La Nuova Sardegna

Il voto di Ankara

Erdogan vince, Turchia paese spaccato

di Nicolò Migheli
Erdogan vince, Turchia paese spaccato

05 giugno 2023
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Lui non ha potuto partecipare perché nel 2022 era stato condannato in un processo con accuse discutibili. Kiliçidaroglu dopo il primo turno, per tentare di vincere ha sposato il nazionalismo più becero, vellicando gli istinti peggiori di un elettorato xenofobo che vorrebbe l’espulsione immediata dei rifugiati siriani. La società turca è fortemente nazionalista, non riconosce lo sterminio degli armeni e dei cristiani assiri avvenuto durante la prima Guerra Mondiale. Fin dalla più tenera infanzia educata al rimpianto dell’impero perduto. Però esistono elettorati diversi. Quello democratico e progressista nelle città, mentre il conservatore vive nelle aree rurali dove il consenso a Erdogan non è mai venuto meno; nonostante la crisi economica peggiore nei 100 anni di repubblica turca, la svalutazione della lira. Il terremoto oltre ai morti, ha prodotto danni per 110 miliardi di dollari. Il Reis è politico abile, nei suoi 20 anni di potere ha usato tutto.

All’inizio si è mostrato come islamico moderato. Alcuni lo definivano una sorta di democristiano musulmano. Grazie anche a una realtà internazionale sempre più segnata dal populismo, l’identitarismo e l’autoritarismo, è riuscito utilizzandoli tutti a essere un protagonista globale mantenendo il consenso e a rinnovandolo per i prossimi 5 anni. Il suo programma ora è allontanarsi sempre di più dall’Occidente, restando nella Nato, dove per statuto non può essere cacciato ma solo sospeso, giocando un ruolo che può essere d’interdizione come sull’adesione svedese. I primi segnali dalla sua elezione sono quelli della continuità con la linea politica che ha avuto inizio con il tentato golpe del 2016. In campo internazionale i più soddisfatti della sua vittoria sono la Russia e le monarchie saudite che lo hanno aiutato finanziariamente durante questi mesi elettorali impedendo che la lira precipitasse ulteriormente.

Però sono aiuti che hanno un prezzo. Putin spera che la Turchia non si unisca alle sanzioni occidentali, rimanendo area grigia dove forse passano merci che non dovrebbero essere consegnate a Mosca. Le monarchie del Golfo esercitano un’ipoteca sul potere che il sultano voleva avere sull’islam sunnita. Il 3 di giugno all’inaugurazione della nuova presidenza Erdogan ha esordito con il “Bismillah”, “nel nome di Dio clemente e misericordioso” abbandonando così in maniera definitiva il laicismo del fondatore Ataturk. Un richiamo forte ai valori religiosi che dovrebbero segnare il promesso da lui secolo turco; abbandonando i diritti civili figli, secondo lui, della “degenerazione occidentale”. In questo tutto simile agli autoritarismi di altri Paesi che segnano il nostro tempo.

La Turchia come chi ha avuto un passato imperiale, si vive dentro un “eccezionalismo”, non solo cultura ma come civiltà. Lui muovendosi tra il desiderio di leadership del mondo islamico e il neo- ottomanismo cerca di far giocare alla Turchia un ruolo da protagonista non solo regionale ma globale. Ankara ne avrà la forza? Per il momento deve trovare i finanziamenti per la ricostruzione ed Erdogan, forte delle esperienze di altri creditori, è difficile che li chieda alla Cina. Li chiederà agli organismi finanziari internazionali o alle monarchie del Golfo? Chiunque glieli darà lo condizionerà pesantemente. La Turchia non ha la forza economica per poter realizzare le ambizioni di Erdogan.


 

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