La Nuova Sardegna

Pensioni ai consiglieri regionali con una norma retroattiva

di Umberto Aime
Michele Pais della Lega (46 anni), presidente del consiglio regionale sardo
Michele Pais della Lega (46 anni), presidente del consiglio regionale sardo

Ogni anno 6.900 euro a carico del beneficiario e 19mila pagati dal Consiglio

30 ottobre 2021
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CAGLIARI. Non chiamateli vitalizi, ma pensioni sì. Il Consiglio regionale ha deciso, qualche giorno fa: «Le avremo anche noi, quando compiremo 65 anni, e sarà così anche per gli assessori tecnici». Non sono un privilegio, le pensioni dell’ultim’ora, ma una possibilità concessa ai consiglieri da una legge nazionale. Dunque, sarebbe (solo) questo il motivo per cui, qualche giorno fa, un autoreferenziale emendamento all’emendamento è stato approvato dal Consiglio, insieme all’ultima Manovra di bilancio.

È accaduto lo stesso anche per il successivo emendamento all’emendamento, cioè quello che da oggi in poi rivaluterà stipendi e rimborsi, sempre degli onorevoli, in base all’aumento del costo della vita calcolato dall’Istat. Presentati da quasi tutti i capigruppo di maggioranza, da chi sono state poi votate le due correzioni volanti? Solo dal centrodestra al governo, o da tutti, opposizioni comprese? Di sicuro, sono passate per alzata di mano, e mai favorevoli, contrari e astenuti potranno essere identificati. Accade così quando le votazioni sono «alla voce», veloci o lente che siano: finiscono per non lasciare traccia sui verbali.

Coperti da quel voto irriconoscibile, i successivi commenti a freddo hanno oscillato fra «Non ci siamo accorti di nulla», «In quel momento c’era troppa confusione», oppure «Era uno dei tanti e non ci ho fatto caso», raccolti da una parte all’altra dell’emiciclo. Nessun padre, quindi, e tanto meno una madre certa, a parte le firme di Stefano Tunis (Sardegna 20.Venti), Angelo Cocciu (Forza Italia), Giorgio Oppi (Udc), Franco Mula (Psd’Az) e Francesco Mura (Fdi), i presentatori.

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A questo punto dove ha peccato il Consiglio regionale, da qualunque parte lo si guardi? Nella trasparenza. Sarebbe bastato, semmai qualche giorno prima del voto, rendere pubblici quei due emendamenti per evitare sospetti e critiche. Ha sbagliato il centrodestra ma hanno sbagliato anche le opposizioni: dovevano tirarli fuori dal mazzo. Se lo avessero fatto, avrebbero potuto sostenere, a viso aperto, «non siamo più discriminati, anche noi avremo la pensione, come da anni è riconosciuta agli altri consiglieri regionali e ai parlamentari». Perché è stato è detto anche questo, a freddo, ma fuori tempo massimo.

La rilettura. Le pensioni, va ribadito, non sono un privilegio in salsa sarda. Nel resto delle Regioni gli «onorevoli contributi previdenziali» sono versati da anni. Da quelle parti, a cominciare dal 2019, una quota è pagata dal consigliere, all’incirca sono 580 euro al mese, mentre poco meno del doppio, 1500 e spicci, è a carico del Consiglio. È di fatto lo stesso sistema che regola il rapporto fra una lavoratore dipendente e l’azienda per cui lavora, solo che in questo caso il mandato è politico e non ci sono contratti in ballo. Quei numeri, tra l’altro, non sono stati calcolati a casaccio, ma scritti nero su bianco nelle tabelle pubblicate anni fa dalla Conferenza delle Regioni, dopo averli concordati, a sua volta, con il Governo, allineando le percentuali (8,8 e 24,2) a quelle applicate alla Camera e del Senato. Anche la rivalutazione di stipendio e rimborsi non è una novità: accade lo stesso altrove.

Il conteggio. Il nuovo sistema converrà più ai consiglieri regionali che sono liberi professionisti prestati alla politica, meno a quanti sono in aspettativa da un’azienda pubblica o privata. Questo perché ai secondi comunque è riconosciuto un contributo figurativo e se vorranno farlo pesare di più dovranno pagare un extra importante. Gli altri, i liberi professionisti, avranno la facoltà di aderire o meno al versamento mensile del contributo previdenziale: non è un obbligo, ma una possibilità.

Tirate le somme, ogni anno ciascun consigliere, sempre che opti per il contributivo, dovrà versare 6.900 euro l’anno e 19.164 il Consiglio. Ad allarmare, semmai, è questo aspetto non di poco conto: l’efficacia dei due emendamenti è retroattiva e di conseguenza, a parte la quota a carico dei diretti interessati, il Consiglio potrebbe essere costretto a versare oltre 47mila euro di arretrati per ogni consigliere dopo che sono trascorsi già due anni e mezzo dalle elezioni del 2019. C’è dell’altro: al nuovo sistema previdenziale potranno aderire anche gli eletti nella scorsa legislatura e, in questo caso, le casse pubbliche dovrebbero mettere nel conto ben 95.820 per ogni ex onorevole.
 

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