La Nuova Sardegna

Biodiversità

«Dal granchio blu al barracuda: quanti “alieni” nel mare sardo»

di Andrea Sini
«Dal granchio blu al barracuda: quanti “alieni” nel mare sardo»

L’invasione del crostaceo a Orosei è solo uno degli esempi dei cambiamenti. Lo zoologo marino Marco Casu racconta le dinamiche in atto nell’isola

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Sassari Lo sbarco degli “alieni” è iniziato da tempo e non arriva dal cielo. Dal mare, piuttosto, dove le specie non autoctone sono ormai tantissime e, in alcuni casi, creano problemi notevoli. Ne sanno qualcosa i pescatori di Orosei, ultimi in ordine di tempo a segnalare la presenza ormai invasiva del cosiddetto “granchio blu”.

«Il Callinectes sapidus ha iniziato a comparire nei mari della Sardegna verso il 2015 – spiega lo zoologo marino Marco Casu, professore associato del Dipartimento di Medicina veterinaria all’Università di Sassari –. Prima è stato segnalato lungo le coste sud-occidentali, poi e man mano è risalito ed è stato trovato nello stagno di Calich, a Fertilia; le ultime segnalazioni riguardano il Golfo Orosei e Olbia e la laguna di San Teodoro. In quest’ultima area, in particolare, durante la ricognizione ittica fatta lo scorso anno abbiamo trovato tantissimi esemplari».

Come è arrivato in Sardegna questo crostaceo e che caratteristiche ha? «Innanzitutto bisogna sottolineare che si tratta di una specie considerata pregiata e che negli Stati Uniti ha grandissimo interesse dal punto di vista economico. Anzi – aggiunge il docente –, in quei mari c’è anche un eccesso di pesca che sta portando alla riduzione dei sui stock. Potrebbe essere arrivato nel Mediterraneo in maniera “non certificata”, diciamo così, ovvero attraverso l’inserimento da parte di pescatori. Oppure, come altre volte capita, qualche esemplare in forma larvale può essere stato trasportato nelle acque di sentina di qualche nave. Bisogna considerare che si tratta di un crostaceo dagli alti tassi riproduttivi, vorace e resistente. In un mare come il nostro può trovare un ambiente nuovo ma ideale, e trasformarsi di una “IAS”, ovvero di una specie aliena invasiva».

Quali conseguenze può portare questa invasione? «A San Teodoro, che come ho detto è il caso che abbiamo approfondito meglio, il granchio sta iniziando a diventare numericamente abbondante e non avendo contrasto rischia di andare a interferire con altre specie: i granchi di laguna autoctoni, ad esempio, rischiano di avere un’importante riduzione numerica. Al momento manca l’effetto antagonista dell’uomo, perché ancora da noi non è commercializzato su scala importante. L’altra caratteristica di questa specie è l’eurialinità, ovvero la capacità di adattarsi a livelli diversissimi di salinità dell’acqua: quindi solitamente vive nelle lagune salmastre, ma può diffondersi in acque marine più salate. In questo caso potrebbe andare in competizione con altri crostacei».

Il professor Casu sottolinea che ancora non esiste uno studio accademico approfondito sulla diffusione effettiva del granchio blu nei nostri mari, e del suo effettivo impatto sulle comunità “nostrane”, se non alcune segnalazioni. Ci son però altri esempi simili. «In Sardegna la vongola filippina, Ruditapes philippinarum, importata nel Mediterraneo per scopi commerciali a fine anni Settanta, sta competendo con la specie autoctona R. decussatus. Nell’Adriatico ad esempio l’ha soppiantata completamente, con ricadute importanti a livello di biodiversità. In Sardegna è stata trovata per la prima volta nel golfo di Olbia».

Quali sono le altre specie aliene presenti nei mari dell’isola? «Gli esempi sono tanti: dallo scorfanotto di Madeira alla fistularia. Quest’ultima, arrivata dal canale di Suez, ha avuto un’esplosione sino al 2010, poi forse il Mediterraneo stesso ne ha equilibrato la diffusione. Dal sud sono arrivate segnalazioni sporadiche della presenza del pesce coniglio, che arriva dal Mar Rosso e a Cipro e Creta ed è diventato uno dei pesci più comuni. C’è il Percnon Gibbesi, un altro tipo di granchio, esclusivamente erbivoro, avvistato in varie zone».

C’è poi un caso particolare che riguarda l’acqua dolce: il gambero marmorato Procambarus fallax. «È un tipo di crostaceo che si sta diffondendo e sta facendo compagnia a un’altra specie alloctona, il gambero rosso della Louisiana P. clarkii, arrivato già da tempo. Segnalati per la prima volta nell’Oristanese, si possono trovare nei canali di bonifica, ma essendo in grado di sopportare lunghi periodi di emersione e di spostarsi sulla terra ferma come granchi, possono arrivare anche nei torrentelli. Questo gambero è un predatore di larve di anfibi, e dunque potrebbe creare problemi e specie endemiche come l’euprotto sardo e il discoglosso, ma è anche portatore di un fungo che può creare patologie in altre specie di acqua dolce».

Cosa si può fare? «Trattandosi di specie che vivono sott’acqua le segnalazioni sono in generale poche, gli studi ancora meno, e in ogni caso la tropicalizzazione del Mediterraneo sta pian piano richiamando specie nuove. Le opere di eradicazione sono difficili e non sempre portano risultati, al massimo si possono fare operazioni di contenimento. La cosa che va certamente evitata – conclude Marco Casu – è introdurre nuove specie aliene».
 

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