La Nuova Sardegna

I tre aeroporti sardi insieme: così il territorio cresce

di SERGIO LUCIANO
I tre aeroporti sardi insieme: così il territorio cresce

In Lombardia e in Veneto la fusione ha consentito di potenziare il business

06 giugno 2022
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Tra Bologna e Rimini ci sono 114 chilometri di strada e tre aeroporti. Tra Bari e Brindisi, 119 chilometri e due aeroporti. Tra Firenze e Pisa, 87 chilometri e due aeroporti. E l’elenco potrebbe continuare. Hanno senso distanze così brevi tra impianti destinati a mezzi che viaggiano a 900 chilometri all’ora? La risposta ovvia è no. Ma la storia dell’Italia dei mille campanili a questo ha portato. Con deficit e inefficienze. Perché? In estrema sintesi, perché le compagnie aeree, principali clienti degli aeroporti ai quali devono pagare i diritti di atterraggio, stazionamento e decollo, possono giostrare sui prezzi mettendo quelli vicini l’uno in concorrenza con l’altro e spuntando tariffe stracciate, che impoveriscono tutti gli scali. Ryanair è la campionessa del mondo, in questo gioco di prestigio. La Sardegna non fa eccezione.

Ma i problemi che Alghero per un verso, Olbia per altri versi, ed anche Cagliari hanno incontrato e subiscono potranno risolversi se davvero i tre scali sapranno coordinarsi al meglio tra loro per poter stare tutti solidamente in piedi sul piano economico e negoziare insieme sul mercato. È proprio a questo che punta il progetto di fusione tra i tre aeroporti dell’isola: da una parte Cagliari, oggi posseduto dalla Sogaer, che a sua volta fa capo per il 94,5% alla Camera di commercio di Cagliari-Oristano-Olbia; e dall’altra, gli scali di Alghero ed Olbia, entrambi già controllati da uno stesso, unico padrone, cioè F2i, il più grande fondo infrastrutturale italiano, che è controllato da 19 azionisti tra le principali fondazioni italiane di origine bancaria, primari istituti di credito, Casse di previdenza, Fondi pensione, Asset manager e Fondi sovrani e, con il 14%, dalla Cassa depositi e prestiti: dunque una specie di super-coalizione dei più grandi investitori istituzionali italiani.

«Il progetto è in fase di valutazione, abbiamo conferito un mandato esplorativo alla Sogaer – spiega il presidente della Camera di commercio di Cagliari (e di Confindustria Sardegna) Maurizio De Pascale – su fattibilità, correttezza e procedura. L’ipotesi è quella di un aumento di capitale di Ligantia, la holding che controlla Alghero e Olbia, riservato alla nostra Camera di commercio che lo sottoscriverebbe conferendo nella società l’aeroporto di Cagliari. Nella società figlia di questa ricapitalizzazione, proprietaria di tutti e tre gli scali, la Camera avrebbe il 40% del capitale, F2i il 40%, Fondazione Sardegna il 10% e il colosso americano dei fondi d’investimento Blackrock il 9%. Una serie di patti tra soci lascerebbe indipendenti gestionalmente le tre società di gestione ma con linee guida comuni per integrare e potenziare il business. Se tutto andrà bene, contiamo di poter firmare entro l’anno». Già: perché questo è il punto, potenziare il business. Occorrono strategie comuni, più potere contrattuale con le compagnie aeree sulle tariffe e sui servizi di scalo, e investimenti tecnologici, solo a Cagliari 60 milioni per la nuova torre di controllo e il nuovo radar. E poi sinergie sulle altre due fonti di reddito aeroportuali, il retail (i negozi) che pagano affitti profumatissimi e il real estate (l’uso degli immobili per alberghi e uffici). In Italia i buoni esempi non mancano: da Fiumicino, dove dalla privatizzazione in qua i negozi di scalo sono passati da 20 a 280; a Milano Malpensa e Milano Linate (unica proprietà), che finalmente stanno ben dividendosi il traffico tra nazionale e lungo raggio, e trattano con i “cugini” di Bergamo (partecipati al 30% dalla loro holding, la Sea) per appoggiarsi meglio vicendevolmente. Per non parlare degli aeroporti veneti, dove la Save dell’imprenditore Enrico Marchi ha progressivamente aggiunto all’originaria unica proprietà, l’aeroporto Marco Polo di Venezia, il Canova di Treviso, il Catullo di Verona e quello di Brescia-Montichiari. E se gliel’avessero lasciato fare avrebbe preso anche Trieste e forse Bergamo: ma la politica l’ha stoppata. Già, perchè il punto è proprio questo, la politica locale che di solito frena qualsiasi ipotesi di perdita di sovranità. Accadrà anche con la progettata fusione sarda? C’è qualcuno che vota contro? Al momento, qualche voce sindacale, preoccupata – ed è giusto, fa parte del ruolo – di eventuali, e ad oggi totalmente infondati, tagli al personale. E poi c’è stata qualche dissonanza dal mondo Confcommercio – il presidente Sud Sardegna Alberto Bertolotti - e Federalberghi - con Fausto Mura, presidente Sud Sardegna, preoccupato del ruolo di Blackrock; ma tra prevalenti voci favorevoli, sia nelle stesse Ascom di Sassari e Nuoro che alla Federalberghi regionale. Insomma, le attese sono vastamente positive, in vista del miglior interesse di tutti i sardi, qualitativo ed economico. In fondo, l’unitarietà delle infrastrutture strategiche è la strada intrapresa con successo dai porti dell’isola, ormai coordinati da un’unica autorità. È la strada giusta anche per gli aeroporti.
 

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