «quello di aggressione precoce dei sintomi infiammatori con presidi di provata efficacia e con antibiotici associati senza attendere esito del tampone. Conta il tempo più del tampone!». Inoltre si sottolinea che «nessuno degli antivirali proposti per il trattamento ha dimostrato efficacia» e che è importante il coinvolgimento del microbiota intestinale. Per ogni fase vengono elencati i farmaci consigliati.

La federazione, chiedendosi se si tratta di linee guida validate dalla Regione, fa notare che lo schema proposto da un gruppo di professionisti, che da tempo segnalano risultati soddisfacenti, non trova però conferma nelle indicazioni del ministero; che viene proposto l’uso di integratori mai validati per uso terapeutico e a totale carico del paziente; che lo schema suggerito contrasta in alcuni punti con le raccomandazioni dell’Aifa. Come è nata l’idea del protocollo? «Ho sempre detto che in ospedale i pazienti Covid possibilmente non ci devono finire – spiega Nieddu – e se ci finisce un numero alto, come sta accadendo, significa che la terapia domiciliare non sta funzionando, non vengono intercettati in tempo. Volevamo capire che soluzioni ci sono. È continuiamo ad avere segnalazioni di pazienti che attendono di essere visti dal proprio medico di base». Da qui la riunione tra gli esperti del Comitato e tutti i maggiori referenti regionali nella lotta alla pandemia. «C’è stata grande condivisione – dice – partendo dal presupposto che il front-office del positivo debba essere il suo medico. Lui deve intercettarlo e dargli un’adeguata terapia domiciliare. Abbiamo voluto dargli uno strumento in più, poi ciascuno è libero in scienza e coscienza di utilizzarlo». Per la Fimmg ci sono discordanze col protocollo Aifa: «Guardi, nel protocollo Aifa si parlava di tachipirina e vigile attesa. Io me lo ricordo bene... Chissà quanti pazienti avremmo potuti salvare». (a.palmas)

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