La Nuova Sardegna

Le pecche della Omnibus: troppi costi fuori controllo nella legge impugnata

Il governatore Christian Solinas
Il governatore Christian Solinas

Il Governo contesta gli aumenti retroattivi degli stipendi dei consiglieri regionali. Sotto esame della Consulta anche i requisiti per la nomina dei dirigenti pubblici

25 gennaio 2022
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CAGLIARI. Dagli stipendi dei consiglieri regionali legati al costo della vita alle cartucce da caricare nei fucili per la caccia grossa: nella Manovra di bilancio 2021 c’era davvero di tutto. E molto di questo caravanserraglio è stato impugnato dal Governo per presunta incostituzionalità. Sono una decina gli articoli contestati sui 44 approvati a novembre dal Consiglio regionale, con i soli voti della maggioranza di centrodestra. Il ministero degli Affari regionali ha pubblicato i motivi, molto dettagliati, per cui Palazzo Chigi ha bocciato la tredicesima legge della XVI legislatura.

No agli aumenti. Salvata la possibilità che i sessanta onorevoli possano far pesare i cinque anni di mandato politico nel calcolo della pensione, anche se gran parte dei contributi sarà versato dall’Assemblea, il resto dell’articolo è stato censurato dal Governo. Secondo la Manovra le indennità dei consiglieri e degli assessori dovranno essere adeguate al costo della vita – sono le tabelle Istat – a partire dalla precedente legislatura, 2014-2019. Però proprio questa rivalutazione retroattiva è stata bocciata da Palazzo Chigi con il ricorso alla Corte costituzionale e per due motivi. Il primo: «L’applicazione dell’articolo è in contrasto con le disposizioni nazionali sul contenimento della spesa», leggi nuovi e maggiori costi. Il secondo: i consiglieri regionali della Sardegna ricevono già uno stipendio mensile lordo molto vicino ai limiti previsti dagli accordi Stato-Regione – 13.800 euro per i presidenti di Giunta e Consiglio, 11.100 gli altri – e quindi qualsiasi ritocco, a maggior ragione se retroattivo, farebbe saltare i conti e sarebbe un privilegio anticostituzionale.

Urbanistica. Com’era stato annunciato il Governo ha impugnato l’articolo che ha abolito i vincoli di inedificabilità nei terreni intorno agli stagni e alle lagune. È impossibile che questo avvenga – si legge sul sito degli Affari regionali – perché «viola tutti i principi e Codici sulla tutela del paesaggio che sono di esclusiva competenza dello Stato». Sempre nel ricorso, c’è scritto anche: «La Regione non può neanche consentire ai Comuni di adeguare chissà quando i Piani urbanistici al Piano paesaggistico regionale del 2006». Ci sono delle scadenze per legge, risalagono al 2007, e devono essere per forza rispettate. Infine, il Governo ha criticato anche l’anticipo della Regione ai Comuni del costo previsto per abbattere le opere edilizie abusive. Il motivo? Sarebbe un prestito e non l’auspicata anticipazione.

Organizzazione del personale. A essere bocciato, in questo caso, è stato un lungo filotto di articoli e commi. Il riassunto è questo: l’anzianità di servizio non può sostituire il requisito essenziale della laurea per l’incarico di dirigenti, gli stipendi dei dipendenti della Protezione civile non devono superare i limiti previsti dall’ultima Legge di stabilità nazionale, gli incarichi ai dirigenti esterni non possono essere prorogati per altri due anni oltre i cinque previsti dalla legge. Infine le graduatorie dei concorsi non possono durare all’infinito, la Omnibus prevedeva una proroga fino al 2022, mentre «deve esserci – secondo il ricorso del Governo –un limite temporale ragionevole per la chiamata degli idonei». O altrimenti c’è il rischio di «assumere chi, visto il lungo trascorrere degli anni dopo le prove d’esame, oggi potrebbe non essere più in grado di garantire le professionalità richieste dall’amministrazione pubblica».

Le curiosità. Palazzo Chigi ha impugnato anche l’articolo che consente ai cacciatori di caricare nei fucili cinque cartucce (e non più solo due) nelle battute al cinghiale. Perché – si legge nel ricorso – anche questa «disposizione venatoria rientra fra le competenze esclusive dello Stato». Non è stato, infine, impugnato – com’era sembrato all’inizio – l’articolo che sospende per cinque anni il pagamento delle imposte regionali a carico delle aziende turistiche. (ua)

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