La Nuova Sardegna

Il tumore, gli ovuli congelati e i figli: la vittoria di Silvia

Silvia Sanna
Il tumore, gli ovuli congelati e i figli: la vittoria di Silvia

È diventata madre grazie alla crioconservazione prima di iniziare la chemio. Di Cagliari, ha 38 anni, un bimbo di due ed è in attesa di due gemelle

03 aprile 2022
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SASSARI. Dieci anni fa, quando i medici le consigliarono di iniziare subito le cure perché era già stato perso molto tempo, Silvia fece un lungo sospiro. Era giovane e spaventata ma sufficientemente lucida per sapere quali potevano essere le conseguenze della chemioterapia. E anche se ancora l'orologio biologico non era scattato, Silvia non voleva precludersi la possibilità di diventare madre in futuro. Così, prima di cominciare la cura per sconfiggere il linfoma non hodgkin che le faceva compagnia da un anno, decise di seguire il percorso per la crioconservazione degli ovociti al Policlinico Sant'Orsola di Bologna. Era il 2012 e Silvia aveva 28 anni. Oggi ne ha 38, un figlio di due ed è in attesa di due gemelle che nasceranno a giugno: tutto merito della sua lungimiranza e soprattutto «dei 14 ovociti prelevati 10 anni fa, il tesoretto senza il quale non sarei potuta diventare madre». Infatti i cicli di chemio e il successivo autotrapianto le hanno salvato la vita ma l'hanno anche resa sterile. E lei dentro di sé sapeva che sarebbe accaduto.

Madri dopo il cancro. Silvia, cagliaritana, impiegata in una grande azienda, è una delle 15 donne che sono diventate mamme grazie agli ovociti congelati al Sant'Orsola di Bologna, nella struttura Infertilità e procreazione medicalmente assistita diretta dalla ginecologa Eleonora Porcu. Silvia è una delle donne al centro dello studio pubblicato qualche giorno sulla rivista scientifica "Cancer": ad accomunarle il fatto di essere ex pazienti oncologiche che hanno scelto di guardare avanti, verso ciò che sarebbe successo dopo la malattia e le cure che nella maggior parte dei casi generano insufficienza ovarica prematura, una "menopausa precoce" che rende impossibile rimanere incinta in maniera naturale. Per loro, come per le altre donne guarite che nel frattempo hanno superato l'età fertile, gli ovociti conservati in azoto liquido a 196 gradi sotto zero, rappresentano l'unica possibilità per soddisfare il desiderio di maternità. «Erano lì - racconta Silvia - e questo era per me rassicurante, perché sapevo di poterli utilizzare in caso di necessità. L'ho fatto e mi è cambiata la vita. Quando ho scelto di fare il prelievo degli ovuli ho ascoltato il mio istinto e ringrazio ogni momento di averlo fatto. E nel mio percorso, segnato dalla malattia e poi dalla maternità, vedo qualcosa di miracoloso».

La comparsa della malattia. È da poco iniziato il 2011 quando Silvia, 27 anni, si accorge di avere i linfonodi ingrossati. Fa i primi accertamenti e arriva la diagnosi: è una infezione curabile con i farmaci. «Era sbagliata e nei mesi successivi i linfonodi si ingrossarono ancora. Decisi di andare a fondo del problema». Silvia si rivolge a un altro ospedale a Cagliari e dall'analisi dei vetrini emerge la verità: «Era un linfoma non hodgkin, un tumore linfatico che aggredisce il sistema immunitario». La botta è fortissima, Silvia decide di chiedere un altro consulto. E viene indirizzata al Policlinico Sant'Orsola di Bologna «dove il professor Zinzani, responsabile del reparto di Ematologia, conferma la diagnosi e mi spiega che dovrò affrontare cicli di chemioterapia». Silvia frequenta un ragazzo da pochi mesi, non sa come la storia andrà a finire e la maternità in quel momento non è di certo una priorità. «Ma penso che un giorno vorrò avere figli, allora mi confronto con l'ematologo e grazie a lui entro in contatto con la dottoressa Porcu e la sua squadra». Sono giornate difficili, perché il linfoma - ignorato per un anno - cammina veloce ed è importante intervenire quanto prima per fermarne la corsa. Però Silvia, che non ha dubbi sul fatto che riuscirà a sconfiggere la malattia, guarda già al dopo. «La dottoressa Porcu mi ha dato coraggio e speranza, si è presa a cuore la mia situazione, forse perché mi vedeva così giovane e spaventata. Ho deciso di fare il prelievo degli ovociti, per due settimane ho messo da parte la malattia per concentrarmi su quello». Le terapie ormonali hanno avuto successo al punto che subito dopo il prelievo «la dottoressa Porcu mi ha abbracciato felice: gli ovociti erano 14, un'ottima quantità, come ho capito meglio dopo...».

La battaglia contro il tumore. A quel punto "il tesoretto" è al sicuro sotto zero e Silvia può iniziare a combattere la malattia. «Torno a Cagliari e nel marzo 2012 affronto i primi cicli di chemio. Ne faccio 6, finisco a giugno. È stato pesante ma ci sono i risultati perché la malattia va in remissione». Silvia ricomincia a vivere e fa quel viaggio tanto sognato in California con il fidanzato che è sempre rimasto al suo fianco e con il quale inizia a parlare di futuro. Ma non è finita perché «nel settembre 2013 le analisi dicono che il linfoma è tornato. Ci rimango male, perché pensavo di avercela fatta e perché so cosa mi aspetta». Il protocollo prevede cicli di chemio più forti con l'obiettivo di arrivare all'aplasia midollare: «Il mio midollo doveva essere completamente pulito dalle cellule malate così da impiantare quelle sane attraverso l'autotrapianto». Silvia compie 30 anni nella sua camera sterile e una settimana dopo, alla fine di marzo 2014, fa il trapianto. È l'inizio della nuova vita, «il mio secondo compleanno».

2018, voglia di maternità. Il linfoma è sconfitto da tempo e l'amore va a gonfie vele: Silvia e il suo compagno fanno finalmente "i fidanzati" lontani dagli ospedali e dalla malattia presente sin dall'inizio nel loro rapporto. E scatta qualcosa: «Voglio un figlio, vogliamo un figlio. Proviamo ad averlo naturalmente ma non succede niente. All'inizio faccio fatica ad accettarlo, poi mi rendo conto che tra chemio e trapianto la possibilità di essere diventata sterile è altissima». Per fortuna c'è il tesoretto. «Andiamo a Bologna e inizio l'iter per lo scongelamento degli ovuli e il successivo transfer. A marzo 2019 facciamo il primo tentativo ma non va a buon fine, così anche il secondo. Volevo fermarmi ma il mio compagno mi propone di provare per la terza volta e se non funziona di prenderci una pausa. Nel frattempo mi chiede di sposarlo». A maggio 2019 Silvia resta incinta e a settembre si sposa. «Il mio bambino nasce nel febbraio del 2020, poco prima che il Covid stravolgesse l'esistenza di tutti». Nei tre tentativi Silvia ha utilizzato 10 dei 14 ovociti congelati. Ne restano 4 e la voglia di un secondo figlio è fortissima. Ecco allora che quando il loro bambino ha un anno e mezzo, Silvia e il marito ritornano a Bologna, in quell'ospedale dove tutto è iniziato e dove si sentono un po' a casa. «Ci diciamo: o la va o la spacca, se va bene sarà una gioia immensa, se il nostro bambino resterà figlio unico ci godremo la vita in tre, perché è già un miracolo avere avuto lui». Invece va benissimo. Un solo tentativo con tutti gli ovociti a disposizione, due embrioni impiantati e venti giorni dopo la sorpresa: «Sono due, aspettiamo due gemelli». Gemelle anzi, come Silvia scoprirà a gennaio. «Guardo mio figlio, guardo la pancia e sorrido. Mi sento fortunata. Alle altre donne che affrontano un tumore dico di pensarci bene prima, perché tutte possiamo avere "il tesoretto" che ti illumina la vita».

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