La Nuova Sardegna

Sassari

«Contro bulli e pregiudizi la cosa che fa più paura è sentire di essere soli»

Andrea Sini
«Contro bulli e pregiudizi la cosa che fa più paura è sentire di essere soli»

Aurora e Fabrizio, storie di coraggio e determinazione

04 luglio 2022
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Sassari Una lavagna capovolta, un nuovo nome nel registro di classe, amicizie che vanno e vengono ma anche tante solide certezze costruite con fatica e coraggio. Stessa t-shirt, quella dell’evento di ieri, stessi colori dipinti sul viso, Fabrizio e Aurora Sofia parlano a ruota libera e raccontano due storie diverse: ad accomunarli, c’è la stessa determinazione nel voler vivere la propria vita sentendosi semplicemente loro stessi.

«Il momento di svolta della mia vita è arrivato quando un professore è entrato in classe e, trovando una scritta omofoba nei miei confronti sulla lavagna, ha fatto finta di nulla e ha semplicemente girato la lavagna. A quel punto ho deciso che ne avevo abbastanza e ho abbandonato la scuola». Il percorso di Fabrizio Venerdini, 30 anni, sassarese, è fatto di andate e ritorni. «All’Alberghiero, tra le seconda e la terza l’aria si era fatta pesante – racconta –, all’epoca non ero dichiarato ma non mi nascondevo. Poi le cose sono peggiorate, i commenti a voce alta dei compagni si sono fatti sempre più pesanti e il menefreghismo dei professori mi ha portato a lasciare gli studi. A quel punto ho iniziato a lavorare, ho incontrato il Mos e mi sono accettato. È passato qualche anno e ho deciso, nonostante le paure, di tornare in quella stessa scuola, trovandola però cambiata: ho trovato compagni di classe più giovani, di mentalità molto più aperta; e contemporaneamente docenti più sensibili e meno chiusi rispetto al tema dell’omosessualità. Io stesso ormai mi ero dichiarato e quindi potevo affrontare il tema in maniera più serena. Mi sono diplomato, ho cancellato quei “demoni” e ora faccio la mia vita di persona libera, di lavoratore e di attivista con il Mos».

Accanto a Fabrizio, Aurora Sofia D’Avino, 18 anni, rovista nell’album dei ricordi e rivede se stessa qualche anno fa, con un altro nome e abiti di genere diverso. «Le foto del passato mi fanno un effetto un po’ strano – ammette – ma non ho paura di guardarle, perché quella resta comunque una parte di me, almeno quello che ero. Ho iniziato il percorso di transizione a 17 anni, una volta diventata maggiorenne ho completato le pratiche legali e ora sono in corso quelle ormonali. Tutte le cose importanti sono ormai fatte, ma iniziare il percorso qua è molto complicato da punto di vista burocratico».

«Il momento della consapevolezza per me è arrivato tra le medie e le superiori – spiega Aurora –, ed è stato anche il momento più complicato, perché percepivo anche l’atteggiamento mutato delle persone “esterne”. Sono andata avanti con il supporto fondamentale di mia madre e dei miei familiari. Le amicizie vere sono rimaste, addirittura in qualche caso ci siamo ritrovati all’interno della comunità senza sapere uno dell’altra. I pregiudizi nei nostri confronti restano, sento storie molto brutte in altre realtà. Io a Sassari vivo piccole discriminazioni quotidiane ma forse qualcosa sta cambiando. Anche grazie al Mos e alle iniziative come questa».

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