Olbia, quindici persone indagate per traffico di rifiuti pericolosi
Tre sono state mandate agli arresti domiciliari. Divieto di dimora per altre dodici
 Olbia Tre arresti domiciliari e dodici divieti di dimora, sono le ordinanze emesse dal Gip del tribuinale di Cagliari nei confronti di undici cittadini bosniaci e quattro sardi, ritenuti responsabili di traffico di riufiti pericolosi tra Olbia e il Sud Sardegna.
 Nella giornata di oggi, 3 luglio 2023, su disposizione della direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo del capoluogo cagliaritano, il nucleo operativo ecologico carabinieri di Sassari, coadiuvato dal Noe di Cagliari, nonché da reparti territoriali dipendenti dai comandi provinciali di Cagliari e Sassari, hanno dato esecuzione a quindici ordinanze applicative di misura cautelare, di cui tre degli arresti domiciliari e dodici divieti di dimora, disposte dal Gip del tribunale di Cagliari, a carico di undici persone di origine bosniaca residenti a Olbia e Telti e di quattro italiani rappresentanti legali o gestori di società del settore trattamento e recupero rifiuti metallici con sedi legali e operative nella provincia di Cagliari.
 Le indagini, coordinate dalla DDA del capoluogo cagliaritano, hanno consentito di portare alla luce un'ipotesi di traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, tanto che i provvedimenti nascono da un'articolata attività investigativa avviata nel marzo 2021, quando è stato individuato, nella località Colcò del comune di Olbia, un sito di stoccaggio non autorizzato di rifiuti metallici e resti di apparecchiature elettroniche (RAEE), che risultava gestito da una famiglia di origine bosniaca residente nel comune di Olbia. 
Durante l'attività investigativa è emerso che nel sito di stoccaggio quotidianamente venivano prelevati da autoarticolati di proprietà di società del settore trattamento e recupero di rifiuti metallici, ingenti quantitativi di rifiuti per trasportarli presso i loro impianti situati in comuni del Sud Sardegna. In base agli elementi finora raccolti, inoltre, è emerso che le ditte coinvolte a vario titolo avrebbero svolto operazioni presso altrettanti siti abusivi di stoccaggio di rifiuti, consistenti nell'attività di raccolta di rifiuti pericolosi (batterie esauste al piombo, apparati refrigeranti) e non pericolosi (metalli ferrosi, RAEE) presso imprese produttrici a bassissimo costo con successivo stoccaggio e rivendita a ditte terze, con conseguente profitto allo stato quantificabile in un milione e quattrocento mila euro tra i soggetti e le società coinvolte e un movimento di più di 1300 tonnellate di rifiuti speciali anche di natura pericolosa.
