La Nuova Sardegna

L'intervista

Bonaccini: «Voglio un Pd senza correnti e le primarie per le Politiche»

di Luca Rojch
Bonaccini: «Voglio un Pd senza correnti e le primarie per le Politiche»

L'esponente democratico domani farà 3 tappe nell’isola: «Vengo per ascoltare. Vado a Lula perché è un esempio delle proposte di sviluppo che vogliamo». Tappe anche a Olbia e Cagliari

13 gennaio 2023
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Sassari Di mestiere fa il governatore della Regione Emilia Romagna, ma la sua vera vocazione è quella di rianimatore del Pd. O almeno vuole tentare di farlo. Stefano Bonaccini domani sarà nell’isola, con un breve tour che toccherà Olbia, Lula e Cagliari.

Il Pd sembra un partito senza una precisa direzione e identità, i sondaggi lo danno al 14%, qual è secondo lei la strada per rivitalizzarlo?

«Uscire dal Palazzo e tornare tra le persone, organizzare un’opposizione efficace e avanzare controproposte concrete alle scelte sbagliate che la destra sta facendo ora che è al Governo. Vogliamo costruire un nuovo Pd, rinnovato nella piattaforma politica e con un nuovo gruppo dirigente, mobilitare la nostra base e rivolgerci ai cittadini con campagne molto concrete. Un esempio? Una proposta di legge di iniziativa popolare per il salario minimo: la destra sta premiando chi guadagna 85 mila euro all’anno, noi chiediamo invece di ridurre le tasse sul lavoro, di rafforzare la contrattazione collettiva e di superare la vergogna di stipendi da 3 o 4 euro l’ora».

È convinto che le primarie siano davvero la strada per indicare la leadership di un partito? Non si rischia di implodere e morire nel tentativo di allargare qualsiasi decisione alla base?

«Siamo il solo partito che fa un vero congresso, con candidati e candidate alla segreteria e programmi sui quali confrontarsi, dove a scegliere sono le persone. Noi crediamo che la democrazia sia un valore e far scegliere i cittadini è meglio che decidere in uno o due per tutti. Nel giro di ascolto che sto facendo in tutte le regioni registro sempre tantissime presenze: se le chiami, le persone rispondono. I cittadini chiedono di tornare a contare ed essere coinvolti nelle decisioni, le primarie sono questo. Dico di più: se sarò eletto segretario e non si riuscirà a cambiare questa pessima legge elettorale, anche i nostri candidati al Parlamento d’ora in poi verranno scelti nei territori con le primarie, basta paracadutati da Roma».

Perché l’Italia va sempre più a destra?

«La maggioranza degli italiani non ha votato la destra: a parte i tanti che si sono astenuti, e questo è il primo problema da affrontare, i più hanno votato partiti che hanno perso perché erano divisi. E questo è un altro problema da risolvere. Ma se si vuole costruire un’alleanza credibile che possa battere la destra serve un centrosinistra nuovo che ruoti attorno ad un grande partito progressista e riformista. Ecco perché è tempo che il Pd torni a fare il Pd: un partito robusto, con una chiara identità laburista, popolare e non populista. Vogliamo costruire un Pd che torni al governo perché ha convito le persone e vinto nelle urne grazie a un piano per il Paese alternativo alla destra».

Che tipo di proposta alternativa?

«Vogliamo partire dalle persone che hanno visto ridursi il proprio reddito nel tempo, dai giovani precari, dalle donne che rinunciano al lavorare o sono costrette a part time mal pagati per conciliare vita e lavoro. Come ho detto, serve una crescita più giusta, che riduca le diseguaglianze: l’esatto contrario della flat tax della destra. Ho parlato di equo compenso e salario minimo: aggiungo, congedi paritari perché il lavoro di cura sia previsto anche per gli uomini, togliamo i finti contratti di ingresso per i giovani e investiamo sull’apprendistato, rendiamo più conveniente il lavoro stabile rispetto a quello precario, investiamo nella formazione delle persone. E poi ci sono due diritti universali davanti ai quali non può esserci distinzione tra ricco e povero: istruzione e sanità, che quindi devono essere assicurati dal pubblico. Altrimenti chi è ricco si salva da sé, mentre una famiglia normale è costretta a tempi d’attesa infiniti, e per i ragazzi non riparte l’ascensore sociale. Infine: la destra nega il cambiamento climatico mentre le conseguenze di siccità e nubifragi devastano il nostro territorio, ecco perché serve un grande piano di cura e prevenzione del dissesto e per la sostenibilità energetica, idrica e per la qualità dell’aria. Le risorse del Pnrr sono destinate anzitutto a questo: noi abbiamo però una destra che in Europa ha votato contro il Recovery Fund e in Italia al PNRR».

Non teme che questo tentativo di abbraccio con i 5 Stelle abbia penalizzato e penalizzi il Pd?

«Intendiamo discutere delle proposte del Pd, invece che di 5 Stelle e Terzo Polo. Fare una discussione astratta sulle alleanze è inutile e dannoso, peraltro le prossime elezioni di rilievo nazionale saranno le europee, dove non ci si allea e si vota per il singolo partito».

E più in generale secondo lei il futuro dei Dem deve essere da anello tra l’ala centrista di Renzi e Calenda e quella della sinistra o deve cercare una strada differente?

«Il Pd che abbiamo in testa è un partito che recupera la propria vocazione maggioritaria, prendendo i voti sia a sinistra che al centro. Le alleanze sono indispensabili per vincere, ma si fanno sui programmi e con candidature serie e credibili, non certo a tavolino. Chi nel centrosinistra vorrà vincere le elezioni dovrà per forza confrontarsi col Pd, a meno che non vogliano continuare a perdere e a chiedere solo un voto di testimonianza. Sarebbe un regalo alla destra».

Lei oggi sarà in Sardegna, perché ha scelto di andare a Lula?

«Sarò prima a Olbia, poi Lula e Cagliari. La miniera di Sos Enattos, a Lula, candidata ad ospitare l’Einstein Telescope, la più grande infrastruttura di ricerca europea per le onde gravitazionali, rappresenta bene la strada che dobbiamo percorrere qui e nel Paese per valorizzare e rilanciare piccole comunità e aree interne, sostenendo progetti che ci permettano di costruire un presente e un futuro diversi, investendo nelle nuove tecnologie e nella scienza al servizio dell’uomo. Sto costruendo una proposta di sviluppo del Mezzogiorno e voglio toccare con mano sia i problemi che le opportunità».

Sa che il partito nell’isola è lo specchio perfetto dello smarrimento dei Dem a livello nazionale, c’è un commissario e non si riesce a eleggere un segretario regionale condiviso.

«La situazione in Sardegna merita sicuramente una riflessione, e la faremo. Anche in questo caso vengo per ascoltare e confrontarmi, prima di dire cosa fare. Ripeto però una cosa: se sarò segretario, saranno i territori a scegliere chi li rappresenta, non deciderà certo Roma. In cambio, però, pretenderò impegno, decisioni, risultati. Un partito serio non lascia incancrenire i problemi e non cristallizza le situazioni. La ripartenza deve avvenire a tutti i livelli».

A proposito non crede che il correntismo sia il male incurabile insito nello stesso dna del Pd?

«Le correnti che abbiamo conosciuto per me sono finite. Non producono più né elaborazione né sintesi. E anziché il merito e il consenso, finiscono per premiare la fedeltà. Per questa ragione non ho chiesto e non accetto il sostegno di nessuna corrente: mi rivolgo direttamente agli iscritti e agli elettori del Pd, chiedendo di fare un passo avanti insieme a me. Il Pd nasce e deve essere un grande partito plurale, nel quale culture, idee e proposte diverse tornino a essere una ricchezza che alimenta confronto, contaminazione, apertura: nel nostro Dna c’è questo, non le filiere personali. Quelle sono una degenerazione a cui non offrirò alcuno spazio».

Cosa pensa lei dell’autonomia differenziata che il governo di centrodestra porta avanti, sostenuto anche dal governatore sardo Solinas?

«La scelta del ministro Calderoli è incomprensibile. Ha voluto forzare riproponendo una proposta che già avevamo bloccato in Conferenza delle Regioni, insistendo con una bozza non concordata che rischia di spaccare il Paese e di penalizzare il Mezzogiorno. Peraltro, si sta già spaccando la maggioranza, con la Lega da una parte, Fdi e Fi dall’altra: non vorrei che qualcuno avesse bisogno di lanciare messaggi in vista delle elezioni regionali in Lombardia. Nel merito, invece, noi vogliamo un Paese che possa viaggiare tutto alla stessa velocità e per questo serve un passo avanti del Sud, non un passo indietro. Vogliamo un’autonomia giusta e solidale, che garantisca i servizi anche dove oggi non ci sono, che permetta di fare in tempi certi quegli investimenti e quelle infrastrutture che mancano, che semplifichi la burocrazia e avvicini le decisioni ai cittadini. Come Regioni, con l’allora ministro Boccia avevamo trovato un accordo: si riparta da lì. E il progetto dell’Emilia-Romagna è un esempio concreto di come si può valorizzare l’autonomia senza dividere l’Italia».



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